Come riconoscere i disturbi della Demenza di Alzheimer

Alzheimer-sintomiDISTURBI COGNITIVI, COMPORTAMENTALI E PSICOLOGICI

 

Le principali funzioni cognitive essenziali per lo svolgimento delle normali attività quotidiane sono: memoria, linguaggio, attenzione, prassie e gnosie. Se l’equilibrio di queste funzioni viene intaccato assisteremo ad un deterioramento del nostro funzionamento.

La memoria costituisce la base dell’apprendimento e senza di essa non saremmo in grado né di acquisire nuove informazioni né tanto meno di richiamare queste informazioni al bisogno. Inizialmente la persona può manifestare deficit mnesici come il dimenticare appuntamenti o scadenze importanti mentre con il progredire della malattia assistiamo ad un peggioramento negli aspetti a lungo termine. I soggetti malati di Alzheimer infatti dimenticano prima i fatti e le informazioni più recenti per poi manifestare difficoltà nel ricordo di eventi passati; è ormai assodato che la memoria di eventi passati rimanga più vivida di quelli recenti, poiché  vi è una maggiore emotività legata all’evento e tale evento è stato molto probabilmente raccontato più volte (es. il proprio matrimonio) (Chattat, 2004).

La memoria di lavoro, che appartiene alla memoria a breve termine, è quella che viene intaccata per prima, poiché richiede la capacità di raggruppare gli stimoli per facilitarne il richiamo, capacità che gli anziani non hanno più; azioni che richiedono una buona memoria procedurale sono l’andare in bicicletta o il guidare l’automobile e nelle fasi avanzate si assiste ad una difficoltà nello svolgere anche procedure più semplici come il lavarsi i denti.

La memoria a lungo termine, colpita nelle fasi più avanzate, comprende tre processi: immagazzinamento, codifica e richiamo, tutti ugualmente compromessi; nel processo di richiamo vi è in particolar modo la perdita della “fonte” (dov’è stato appreso il fatto) e della persona a cui è stato riferito e questo spiega un comportamento abbastanza comune negli anziani: ripetere le stesse cose alle stesse persone.

È possibile valutare la MBT e la MLT  tramite il test dello “span di memoria”: viene chiesto al soggetto di ricordare degli item rispettivamente dopo alcuni secondi o minuti per la MBT e dopo 15 o 30 minuti per la valutazione della MLT (Chattat, 2004).

Sulle capacità mnemoniche incidono alcuni fattori, tra cui il livello di educazione, il tipo di competenza acquisita, il livello di motivazione nei test e lo stato di salute psicofisico.

Nelle fasi avanzate della malattia è frequente ascoltare anziani che chiedono di essere accompagnati dalla loro mamma, nella loro casa natia.

La memoria prospettica, cioè gli eventi che devono essere attuati in futuro, può essere mantenuta negli anziani, grazie ad alcuni ausili, come le annotazioni sul calendario.

Un’altra importante funzione è l’attenzione, necessaria alla gestione degli stimoli e grazie alla quale possiamo individuare e selezionare gli oggetti e le situazioni che ci circondano. Due tipi di attenzione che vengono compromesse per prime con la demenza, sono: l’attenzione sostenuta, ossia la capacità di mantenere quest’ultima su uno stimolo per un periodo relativamente lungo e l’attenzione divisa, ossia la capacità di gestire più stimoli contemporaneamente; per questo uno dei maggiori problemi riscontrati da chi si occupa di questi soggetti è proprio la difficoltà nell’occuparli in un’attività per un arco di tempo prolungato.

Legate alla memoria procedurale, troviamo le prassie, dal greco praxis, che sta ad indicare le procedure necessarie all’esecuzione di un compito. La prassia riguarda la modalità con cui un soggetto tramuta l’idea in azione: guidare l’automobile, preparare un piatto da lui/lei conosciuto, ecc. Vi sono procedure però anche più semplici, che vengono fatte automaticamente, come l’allacciarsi un bottone della camicia o piegare una tovaglia, che costituiscono enorme difficoltà per chi si trova nelle fasi più avanzate della malattia.

