10 Protocolli dettagliati per riconoscere chi mente: le tecniche usate dai professionisti

Articolo di Katsiaryna Valko

Metodologia della comunicazione non verbale finalizzata al riconoscimento della menzogna: linee-guida per un’analisi efficace

 

Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti è impossibile considerare una lista finita di segnali di falso mediante l’analisi del linguaggio del corpo. Esistono dei segnali che sono più o meno frequenti nelle storie false, tuttavia un semplice conteggio di frequenza di tali segnali all’interno di un’interazione è insufficiente per poter identificare il falso con attendibilità.

Gli studi dimostrano che l’attendibilità dell’analisi non verbale nel riconoscimento della menzogna è attualmente compresa tra il 60 e l’80%, si tratta dunque di un’attendibilità molto più bassa dei controlli strumentali (ad es., i risultati più incoraggianti dell’esame del poligrafo raggiungono addirittura un 96%[1] di attendibilità, mentre quelli con risonanza magnetica funzionale hanno ottenuto in laboratorio un’attendibilità del 99%).

Esistono dunque alcune linee guida che è possibile osservare per migliorare l’attendibilità generale delle informazioni tratte quando si analizza il linguaggio del corpo che saranno riassunte qui di seguito assieme alle raccomandazioni generale di esperti e ricercatori nel settore.

 

Linea guida 1. Utilizzare il metodo della Videoanalisi

La video-analisi è l’unico metodo che consente di analizzare correttamente i dati raccolti nella comunicazione non verbale. La quantità di segnali emessi dal linguaggio del corpo sono infatti troppi per i limiti attentivi umani. Gli strumenti di videoanalisi dovrebbero inquadrare il soggetto frontalmente e per intero. L’illuminazione dovrebbe essere ben bilanciata su entrambi i lati del volto. Un’analisi corretta delle microespressioni facciali infatti si basa proprio sull’osservazione di solchi, rughe che si approfondiscono, porzioni di pelle che si stirano o si gonfiano a seguito di un movimento. In questo senso, le variazioni di chiaroscuro di un’immagine possono facilitare od ostacolare la corretta interpretazione delle espressioni facciali, per questo motivo è di assoluta importanza una corretta illuminazione della stanza e del soggetto. Questo tipo di applicazioni è semplice da risolvere in un contesto sperimentale mentre può risultare più complesso in un contesto naturale. Inoltre, la Videoanalisi necessita di software specifici per l’analisi comportamentale e per il tracciamento dei dati[2]. Alcuni sviluppi recenti delle tecnologie per l’analisi non verbali inoltre propongono sistemi di codifica e decodifica automatizzati. Uno dei più comuni è il FaceReader[3] strumento in grado di analizzare – seguendo il metodo FACS – le espressioni facciali del volto. Questo tipo di strumento velocizza moltissimo le procedure di analisi, ma ha tuttavia ancora diversi limiti per la sua applicazione nel riconoscimento della menzogna. Questo strumento, per poter funzionare correttamente, necessita una notevole collaborazione del soggetto analizzato, in quanto il volto deve essere sempre videoripreso frontalmente.

Linea guida 2 – Utilizzare più metodi di analisi simultaneamente

Le ricerche esaminate in questo capitolo mostrano che non esiste un univoco segnale non verbale univocamente correlato alla menzogna ma alcuni segnali che sono spesso correlati in modo imperfetto al fatto di mentire. L’assenza di un segnale univoco di falso dovrebbe suggerire l’utilizzo di più segnali contemporaneamente, segnali che riguardano ogni aspetto del linguaggio del corpo (espressioni facciali, gestualità, posture, movimenti oculari, prossemica etc.). Un numero significativo di segnali a sostegno di un’ipotesi dovrebbe essere sempre verificata mediante domande di approfondimento ed in generale aumenta il livello di attendibilità delle affermazioni.

Linea guida 3 – Situare il comportamento non verbale nel contesto fisico, psicologico e temporale

Come scrivono Watzlawick e collaboratori “Un fenomeno non può essere analizzato se non lo si inserisce nel contesto più ampio in cui quel fenomeno si verifica” [4]. La pura analisi quantitativa della frequenza di indicatori di falso è utile per identificare aree sospette di un discorso, tuttavia è solo il continuo confronto con il contenuto verbale che consente di identificare importanti variazioni del linguaggio del corpo. In questo senso, è necessario inserire i segnali di linguaggio del corpo all’interno di un contesto, occorre considerare quale sia la posta in gioco per il mentitore nel caso in cui venga scoperto. Abbiamo inoltre delineato come uno stesso segnale non verbale possa avere significati molto diversi in base al momento e al tempismo in cui si verifica. In questo senso, comportamento non verbale e fattori temporali andrebbero considerati come un’unica unità di analisi.

