Come avere coraggio

“Se ti manca un cuore da guerriero non avrai mai un esercito”.

Il Coraggio è la principale virtù di chi vuole essere libero. (Nanetti, 2009) Il coraggio di scegliere, di fare, di dire, di pensare,di essere, mettendosi in contatto con le proprie emozioni, rivelarsi per ciò che si è, e distaccarsi dal bisogno.

Il benessere interiore ed il successo di ogni individuo è determinato principalmente dalle sue abilità sociali ed interpersonali, oltre che dalle qualità personali e dall’entità della sua personale motivazione.
Mettere in atto comportamenti caratterizzati dalla fiducia in se stessi, dall’autostima, dall’assenza di inibizioni sociali e dal dominio dell’ansia permette di conseguire ottimi risultati sia in ambito personale che in ambito professionale e lavorativo.

Per poter raggiungere ciò è necessario innanzitutto conoscere se stessi, le proprie reazioni, le proprie modalità relazionali e intersoggettive più frequenti. La conoscenza di sé, infatti, è il punto di partenza per una comunicazione efficace, poichè da questa nasce un più oggettivo approccio agli altri che favorisce la scelta di migliori e più idonee modalità interattive.

Riuscire a comunicare senza troppe paure e riserve mentali e possedere quel coraggio e quella decisione che derivano da una buona autostima. Non bisogna poi essere imbrigliati da sentimenti di inferiorità, ma neppure compiacersi narcisisticamente di se stessi vivendo il rapporto con gli altri in modo ostile. Questo giusto equilibrio è quello che io definirei un’autoaffermazione di stessi.

Soltanto da un profondo rispetto per la propria persona, per la propria individualità e unicità può svilupparsi la capacità di dare vita a relazioni interpersonali costruttive, sane, basate sul rispetto reciproco.

I rapporti con gli altri sono spesso difficili, poco chiari, ansiogeni e questo non è altro che il risultato di fraintendimenti che nascono dall’incapacità delle persone di rapportarsi agli altri in maniera trasparente ed onesta.

Se non si è sinceri con se stessi, come si può esserlo con gli altri?

Questo è ciò che io credo essere alla base dell‟assertività, cioè conoscere il proprio modo di essere, accettarlo e non temere di mostrarlo agli altri; nasconderlo può solo provocare incomprensioni e disagi all’interno di una relazione interpersonale.

Curiosamente, seguendo nel lavoro alcuni ragazzi della scuola media, mi son trovata ad assistere ad una lezione di Letteratura Italiana sul romanzo storico I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Leggendo un passo del romanzo in cui si
parla del momento in cui la povera Gertrude sta per prendere i voti, costretta dal padre a farsi suora.

Nel momento decisivo della scelta, Gertrude si trova a dover dire un no imbarazzante e difficile da spiegare oppure un sì non voluto ma in grado di risolvere rapidamente il dramma del dover decidere. “Disse sì, e fu monaca per sempre”.

In questo passo la letteratura si pone al servizio della psicologia, perché in sostanza ci parla del coraggio, nella sua forma più difficile: quello che si richiede nei rapporti familiari. Se è vero che esistono persone che sembrano vivere sull‟onda dei
propri diritti, esiste una maggioranza silenziosa che vive sull’onda dei propri doveri.

Anche nei rapporti affettivi dare sempre e comunque il proprio assenso alle richieste di chi abbiamo di fronte non aiuta la relazione. Cosa sarebbe successo se Gertrude si fosse rifiutata di entrare in convento? Questa è stata la domanda posta ai ragazzi per arrivare ad una deduzione: occorre imparare a dire NO, non alla persona che abbiamo di fronte, ma a ciò che dice o ci propone.

Molte volte non sappiamo dire no perché temiamo di perdere la fiducia o il rapporto di amicizia o la persona stessa che abbiamo di fronte e di cui ci importa. Ma ciò non fa altro che creare un rapporto basato sulla dipendenza che farà evolvere la relazione in qualcosa di remissivo o che comprime uno o l‟altro facente parte di quella diade.

