Come fare Criminal Profiling

ELEMENTI DI CRIMINAL PROFILING.                                                                                                                                                                                                                                                            

DR  MIRCO TURCO                                 

Psicologo.  Psicologia e Criminologia Generale e Applicata, Direttore Scientifico Forensics Group.

Introduzione al Profiling.

In uno scenario globale sempre pregno di evidenze criminologiche, di misfatti e crimini, di colpevoli e presunti tali, di prova scientifica e tecnologia, di ingiuste detenzioni, di inconfutabili prove o di incertezze legislative, parlare di profiling diventa alquanto complesso. Tale difficoltà è anche relata alla scarsa consapevolezza che, il comportamento umano, e dunque quello criminale, è solo parzialmente prevedibile.

Profiling significa profilo, ovvero chiara e breve biografia che descrive le caratteristiche più salienti di un soggetto. Nel gergo, spesso si utilizzano anche altri termini: criminal profiling, behavior profiling, criminal personalità profiling, criminal investigative analysis, forensic profiling, psychological profiling. Il profiling deve anche essere considerato un mezzo ed un metodo di indagine che fornisce un supporto all’investigazione tradizionale.

Profiling significa anche individuare alcuni tratti biologici del comportamento, che siano essi innati o anche acquisiti; individuare tendenze, impulsi e stati affettivi; individuare alcuni tratti psichici e personologici.

Il processo di inferenza esplicitato solo attraverso una semplice e banale osservazione di alcuni atteggiamenti umani, non è profiling, è “allucinazione umana”.

Il profiling viene anche identificato come una sottocategoria dell’analisi investigativa, atta a determinare le condizioni psicologiche dell’autore di un crimine. E’ evidente che concetti quali personalità, temperamento, tratti, impulsi, stati, confluiscono nel criminal profiling e che tali concetti richiedono una “destrezza scientifica” non indifferente.

In senso moderno, il profiling potrebbe essere considerato una strategica raccolta di informazioni e quindi un’attività di intelligence.

Tipologie di profiling.

Tradizionalmente, il profiling comprende due tipi di approcci: induttivo e deduttivo. Entrambi possono avere efficacia e validità solo se utilizzati sinergicamente e soprattutto non in modo assoluto.

  • Profiling induttivo: si parte da un insieme di dati relativi ad eventi simili, correlati a dati delle persone che gli hanno causati in modo da dedurre il profilo di un criminale standard per quel particolare reato. In tal senso, si assume che il comportamento passato è il miglior predittore del comportamento futuro e che criminali che un tempo hanno compiuto certi tipi di reati sono simili, socio-culturalmente agli odierni criminali che commettono la stessa tipologia di crimine. Il limite lampante di tale approccio è che non è sempre vero che il passato ci può prognosticare il futuro. Inoltre, occorre anche criticamente considerare che il crimine odierno, rispetto al passato, si è evoluto.
  • Profiling deduttivo: scopo è dedurre il comportamento di un particolare criminale dalle evidenze. In tal senso, si enfatizza la rilevanza delle informazioni provenienti dalla crime scene e dallo studio della vittima.

Ad oggi, in realtà, si utilizza un approccio di tipo misto ed esistono, contemporaneamente, anche metodiche differenti che utilizzano, ad esempio, sistemi sofisticati ed evoluti di intelligenza artificiale.

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Evoluzione del profiling.

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La prima attività di profiling può essere fatta risalire agli studi di fisiognomica del V° secolo a.C., seguiti dalla “teoria umorale” di Ippocrate. In senso squisitamente cronologico, possiamo menzionare: Aristotele (IV secolo a.C.); Gli Inquisitori domenicani (1484) con la “caccia alle streghe” (metodi di investigazione e metodi di riconoscimento); Giovanni Battista Della Porta (1586) e la fisiognomica; Lavater (1741-1801) fondatore della moderna fisiognomica che studiò le forme del cranio; Joseph Gall (1758-1828) che localizzò i centri specifici dell’intelligenza, della volontà e di altre funzioni cerebrali; Paolo Mantegazza (1831-1914) che scrisse Fisiognomica e Mimica e che classificava: belli e superiori gli europei, brutti e inferiori i neri e i gialli, buoni e onesti i ricchi, cattivi e criminali i poveri; Cesare Lombroso (1835-1919), fondatore dell’antropologia criminale, che distingueva il criminale nato, il criminale malato e il

criminaloide; Alphonse Bertillon (1853-1914) con l’antropologia segnaletica ed il primo utilizzo delle foto; il Costituzionalismo della scuola italiana di De Giovanni, Viola e Pende che partiva dallo studio del corpo; Ernest Kretschmer (1888-1964), che evidenziava le differenze tra caratteristiche fisiche e mentali; William Erbert Sheldon (1898-1977) con la classificazione in endomorfo, mesomorfo, ectomorfo; il caso di Mad Bomber del 1956 ad  opera di J. Brussel.

Nell’evoluzione del profiling, vanno annoverate anche altre date importanti: anni 70, fu creato il programma Criminal Profiling negli Stati Uniti ad opera degli agenti Howard Teten e Douglas Kelly – FBI; il 1972 vede nascere l’Unità di Scienze Comportamentali; nel 1992 esce il Crime Classification Manual sulla classificazione dei crimini violenti. In Inghilterra, negli anni 90, nasceva la Investigative Psychology, sulla base degli studi pioneristici di David Canter  e in Italia, nel 1995, fu istituita l’unità di analisi dei crimini violenti – UACV.

 

Schema base del profiling.

