Come identificare il Disturbo della Condotta nei bambini

Articolo di Erika Bruno

Quando la trasgressione e l’esigenza di ‘andare contro’ si stabilizzano in una modalità di condotta rigida e coattiva, quindi, inadeguata alle situazioni sociali (non funzionale), si parla di patologia, per cui un comportamento si manifesta con modalità bizzarre, ed é definito come “disturbo oppositivo-provocatorio”, altrimenti detto, disturbo della condotta.

Tale patologica espressione di Sé è, spesso, preceduta dall’insorgere del deficit d’attenzione/iperattività, caratterizzato da distruttività, da estreme manifestazioni d’impulsività, oltre che dall’impossibilità di concentrarsi, regolando attività motoria e comportamento.
Il disturbo da deficit d’attenzione/iperattività (ADHD per gli autori anglosassoni), può essere diagnosticato in un soggetto minore di età non inferiore a sei anni, e i criteri tipici del disturbo prevedono che le anomalie tipiche si verifichino in ogni contesto frequentato dal bambino (a casa, a scuola e nel tempo libero).

Tale deficit riguarda circa l’1-1,5% della popolazione scolastica, con evidenti ripercussioni negative anche per gli insegnanti che si trovano ad operare con soggetti problematici per difficoltà di apprendimento.

Un dato inquietante è quello che vede per il 21% di questi soggetti l’insorgere, in età adulta, di un disturbo antisociale. Risulta determinante l’incapacità di autoregolarsi e riflettere sui comportamenti e processi cognitivi13.
Tali disturbi neuropsicologici sono, di solito, determinati dalla complessa interazione di variabili costituzionali e ambientali, con una particolare attenzione al ruolo della famiglia nel gestire i comportamenti distruttivi.
L’incapacità di gestire la rabbia, associata alla difficoltà di modulare l’impulsività, rappresentano un indicatore di rischio per il successivo emergere del disturbo della condotta.

Il DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali dell’American psychiatric association, 1995) inserisce il comportamento violento e delinquenziale dei giovani nella categoria dei “disturbi del comportamento”, definendolo come “una persistente modalità di condotta in cui i diritti fondamentali altrui e le principali norme o regole sociali appropriate per l’età adulta vengono violati”.
Nella diagnosi precoce si rilevano fattori costituzionali stabili di comportamento, come un temperamento impulsivo, un deficit di autoregolazione e una disfunzione dei sistemi di trasmissione neurologica.
Atti di violenza isolati, quindi, non possono essere assunti come segnali di un’aggressività patologica, che prevede, invece, una “persistente modalità di comportamento”14.
Occorre considerare che, tali quadri neuro-psichiatrici influenzano pesantemente la risposta emotiva della famiglia, e la situazione può aggravarsi qualora uno, o entrambi i genitori, si trovino, a loro volta, ad affrontare personali patologie psichiatriche. L’aver sperimentato, durante la fanciullezza, un disturbo della condotta comporta un rischio maggiore di sviluppare una personalità disturbata, con disturbi legati all’ansia o all’umore. Difficoltà scolastiche, disoccupazione, problemi relazionali, promiscuità sessuale, uso di droghe e abuso di alcool, ne conseguono con il rischio di commettere vari crimini, e quindi, di avere problemi più o meno gravi con la giustizia.

Il disturbo della condotta esordisce, in genere, nell’infanzia e/o in adolescenza e può essere preceduto dal disturbo oppositivo-provocatorio, definito come “una modalita di comportamento negativistico provocatorio, disobbediente e ostile, refrattario a seguire le consegne stabilite dagli adulti, siano essi genitori o insegnanti”.

I criteri diagnostici ritenuti validi per la diagnosi del disturbo della condotta, prevedono che almeno tre, tra quelli di seguito elencati, si siano verificati nell’ultimo anno:

  • frequenti furti con o senza aggressione fisica verso la vittima,
  • fuga da casa in orari notturni, per almeno due volte, o una senza averci fatto ritorno;
  • frequenti tentativi di manipolazione e menzogna;
  • deliberati atti incendiari;
  • svariate assenze da scuola;
  • crudeltà verso gli animali;
  • violenza sessuale;
  • uso di armi in più di uno scontro;
  • atteggiamento positivo verso la violenza, con tendenza ad avviare gli scontri fisici.

Un altro importante fattore di rischio, relato ai disturbi citati, è rappresentato dall’abbandono scolastico, con un insuccesso nel compito dell’apprendimento, e successivo senso di sbandamento e fallimento.
Il deficit interessa, infatti, aree fondamentali nell’apprendimento, come la comprensione, l’espressione, la memoria verbale e l’abilità nella lettura e scrittura, oltre alle “funzioni esecutive” atte al ragionamento astratto, alla capacità di concentrazione e di organizzazione delle attività, utili a conseguire un adeguato percorso formativo.

Scrivi a Igor Vitale