Il rapporto con gli altri viene continuamente filtrato da qualcosa che è dentro di noi, il nostro filtro siamo noi stessi, costituiti da diversi elementi: paura, autostima, convinzioni, condizionamenti culturali, sociali, politici, filosofici, religiosi, lo spirito dell’epoca in cui viviamo. Le caratteristiche psicologiche generali ci inducono ad interpretare gli eventi e i rapporti con gli altri. Non possiamo non interpretare i fatti, è inevitabile, forse quello che possiamo sperare è di non distorcerli troppo.

Ad esempio una persona depressa tende a distorcere in senso negativo quanto avviene fuori e dentro di lei, rischiando di peggiorare il proprio umore che, a sua volta, potrà incidere sull‟interpretazione degli eventi, rendendoli sempre più
negativi.

La valutazione che ognuno da di sé in termini di importanza e di capacità personali (autostima), è molto importante perché condiziona pensieri ed azioni ed influisce sullo stile di relazione interpersonale. Quando si parla di autostima si fa riferimento
alla certezza interiore del proprio valore, la coscienza di essere un individuo unico, di essere una persona che ha dei punti di forza e dei limiti.
L’autostima corrisponde all’atteggiamento che ciascuno di noi ha nei confronti di se stesso e comprende:
l’aspetto cognitivo: l‟opinione che ognuno ha di sé (aspetto fisico, conoscenze, professione, raggiungimento degli obiettivi prefissati);
l’aspetto emotivo: cosa la persona prova nei propri confronti (affetto, indifferenza, ostilità);
l’aspetto comportamentale: come la persona si comporta nei suoi riguardi (rispetto di sé, soddisfazioni proprie).

Lavorando con bambini e ragazzi problematici ho trovato interessante proporre un lavoro che li facesse riflettere sulle proprie capacità e per comprendere meglio il concetto di autostima; è un semplice racconto ma che ha suscitato nei bambini
molte domande su cosa loro sanno e non sanno fare, cosa possono e vogliono diventare, come vorrebbero essere in base a ciò che sono ora e il coraggio che loro mettono nelle situazioni quotidiane.

Riporto di seguito uno stralcio del racconto proposto. Il racconto “Il re”.

Un re andava a caccia con il suo cavaliere preferito e con un servitore, quando rimasero separati dal resto del gruppo.
Il Re mandò il servo e il cavaliere a cercare l‟uscita della foresta. Il servo incontrò un cieco con un bambino, e gli ordinò: “In nome del Re, indicami la strada che porta fuori dalla foresta o ti taglio la testa”.
Il cieco gliela indicò e il servo la seguì. Dopo un po‟ arrivò il cavaliere, mandato allo stesso scopo. Il cavaliere chiese al cieco: “Vi prego, signore, indicatemi la strada per uscire dalla foresta”.
Il cieco gliela indicò e il cavaliere sparì. Dopo un po‟ arriva il re. “Mi sono perduto” disse il Re. “Aiutereste questo povero
sciocco ad uscire dalla foresta?” “Certo, Vostra Maestà” disse il cieco. “Il vostro servo e il vostro cavaliere sono
già andati nella direzione giusta”. Quando il Re se ne andò, il bambino chiese al cieco: “Come avete fatto a distinguere il Re dagli altri?” Ed il cieco rispose: “Solo una persona debole minaccia gli altri, e quindi il primo era un servo. Solo un cavaliere si sarebbe rivolto in tono educato a un contadino, che gli è inferiore. E solo un Re poteva assumersi la piena responsabilità per
essersi perso”.
Essere padroni di ciò che siamo è alla base della nostra affermazione, non come individuo da prendere come a modello, ma, nella nostra umiltà, essere comunque unici per le nostre qualità e capacità che impieghiamo ogni giorno anche per le piccole cose.
Affrontare le situazioni problematiche con assertività richiede una buona dose di autostima.

Bandura lo definisce come “fiducia della persona nella propria capacità (o incapacità) di mobilitare la motivazione, le risorse cognitive e i comportamenti necessari per esercitare un controllo sugli eventi della propria vita” (Bandura, 2000).

Quello che conta non è il risultato ottenuto, quanto la sensazione di essere in grado di agire, di influenzare il corso degli eventi verso un obiettivo desiderato, essere artefici nella “costruzione‟ di noi stessi.

Sceglierci è la base per essere uomini liberi, liberi di essere noi stessi!

di Paola Di Donato

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