Dovremmo, in verità, specificare che il profiling è stato ideato per analizzare i crimini violenti ed esso riguarda principalmente i reati di stupro e gli omicidi. D’altra parte, i primi studi condotti attraverso un approccio pseudo-scientifico, parlavano proprio di “criminale organizzato e disorganizzato” a seconda della tipologia  di crime scene  (caotica o non caotica). Oggi, attraverso metodologie moderne, si può applicare il profiling anche per analizzare altri tipi di reati, come i sequestri di persona, i crimini informatici, gli attentati dinamitardi, ecc e le informazioni che si possono ricavare sovrastano la semplicistica classificazione tra organizzato e disorganizzato.

Gli studi approfonditi di psicologia investigativa provenienti dal mondo anglosassone hanno con il tempo spostato l’attenzione anche sulla vittimologia. La vittimologia riguarda lo studio completo e la ricostruzione della storia della vittima, che include lo stile di vita, i tratti di personalità, l’occupazione ed altre variabili importanti. In tale prospettiva le prime domande sarebbero: Perché la vittima è divenuta bersaglio ell’offender? Come è stata scelta la vittima? In quale mondo l’offender si è avvicinato alla vittima? Quale è stata la reazione della vittima?

Informazioni derivanti dallo studio della vittima.

  • Ambiente familiare di provenienza
  • Stato civile
  • Storia scolastica
  • Anamnesi medica e psicopatologica
  • Uso di droghe e alcol
  • Sfera relazionale e sessuale
  • Stile di vita. Abitudini, interessi
  • Storia occupazionale
  • Situazione finanziaria
  • Ricostruzione degli avvenimenti precedenti l’aggressione
  • Attività di routine
  • Precedenti di giustizia
  • Informazioni disponibili lasciati dalla vittima
  • Conoscenza precedenti minacce o di persone mal disposte verso la vittima.

 

Il rischio vittimologico.

 

L’analisi del rischio è un’attività importantissima e peculiare nell’ambito della moderna scienza criminologica. Il rischio vittimologico viene schematicamente inteso in funzione della probabilità di essere oggetto di una aggressione o di un crimine in generale in relazione alla propria vita, alle abitudini, allo stile personale, professionale e sociale. Esso può banalmente essere basso, medio, alto. L’analisi vittimologia è rilevante anche e soprattutto in caso di morte sospetta (equivocal death).

L’autopsia psicologica.

L’autopsia psicologicapuò essere considerata una raccolta di una serie di informazioni psicologiche e psicopatologiche sulla vittima prima del decesso. Tali caratteristiche risultano fondamentali assieme a quelle fisiche e biologiche per stilare un profilo completo e per arrivare a formulare delle ipotesi attendibili sulle dinamiche che hanno portato alla morte e per completare il profilo del soggetto ignoto che ha commesso un crimine particolare .

L’autopsia psicologica, utilizzando la definizione di Shneidman, uno dei primi studiosi che se ne occupò,     è la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, ricostruzione necessaria  per meglio comprendere la sua morte e le cause che l’hanno provocata.

L’autopsia psicologica, come disciplina, nasce verso la fine degli anni ‘50 negli Stati Uniti grazie agli studi e alle ricerche effettuate  presso il Centro Prevenzione Suicidi della città di Los Angeles.

In realtà, il termine autopsia psicologica si deve a Litman, lo studioso che negli anni ’60 stabilì gli elementi essenziali del processo di investigazione nei casi di morte dubbia. Shneidman e Farberow, nel 1961, due psicologi, formularono,  invece, in modo più pragmatico, una classificazione di categorie sulle quali indagare in maniera retrospettiva:

1. Informazioni di identità (nome, età, indirizzo, sesso, stato coniugale, occupazione, religione).

2. Dettagli della morte (rapporti di polizia).

3. Storia personale (fratelli, malattie e terapie, tentati suicidi).

4. Storia dei decessi in famiglia.

5. Modelli di reazione allo stress.

6. Tensioni e/o scontri recenti.

7 Ruolo dell’alcool e/o delle droghe nello stile di vita e nella morte dello scomparso.

8. Relazioni interpersonali.

9. Fantasie dello scomparso.

10. Sogni dello scomparso (o incubi)

11. Pensieri e paure dello scomparso in relazione alla morte, agli incidenti o al suicidio.

12. Cambio di abitudini, hobbies, alimentazione, modelli sessuali o di altre routines di vita immediatamente precedenti la morte.

13. Informazioni relative la “visione” di vita del deceduto (obiettivi, aspirazioni, successi).

14. Valutazione di intenzione ruolo dello scomparso nella sua propria morte).

15. Tasso di relazione letale degli informatori relativa alla morte del deceduto.

16. Commenti ed annotazioni speciali.

L’autopsia psicologica è dunque una disciplina articolata che ha il fondamentale scopo di avvicinarci alla verità.  Occorre, in ogni caso, evidenziare alcuni limiti della stessa procedura poiché, nonostante alcuni tentativi, andrebbe migliorata e perfezionata la relativa procedura di standardizzazione per implementarne la validità, l’attendibilità e dunque l’efficacia. Ma indipendentemente dallo strumento, è sempre l’individuo che lo utilizza ha rappresentare il maggior peso.

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BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

Ault, R., Rease, J.T. (1980). A psychological assessment of crime profiling. FBI Law Enforcement Bulettin 40(3) p. 22-25.

Brussel, J. (1968). Casebook of a criminal psychiatrist, New York, Bernard Geis Publishing Company.

Ferrari, S. et al. (2006). Network models of criminal behavior – IEEE Control System Magazine.

Pinizzotto, A.J., Finkel, N.J. (1990). Criminal Personality Profiling: An out come and process study, in: Law and Human Behavior, 14, pp. 215-234.

Turco M. (2013). Il Fattore Umano nella Criminologia, nell’Investigazione e nella Sicurezza. Relazione all’evento formativo Forensics Group. Scuola Forense di Taranto, Ordine Avvocati Taranto.

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