Linea guida 4 – Considerare una terza opzione tra vero e falso

Quando si parla di tecniche di riconoscimento della menzogna si pensa spesso che si possa suddividere ogni affermazione in due categorie: frase vera o falsa. La realtà è però più complessa in quanto la persona può:

–          Limitarsi ad omettere informazioni

–          Inserire una menzogna in un contesto essenzialmente vero[5][6]

È opportuno dunque considerare la terza opzione quando si analizza un contenuto.

Linea guida 5 – Considerare solamente gli indicatori sostenuti dalla letteratura scientifica

Vrij, Granhan e Porter[7] sottolineano quanto sia importante far riferimento unicamente ad elementi non verbali verificati a livello sperimentale. Gli autori notano diverse differenze tra i risultati della letteratura scientifica e le affermazioni contenute nei manuali diffusi sia a livello divulgativo che tecnico. Talvolta infatti, affidarsi a segnali che non hanno nessuna relazione statistica con il fatto di dichiarare il falso può trarre in errore. A titolo di esempio sarà discusso un metodo molto diffuso per comprendere i processi di pensiero mediante il linguaggio del corpo che non trova nessun fondamento testato a livello scientifico. I teorici della Programmazione Neurolinguistica[8] affermano che la direzione dei movimenti oculari è strettamente correlata ai processi di pensiero. Secondo i teorici di questo approccio il movimento oculare è interpretabile come segue:

  • Occhi in alto a destra: costruzione di un’immagine visiva
  • Occhi a destra: costruzione di un immagine uditiva
  • Occhi in basso: processo cenestesico
  • Occhi in alto a sinistra: accesso ad una memoria visiva
  • Occhi a sinistra: accesso ad una memoria uditiva
  • Occhi in basso a sinistra: dialogo interno

Questo tipo di asserzione porta a pensare che una persona, nella dichiarazione di una menzogna debba necessariamente far riferimento a processi di immaginazione e creatività, che, secondo il modello si accompagnerebbero ad uno spostamento dello sguardo in alto a destra o semplicemente a destra. La logica sottostante questo modello fa riferimento ad un’antica concezione che semplifica la struttura del cervello parlando genericamente di emisfero sinistro e destro, il primo era considerato legato alla sfera emotiva, il secondo a quella razionale. Questo tipo di dato, che viene riportato in diversi manuali scritti dagli autori della Programmazione Neurolinguistica sin dalla fine degli anni Settanta del Novecento, è rimasto non verificato per tutto il Novecento. Due ricerche sistematiche si sono occupate di ottenere ulteriori informazioni sulla validità di questo metodo. Mann, Vrij, Nasholm, Warmelink, Leal e Forrester[9] hanno condotto due esperimenti per verificare l’eventuale contributo di questo modello. Nel primo esperimento, sono stati raccolti dati su un campione di 204 partecipanti in un aeroporto internazionale. Tutti i partecipanti hanno dovuto rispondere a tre domanda. Durante la prima domanda dovevano dire la verità sulla destinazione del proprio volo, durante la seconda dovevano dire il falso, durante la terza domanda alcuni partecipanti avrebbero dovuto dire la verità ed altri il falso. In questo esperimento non è emerso alcun legame tra la direzione dei movimenti oculari e l’attendibilità delle proprie dichiarazioni. Questo tipo di esperimento prova dunque a verificare l’assunto su semplici domande vero/falso di tipo binario e con risposta chiusa.

Un secondo esperimento ha invece esaminato la teoria su resoconti verbali più lunghi per un totale di 31 partecipanti. Ogni partecipante era sottoposto a due interviste, in una il partecipante doveva dire la verità e discutere a proposito del suo lavoro, nella seconda intervista il partecipante doveva fingere di avere un’altra professione non vera. Solo in 3 casi su 31 il modello della Programmazione Neurolinguistica ha permesso di distinguere le storie vere da quelle false.

Una seconda ricerca di Wiseman e collaboratori[10] ha comparato i movimenti oculari di soggetti dichiaranti falso o verità in tre diverse condizioni sperimentali . In nessuno dei tre studi è stata riscontrata una correlazione tra movimenti oculari a destra (costruzione) e dichiarazione di falso.

