Come prevenire la depressione nell’anziano
Alla luce di quanto sopra esposto, dell’associazione della depressione senile con elevati tassi di mortalità e del rischio suicidario, risulta facilmente intuibile l’importanza degli interventi preventivi nella popolazione geriatrica. Tali interventi non sono stati ancora approfonditi quanto quelli per la prevenzione della depressione nelle altre fasi di vita (Bird & Parslow, 2002), ma è possibile comunque individuare due tipi di prevenzione: gli interventi preventivi primari e quelli secondari (Baldwin, 2014).
Il primo tipo di prevenzione include gli interventi “universali” che hanno l’obiettivo di minimizzare i fattori di rischio per la depressione, prevenendo ad esempio la depressione vascolare; ciò può prevedere accertamenti medici per valutare la presenza d’ipertensione e iperlipidemia nella popolazione senile, anche se è facilmente intuibile il notevole costo che questo comporta per il servizio sanitario nazionale, soprattutto se si considera che l’efficacia di questi interventi non è stata dimostrata (Baldwin, 2014). Altri interventi preventivi primari sono: l’intervento “selettivo” rivolto in maniera mirata agli anziani che presentano fattori di rischio identificati per la depressione, per esempio quelli colpiti da ictus cerebrale, e l’intervento rivolto agli anziani che presentano sintomi depressivi o forme sottosoglia (Baldwin, 2014). Schoevers e collaboratori (2006) hanno confrontato questi due tipi d’interventi in termini di maggior efficacia e minor costo per i servizi sanitari, con l’obiettivo di individuare l’intervento preventivo ottimale per la depressione senile, riscontrando una superiorità dell’intervento selettivo.
Gli interventi preventivi secondari invece consistono nel prevenire eventuali recidive subito dopo la manifestazione di un episodio depressivo con il trattamento farmacologico di mantenimento, generalmente con gli antidepressivi tricicli e gli SSRi associati alla psicoterapia e al litio; tale terapia solitamente ha una durata che varia da un minimo di 6 mesi a un massimo di 12 mesi, ma nel caso del paziente anziano si potrebbe essere necessario un trattamento di mantenimento di durata maggiore, proporzionale al numero di episodi depressivi manifestati (Baldwin, 2014).
L’utilizzo di antidepressivi a scopo preventivo risulta utile anche nel caso in cui l’anziano è a rischio di manifestare la depressione, come è stato dimostrato da Robinson e collaboratori (2008) che considerando un campione composto da 179 anziani colpiti da ictus cerebrale durante il corso dei tre mesi precedenti, senza psicopatologia depressiva, hanno sottoposto per dodici mesi 59 di questi alla terapia preventiva con l’escitoplam, altri 58 soggetti al placebo e 58 soggetti alla prevenzione attraverso la psicoterapia di gruppo problem solving; i risultati hanno mostrato la maggior efficacia preventiva dell’antidepressivo sia rispetto al placebo che rispetto alla psicoterapia, infatti la percentuale di anziani che aveva manifestato la depressione entro 12 mesi dal trattamento tra quelli trattati con l’escitalopram era solo del 8,5% (3 casi di depressione maggiore e 2 di depressione minore), in confronto al 22.4% di quelli placebo (11 casi di depressione maggiore e 2 di depressione minore) e dell’11.9% di soggetti trattati con la psicoterapia di gruppo (5 casi di depressione maggiore e 2 di depressione minore), mentre la psicoterapia di gruppo problem solving non ha raggiunto significativi risultati rispetto al placebo.
Oltre alla terapia di mantenimento farmacologico, vi sono evidenze dell’efficacia d’interventi psico-educazionali come strategia preventiva contro il rischio di ricadute depressive, in cui rientrano vari tipi di attività come quella di un esercizio fisico costante (Craft & Landers, 1998). Infatt, Singh, Clements e Singh (2001) volendo verificare l’efficacia dell’esercizio fisico come terapia di mantenimento, hanno considerato un campione di anziani con depressione maggiore, minore e distima, sottoposto a 10 settimane di esercizio fisico supervisionato e 10 settimane di esercizio senza supervisone, con periodo di follow-up di 26 mesi, prevedendo un gruppo di controllo; i ricercatori hanno riscontrato che l’esercizio di sollevamento pesi senza supervisione può costituire un efficace terapia di mantenimento fino a 20 settimane negli anziani con depressione. Inoltre l’efficacia dell’esercizio fisico può prevenire anche i fattori di rischio per la depressione stessa, come le malattie vascolari e le compromissioni fisiche dovute ad esempio alle cadute dell’anziano, che costituiscono potenziali condizioni di disabilità (Blumenthal et al., 2001; Skelton, 2001). A fine preventivo, di notevole utilità sono gli strumenti di screening nell’ambito della medicina generale, considerando che il paziente anziano mostra molta più difficoltà a rivolgersi ai servizi psichiatrici e ad esplicitare i propri contenuti depressivi, che molto spesso vengono negati (Baroni & Getrevi, 2005). Tra i possibili strumenti utilizzabili vi è la GDS, in quanto sono state elaborate varie versioni ridotte della scala stessa, che garantiscono buone caratteristiche psicometriche ma sono di più rapida somministrazione (Baroni & Getrevi, 2005). Al dilà dei singoli interventi la prevenzione della depressione senile si trova ad affronatre l’ardua sfida tra ciò che è desiderabile e ciò che invece è realizzabile.
di Vittoria Cerreti
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