Come curare veramente il mal di schiena

La Cura Multidisciplinare Madischiena grave: integrare la rimozione chirurgica della causa meccanica con la cura della mente

Dott. Davide Caldo

Specialista in Ortopedia – Chirurgia Mini-invasiva Vertebrale

www.davidecaldo.it

mal-di-schienaL’epidemiologia della lombalgia indica che rappresenti il problema più diffuso di salute al mondo; secondo dati dell’American College of Rheumatology infatti il 40% degli adulti ha almeno un episodio acuto nell’arco della vita. La patologia degenerativa muscoloscheletrica cronica in genere (inclusa quindi l’artrosi delle principali articolazioni come anca e ginocchio) determina il 25% delle visite dal medico di famiglia ed il 50% delle prescrizioni di antinfiammatori.

La patogenesi “meccanica” dei problemi di lombalgia, ovvero le alterazioni dovute ad usura ed invecchiamento prevalentemente del disco intervertebrale sono note da molti anni e discusse regolarmente nei principali media, dove si espongono frequentemente fattori patogenetici come l’ernia del disco. L’informazione riflette sostanzialmente l’approccio medico tradizionale al problema, di tipo “meccanicistico” appunto, e la relativa economia sanitaria caratterizzata da estensivi investimenti in tecnologie per la soluzione chirurgica, con sviluppo di metodiche sempre più efficaci e meno invasive (come l’endoscopia, la videofluoroscopia ed il neurofisiomonitor utilizzate per la chirurgia mini-invasiva).

In anni recenti è stata approfondito anche un secondo aspetto non meno rilevante nella complessa patogenesi della lombalgia: i fattori psicosociali. Se è vero che vi è generalmente una degenerazione meccanica alla base della maggior parte dei dolori alla schiena è altrettanto vero il dolore viene aggravato in misura variabile da una componente psicogena. In primis la colonna è la sede più frequente insieme alla testa (cefalee) e allo stomaco (gastriti) di dolore che “nasce nell’animo”. Ancora, vi è un secondo fattore oltre alle proiezioni psicosomatiche; il dolore prolungato da usura può lasciare un’impronta “cerebrale”, come avviene clamorosamente nella “sindrome da arto fantasma”. In questa malattia lo sfortunato paziente continua a sentire dolore persino dopo che l’arto ammalato sia stato amputato, a causa della plasticità cerebrale. L’effetto è dunque tale da inficiare le cure chirurgiche mirate alla rimozione o fissazione (cosiddetta stabilizzazione) degli elementi degenerati della colonna.

Queste nuove cognizioni sull’origine del mal di schiena si traduce oggi nella strategia più moderna, ovvero la cura multidisciplinare integrata, i cui elementi fondanti sono i seguenti.

In primo luogo i pazienti vengono valutati dal sanitario dedicato alla colonna vertebrale anche con alcuni questionari idonei ad identificare eventuali componenti “neuropatiche”, oltre alle alterazioni morfologiche verterbali.

La componente meccanica, solitamente presente viene comunque trattata in questa prima fase con terapie conservative tradizionali, come la fisioterapia, l’utilizzo di farmaci specifici e l’intervento sull’igiene sul posto di lavoro (ergonomia).

In caso di compresenza di fattori psicogeni rilevanti è possibile introdurre nel programma terapeutico del paziente, a seconda del caso, metodologie addizionali che hanno mostrato efficacia in letteratura quali farmaci specifici, la terapia cognitivo comportamentale, l’ipnosi, lo yoga.

Il peso relativo del primo o del secondo approccio dipenderà dal caso singolo.

Nei pazienti refrattari a questo primo livello di trattamento sarà possibile utilizzare la chirurgia, oggi resa molto poco aggressiva dalle moderne tecnologie sopra citate. Questa va praticata solo dal chirurgo vertebrale dedicato, con adeguata esperienza e pratica costante: in tal modo è dimostrato che sia possibile ridurre l’incidenza di complicanze di procedure interventistiche oggi molto sofisticate.

Tuttavia l’informazione al paziente ed il “timing” dell’intervento saranno nuovamente scelte attraverso un processo definito “Shared Decision Making”, una sorta di motivazione del paziente a selezionare insieme al chirurgo l’approccio più adatto a se. Tale delicato passaggio ha dimostrato di contribuire al miglioramento del risultato della chirurgia e viene svolto in genere da psicologi.

Anche i pazienti operati, tuttavia, soprattutto se affetti da dolore da lungo tempo avranno bisogno nel postoperatorio sia di riabilitazione che di strumenti per cancellare la “memoria” del dolore, gli stessi utilizzati nella prima fase.

Dunque l’intervento di metodologie che agiscono sulla mente è sempre utile in pazienti non chirurgici ed in quelli candidati ad intervento, sia prima della chirurgia per ottimizzarne il “timing” che nel postoperatorio.

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