 Linea guida 6 – Considerare le differenze individuali

Esistono notevoli differenze individuali nel comportamento e nell’eloquio delle persone. A titolo di esempio alcune persone utilizzano molta gestualità, altre meno, alcune persone parlano a volume e ritmo sostenuto altre no. Il modo abituale di comunicare di un soggetto (baseline) rappresenta solamente il punto di partenza di un’analisi, e non dovrebbe essere interpretato se non come un abitudine. Ciò che è realmente significativo è la presenza di variazioni nel linguaggio del corpo di una persona. È dunque importante che ogni metodo di riconoscimento della menzogna comprenda una serie di checklist di validità da utilizzare[11][12].

Linea guida 7 – Considerare le variazioni intrapersonali

Le persone reagiscono diversamente non solo nella stessa situazione (differenze interpersonali) ma anche in diversi contesti (differenze intrapersonali). Dimenticarsi di considerare le differenze intrapersonali è un altro errore che può incorrere nella valutazione dell’attendibilità di una dichiarazione. Molte interviste strutturate suggeriscono di confrontare il comportamento di un intervistato in una prima fase dell’intervista neutra per poi compararla con il suo stesso comportamento nei momenti cruciali dell’intervista. Essenzialmente la logica è quella di parlare di conversazioni senza una posta in gioco per valutare la differenza con le domande cruciali per vedere come il comportamento del valutato si modifica. Tuttavia, le conversazioni su temi slegati dall’intervista sono situazioni a basso rischio per cui è normale che la persona reagisca con un comportamento medio abituale, ed è naturale che su domande rischiose (che siano riferite ad un innocente ed un colpevole) è normale che emergano comportamenti non verbali legati allo stress ed alla tensione. Questo metodo dunque non consente di distinguere esattamente la presenza di una storia falsa in quanto è normale che una domanda stressante possa generare più segnali di falso rispetto a conversazioni su luoghi comuni. Una contromossa che solitamente viene applicata in questi casi è il confronto tra comportamenti osservabili a seguito di domande difficili rilevanti e comportamenti che si osservano dopo domande difficili non rilevanti. Le persone coinvolte realmente sul tema oggetto iper-reagiscono su domande difficili rilevanti, mentre gli innocenti iper-reagiscono su domande non rilevanti ma difficili.

 

Linea Guida 8 – Utilizzare una Intervista basata sulla raccolta di informazioni

L’intervista di raccolta delle informazioni si basa sulla richiesta a sospetti di fornire dichiarazioni dettagliate sulle proprie attività mediante domande aperte e si contrappone all’intervista basata sull’accusa. Secondo alcune evidenze le interviste di raccolta informazione elicitano più informazioni su di un evento e danno risposte più lunghe rispetto a quelle accusatorie[13][14][15]. La quantità di informazioni è di fatto il principale risultato da ottenere in quanto sarà poi più semplice comparare ogni dato emerso nell’intervista con tutte le altre fonti di informazioni siano essi dati fisici o elementi emersi da altre fonti. Una maggiore lunghezza delle risposte inoltre porta certamente più dati sia sul profilo verbale che su quello non verbale, aumentando dunque la quantità di possibilità a nostra disposizione.

 

Linea Guida 9 – L’approccio delle domande strategiche. L’utilizzo di domande inattese

Molti intervistati preparano le risposte alle domande più comuni. L’approccio strategico di Vrij ha dimostrato che l’uso di metodi inattesi può facilitare il riconoscimento della menzogna. Dover rispondere a domande non anticipate porta il soggetto a dover improvvisare, questo metodo fa salire notevolmente il livello di carico cognitivo e dunque i segnali non verbali rilevanti.

 

Linea Guida 10 – Imporre carico cognitivo

Mentire è cognitivamente più impegnativo che dire la verità per otto motivi

  1. Costruire una storia è più impegnativo di ricordarne una reale
  2. Chi mente non dà per scontato il fatto di essere creduto
  3. Chi mente monitora il comportamento dell’intervistatore con più attenzione per capire se sia riuscito o meno a mentire (non esistono differenze significative nel livello di contatto visivo usato da chi mente e da chi dice la verità)
  4. Chi mente deve ricordare a se stesso di interpretare un ruolo
  5. Chi mente deve sopprimere la verità mentre mente
  6. L’attivazione di dati reali avviene automaticamente, mentre la menzogna avviene con maggiore sforzo
  7. Improvvisare risposte rispetto a domande inattese
  8. Memorizzare ciò che si inventa

Secondo Vrij e collaboratori[16] hanno elencato alcune modalità per aumentare il livello di carico cognitivo

  1. Far ripetere la storia al contrario[17]
  2. Mantenere il contatto visivo durante l’intervista[18]
  3. Fare domande irrilevanti[19]

[1] Vrij, Aldert, Edward, Kathering, Roberts, Kim P., Bull, Ray (2000). Detecting deceit via analysis of verbal and nonverbal behavior, Journal of Nonverbal Behavior, Winter, 2000; 24; p. 239.