Ciò che ci permette di interagire con gli altri è il linguaggio, che si compone di aspetti verbali e non verbali. Senza di esso, tutto diventa irregolare; non si è più in grado di esprimere i propri sentimenti, di salutare qualcuno o di chiedere qualcosa di cui si ha bisogno; si diventa dipendenti di qualcun altro che si spera possa capire ciò di cui necessitiamo. La demenza provoca dei deficit su tutti gli ambiti del linguaggio e i fenomeni più comuni sono:

  • Anomie, quando l’eloquio si inceppa e la persona dimentica la parola che voleva comunicare;
  • Circonlocuzioni, quando il soggetto nel descrivere un concetto anche semplice, usa un macchinoso giro di parole.
  • Parafrasia semantica, nei casi in cui un oggetto viene nominato con il nome di un altro oggetto, appartenente però alla stessa categoria semantica.
  • Parole passepartout (il coso, la cosa, ecc.), che sostituiscono molte delle parole che il soggetto vuole comunicare; questo lo si riscontra nelle fasi più avanzate della malattia.

Comune nelle demenze è la difficoltà di comprensione, per questo i soggetti che ne soffrono, spesso non capiscono delle semplici indicazioni che vengono loro date. Fino alle fasi più avanzate, la capacità di comprendere il linguaggio non verbale, rimane preservata ed è perciò importante essere il più espressivi possibile quando si cerca di interagire con i malati di Alzheimer.

Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso (Madre Teresa di Calcutta, 2005, p. 43).

È importante stimolare la comunicazione e sforzarsi il più possibile di comprendere chi ci sta di fronte per evitare un fenomeno purtroppo comune: la frustrazione dovuta al non essere capiti ed il conseguente isolamento sociale.

Un’ultima funzione cognitiva che ci permette di comprendere gli stimoli sensoriali provenienti dall’ambiente è la gnosia, il riconoscere; dal riconoscere le qualità di un oggetto al riconoscere le proprie sensazioni, come il fatto di essere malato. Nelle fasi avanzate il soggetto può arrivare a non riconoscere più il proprio volto riflesso nello specchio o i volti dei propri familiari e questo causa enormi sofferenze nei caregiver che non vengono riconosciuti e /o scambiati per qualcun altro, come ad esempio un figlio che viene scambiato per il marito defunto.

Ad essere intaccate non sono però solo le funzioni cognitive ma si riscontrano nei malati di Alzheimer dei sintomi non cognitivi che vanno sotto il nome di BPSD, Behavioural and Psychological Symptoms of Dementia. Questi sintomi sono raggruppabili in 5 clusters:

  1. Agitazione
  2. Aggressività
  3. Psicosi
  4. Depressione
  5. Apatia

Nel primo troviamo comportamenti quali affaccendamento, vagabondaggio, disinibizione e disturbi del sonno; sotto la sfera dell’ aggressività troviamo sia quella fisica sia quella verbale. Nel terzo cluster si riscontrano, allucinazioni, deliri e falsi riconoscimenti; nel quarto abbiamo tristezza, pianto, ansia, bassa autostima e disperazione. Infine, nel cluster dell’apatia è possibile trovare ritiro, disinteresse e demotivazione.

La comunicazione della diagnosi di cui si parlava nel paragrafo precedente è di fondamentale importanza considerando che alcuni di questi sintomi possono comparire proprio in conseguenza di essa, come ad esempio, varie forme di aggressività e depressione, così come anche una forte demotivazione nei confronti delle cure e dei trattamenti. Mentre è ancora incerta l’eziologia di questi sintomi si è cercata una risposta dal punto di vista terapeutico e la si è trovata negli antipsicotici o neurolettici, dei quali tratteremo nel Capitolo 4.

di Ilaria Giardini

 

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