Come curare la tua ansia (e vivere meglio)

L’ansia è un mix di emozioni negative date dalla percezione di chi ne soffre, sentendosi in continuo pericolo o minaccia in quanto impossibilitato a “controllare”, predire e/o raggiungere i risultati desiderati in determinate
situazioni, in quanto si è venuta a creare una spaccatura tra l’individuo e l’ambiente.

La correlazione tra ansia e malattia cardiaca è:

  • Fisiologica: elevata eccitazione del SNS (sistema nervoso simpatico) che incide fortemente sull’attività cardiaca, e con conseguente sviluppo di trombogenesi e artimogenesi;
  • Comportamentale: dieta meno salutare, fumo, uso di droghe o alcol, non aderire alla terapia, dormire male.

Tra i possibili metodi di intervento, oltre alla terapia cognitivocomportamentale (rieducazione di convinzioni negative di sé o dell’ambiente che ci circonda), sono presenti le tecniche di rilassamento, che inducono uno stato di rilassamento, riportando l’organismo ad una condizione di equilibrio dopo il verificarsi di episodi disturbanti. Queste tecniche possono aiutare a sviluppare una certa consapevolezza del proprio schema comportamentale, potendo migliorare così la propria attivazione psicofisiologica.

Le tecniche più comunemente usate, anche in un contesto di gruppo, permettendo ai terapeuti di lavorare con più pazienti in contemporanea in un’atmosfera di mutua motivazione, sono:

  • Il TA (training autogeno): è stato ideato da Schultz ed è strutturato in una serie di esercizi mentali atti a raggiungere un alto grado di concentrazione che porterà infine ad una distensione automatica.
    Nelle prime fasi il ruolo dello psicoterapeuta è fondamentale, ma con la pratica il paziente verrà educato a raggiungere in maniera autonoma lo stato di distensione, distaccandosi così dal terapeuta, che fornirà al paziente specifici suggerimenti (ad esempio la visione mentale di immagini rilassanti come le onde del mare) per proseguire autonomamente gli esercizi per contrastare future situazioni stressanti;
  • L’RMP (rilassamento muscolare progressivo): ideato da Jacobson, insegna come rilassare la muscolatura attraverso due diverse sequenze: dapprima si ricerca la tensione muscolare in alcuni gruppi
    muscolari ed in seguito l’attenzione viene spostata sulla percezione dei muscoli che si rilassano quando la contrazione viene rilasciata. Nel 1973, Bernstein e Borkovec, hanno apportato delle modifiche all’RMP di Jacobson, producendone una versione “abbreviata” che unita al metodo Feldenkrais, che propone l’aumento dell’autoconsapevolezza del proprio sistema nervoso, risulterebbe essere utile nella riabilitazione postinfartuale sia nella fase critica che nella riabilitazione ospedaliera e domiciliare.
  • Non va dimenticato che l’isolamento sociale (scarsità delle amicizie e delle attività ricreative), che riduce le attività che promuovono la salute come hobby, sport, gioco con i figli ecc., influenza depressione e ansia, rendendo il processo di guarigione molto più lento e, in alcuni casi, la mortalità molto più elevata.
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