[2] A titolo di esempio riportiamo il link del software Noldus Observer XT, finalizzato all’analisi di dati comportamentali https://www.noldus.com/office/it/the-observer-xt

[3] E’ possibile consultare la scheda tecnica del FaceReader qui: https://www.noldus.com/office/it/facereader

[4] Watzlawick, Paul, Beavin, Jackson (1967). Pragmatica della Comunicazione Umana”. Roma: Astrolabio, p. 14.

[5] Hartwig, M. Granhag P.A. & Stromwall, L. (2007). Guilty and innocent suspects’ strategies during interrogations. Psychology, Crime, & Law, 13, 213-227.

[6] Stromwall, L.A. Granhag, P.A. & Landstrom, S. (2007). Childrens’ prepared and unprepared lies: Can adults see through their strategies? Applied Cognitive Psychology, 21, 457-471.

[7] Vrij, Aldert, Granhag, Anders, Porter, Stephen (2010). Pitfalls and Opportunities in Nonverbal and Verbal Lie Detection. Psychological Science, p. 1-33.

[8] Dilts, Robert, Grinder, John, Bandler, Richard, Bandler, Leslie Cameron, DeLozier Judith (1980). Programmazione Neurolinguistica. Lo studio della struttura dell’esperienza soggettiva. Roma: Astrolabio (p. 89).

[9] Mann, Samantha, Vrij, Aldert, Nasholm, Erika, Warmelink, Lara, Leal, Sharon, Forrester, Dave (2012). The Direction of Deception: Neuro-Linguistic Programming as a Lie Detection Tool. Journal of Police and Criminal Psychology, vol. 27, Issue 2, pp. 160-166.

[10] Wiseman, Richard, Watt, Caroine, ten Brinke, Leanne, Porter, Stephen, Couper, Sara Louise, Rankin, Calum (2012). The Eyes dont’ have it: lie detection and neuro-linguistic programming. PloS ONE 7(7).

[11] Vrij, A. (2005). Criteria-based content analysis: A qualitative review of the first 37 studies. Psychology, Public Policy and Law, 11, 3-41.

[12] Vrij, A. (2008). Detecting lies and  deceit: Pitfalls and opportunities (2nd ed.). Chichester, England: Wiley.

[13] Fisher,  R.P., Brennan K.H., & McCauley, M.R. (2002). The cognitive interview method to enhance witness recall. In M.L. Eisen, J.A. Quas, & G.S. Goodman (Eds.), Memory and suggestibility in the forensic interview (pp. 265-286). Mahwah, NJ: Erlbaum.

[14] Vrij, A., Mann, S. & Fisher, R. (2006). Information gathering vs accusatory interview style: Individual differences in respondents’ experiences. Personality and Individual  Differences, 41, 589-599.

[15] Vrij, A.,, Mann, S., Kristen, S., & Fisher, R. (2007). Cues to deception and ability to detect lies as a function of police interview styles. Law and Human Behavior, 31, 499-518.

[16] Vrij, Aldert, Granhag, Anders, Porter, Stephen (2010). Pitfalls and Opportunities in Nonverbal and Verbal Lie Detection. Psychological Science, p. 1-33.

[17] Gilbert, J.A.E., & Fisher, R.P. (2006). The effects of varied retrieval cues on reminiscence in eyewitness memory. Applied Cognitive Psychology, 20, 723-739.

[18] Vrij, A., Mann, S., Leal, S., & Fisher, R. (2010). ‘‘Look into my eyes’’: Can an instruction to maintain eye contact facilitate lie detection? Psychology, Crime & Law, 16, 327–348.

[19] Quas, J.A. Davis, E.L. Goodman, G.S., Myers, J.E.B. (2007). Repeated questions, deception and childer’s true and false reports of body touch. Child Maltreatment, 12, 60-67.

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