Come Puoi Diventare un Leader

 

I leader sono da sempre esistiti. Il film epico del 2000, diretto da Ridley Scott, il gladiatore, è uno dei maggiori successi nelle sale cinematografiche[1], ed è stato interpretato da Russell Crowe, il fedele generale Maximus, amato sia dai suoi compagni gladiatori che da tutto il popolo. Questo clamore nei confronti di Massimo, risuona come una minaccia per Commodo[2] che per sete di potere assassina il padre, impossessandosi del trono. Ridotto in schiavitù, Massimo ricompare nell’arena tra le file dei gladiatori per vendicare l’assassinio della sua famiglia e del suo imperatore. Il comandante Massimo Decimo Meridio, diventa una celebrità.

Questa ricostruzione cinematografica sottolinea come alcuni leader, in questo caso il gladiatore, siano eletti Informalmente durante una rete di relazioni; viceversa, altri leader, come per esempio l’imperatore, sono eletti formalmente.

La leadership, da sempre esistita a caratterizzato parte della prospettiva sociopsicologica, difatti molte sono state le letture dedicate alla Leadership riportando definizioni differenti, infatti mentre da un lato c’è chi evidenzia la capacità di alcune persone di esercitare un’influenza sulle altre, grazie anche alle posizioni elevate in gerarchia di status; dall’altro lato introducono, accanto al tema della leadership, quello di potere: “Il nostro senso di potere è più intenso quando spezziamo lo spirito di un uomo che quando conquistiamo il suo cuore”.[3]

Riflettendo sul significato profondo di tale frase, possiamo quindi dedurre che quando si parla di leadership non facciamo, sempre e comunque, riferimento a qualcosa di positivo ma può assumere anche valenza negativa. Non va mai ignorata la leadership negativa, anzi una volta interpretata, non ci rimane che “attaccarla come faremo con qualunque malattia che crea danni, e talvolta uccide”.[4]

Proprio per questo, bisogna valutare ogni sistema di leadership e ogni atto di leadership, in base il loro contesto storico-sociale e giudicare in ragione del benessere o della sofferenza che arrecano, direttamente o indirettamente.

Le persone eccellono nella leadership, favoritismi diversi; c’è chi si interessa, principalmente nell’organizzazione del lavoro per favorire il raggiungimento di obiettivi, c’è chi invece, dall’altra parte privilegia la relazione, indispensabile, nel mediare conflitti e per favorire il clima di gruppo. Quest’ultimi, considerati i leader orientati alla relazione, solitamente adottano uno stile democratico e favorendo il coinvolgimento di tutte le persone, evitano il groupthink[5].

Posizione opposta viene occupata dai leader orientati al compito che “generalmente adottano uno stile direttivo, danno ordini chiari così da permettere agli altri di lavorare bene”[6].

Per comprendere, meglio, gli stili, principali, di leadership prendiamo in esempio un esperimento famoso, effettuato presso l’Università statunitense dello Iowa, condotto nel 1930 da Lewin, Lippt e White, conosciuto anche come “leadership e vita di gruppo”; lo studio ci aiuterà a descrivere i tre stili di leadership:

a)     Leader autocratico: “leader autoritario che utilizza mezzi coercitivi di ricompensa e punizione”[7]; tale comportamento del leader assicura collaborazione e produttiva tra i follower, ma quest’ultimi, provando umiliazione, innalzano le rigide barriere difensive.

b)     Leader laissez faire: pone maggiore attenzione al giudizio degli altri, fa fatica a prendere decisione e, colpito da sensi d’inferiorità e frustrazione abbandona i collaboratori a loro stessi.

c)     Leader democratico: si focalizza, in primis, sui propri obiettivi, poi su quelli del team e, infine, su quelli dell’organizzazione. Utilizzando metodi gratificanti e incentivanti verso i collaboratori, prenderà decisioni adeguate, assumendosene ogni responsabilità; ciò comporterà un’apertura mentale dei suoi dipendenti, che coopereranno in modo armonico.

Qualunque stile di leadership venga adottato, esistono caratteristiche distintive di personalità del leader. A studiare tali caratteristiche furono Terman (1904) e Bowden (1926) che definirono il grande uomo come un leader naturale con tratti specifici quali la lealtà, autostima, prontezza, dominanza che lo renderanno estroverso e dotato di gran spirito d’iniziativa.

Evinciamo dunque che esistono sia leader negativi, i quali “abusano” di questa “superiorità” sia leader positivi, che operano, non solo per il proprio benessere, ma anche per il benessere della team e dell’organizzazione stessa. Non si esclude il fatto che pur essendo “buoni” leader, possano inciampare in errori, perché credere nel proprio lavoro, ideali e sogni, porta, il più delle volte, a sofferenza soprattutto quando i progetti non si realizzano.

 

[1] Vincitore di 5 Premi Oscar

[2] Ambizioso figlio dell’imperatore Marco Aurelio

[3] E.HOFFER, the passionate state of mind 1953 in Zimbardo P., l’effetto lucifero cattivi si diventa., Milano, Raffaello Cortina, 2012 pp. 312

[4] Stanchieri L., Esser leader non basta. Come costruire una leadership per il benessere e l’efficienza, franco Angeli, 1° ediz 2006, Milano pp. 28

[5] Denominato anche “pensiero di gruppo”. Processo decisionale di un gruppo, motivato principalmente per raggiungere un consenso piuttosto che di prendere la decisione giusta

[6] Myers D., G., Psicologia sociale, a cura di Marta E., Lanz M., Milano McGraw-Hill, 2009 pp. 287

[7] Maurizio A., Psicologia manageriale. La gestione strategica delle risorse umane, 2012 pp. 52

[8]  tipico esempio dell’uomo rinascimentale; storicoscrittoredrammaturgopolitico e filosofo italiano

[9] Una delle opere più importanti di Macchiavelli; considerata un trattato politico sul sovrano ideale

[10] Tim P., Niccolò Macchiavelli il principe riletto a uso dei manager, Rizzoli Etas, 2013, pp. 104

[11] Termine utilizzato per indicare coloro che possono essere riconosciuti come compagni, seguaci.

[12] Macciocca L., Massino R., Leadership e team building di successo. Come si diventa leader di una squadra vincente, Maggioli Editore, 2011, pp. 272).

di Giulia Mucimarra

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