Come si conduce un colloquio di selezione del personale

Il successo dell’intervista di selezione è legato anche alla corretta impostazione ed esecuzione dei momenti principali del colloquio. In questo paragrafo, così, analizzeremo le fasi che costituiscono un colloquio di selezione, a ciascuna delle quali segue una valutazione.

I risultati finali, la validità e l’attendibilità dell’intervista sono la conseguenza di un processo che vede coinvolte soprattutto le capacità di elaborare le informazioni da parte dell’intervistatore. Per far ciò, anzitutto, occorre eseguire un’attenta preparazione del colloquio per evitare che si trasformi in una semplice conversazione di utilità assai discutibile (Agnesa, 2012). Il selezionatore dovrà dunque analizzare il profilo professionale dei candidati sulla base del Curriculum Vitae, focalizzandosi principalmente su studi e formazione, esperienze professionali precedenti o attuali, conoscenza delle lingue e dati anagrafici.

Questa fase è fondamentale non solo per predisporre nel modo più adatto l’ambiente fisico in cui viene effettuata l’intervista, ma soprattutto per programmare il suo contenuto così da permettere all’intervistatore di stabilire in anticipo i punti principali su cui intende soffermarsi, quelli da toccare marginalmente, quelli che può trascurare, nonché il modo con cui affrontare gli argomenti. In sostanza, il piano serve a definire quali informazioni devono essere esplorate, quali domande permettono di acquisire dati rilevanti in tempo limitato, al fine di raggiungere lo scopo della selezione; per esempio si potranno approfondire le “incongruenze” o il “non detto” di alcuni Curriculum Vitae e in questo la comunicazione non verbale potrebbe esserci utile. Come dice Zerilli (1975), un buon intervistatore non affronta mai un colloquio senza un piano di questo genere, semplicemente perché lo aiuta a mantenere la conversazione nei binari, evitando che essa si perda in inutili dettagli o per evitare di trovarsi impreparato di fronte a un diverso orientamento del colloquio.

Una volta predisposto questo schema di orientamento, per essere nella condizione di condurre con sistematicità l’interazione con il candidato, è importante che il selezionatore segui una traccia delle diverse fasi che compongono un colloquio di selezione. La letteratura individua tre macrofasi ordinate cronologicamente (fase iniziale, centrale e di chiusura) che analizzeremo di seguito.

La fase iniziale del colloquio, ovvero l’apertura dell’intervista, costituisce uno dei momenti più delicati e, forse, sfuggevoli ma, senz’altro importanti per l’efficacia del colloquio; l’obiettivo è principalmente quello di entrare in sintonia con il candidato per costruire un’interazione aperta e sincera (Cortese, Del Carlo, 2008).

Questa fase comprende, anzitutto la presentazione reciproca: dovrà essere l’intervistatore a curare attentamente questa prima parte così da far conoscere al candidato il proprio ruolo, la sua funzione all’interno dell’azienda; questo, d’altra parte, influenzerà la valutazione del candidato sull’azienda e sullo stesso interlocutore. Presentarsi ha lo scopo di aprire la situazione, in qualche modo entrambi gli interlocutori si impegnano a lavorare insieme per accertare l’ipotesi di un inserimento del candidato nel contesto aziendale; ognuno ha un ruolo preciso, ma il fine è comune (Castiello, D’Antonio, 2006).

L’accoglienza, in questa fase ha anche una valenza relazionale, è ancorata ad una dimensione di ascolto e di orientamento verso l’altro così da estrometterlo dallo stato di disagio provocato dalla situazione nuova, soprattutto se per la persona rappresenta la prima esperienza di questo tipo (Borgogni, 2008); pertanto, è importante che il selezionatore si ponga nei confronti del candidato in modo accogliente e cordiale, scegliendo contenuti comunicativi che consentano di “rompere il ghiaccio”.

Nel modello generale dell’intervista di selezione descritto da Argentero (2001), questa fase corrisponde alla pre-intervista o fase impressiva, il cui scopo dell’intervistatore è di raccogliere elementi di conoscenza sull’intervistato, ed i fattori essenziali che contano sono relativi alle prime impressioni. Quest’ultime sono influenzate proprio dai requisiti presentati nel curriculum, anzi diversi studi hanno evidenziato correlazioni significative tra le valutazioni post-intervista sulle caratteristiche dei candidati ed impressioni pre-intervista ricavate dal curriculum o dai risultati dei test.

Per esempio, Phillips e Dipboye (1989) esaminarono le valutazioni sui candidati da parte di trentaquattro intervistatori prima e dopo l’intervista e trovarono una correlazione positiva di r=.63 tra le valutazioni delle caratteristiche dei candidati nella pre-intervista e quelle espresse post-intervista. Le ricerche hanno, inoltre, evidenziato che, a partire dai primi dati disponibili, il candidato viene in qualche modo valutato come idoneo o meno da parte del selezionatore rispetto alla posizione ricercata; questa valutazione genera aspettative relative al modo in cui il candidato si presenterà durante il colloquio, nonché a differenti modalità di conduzione. Per esempio, gli intervistatori che si formano impressioni positive dai primi dati del candidato, possono far sì che egli abbia la possibilità di presentarsi bene nel corso del colloquio, ponendo domande funzionali alla sua assunzione (Cortese, Del Carlo, 2008).

I primi momenti caratterizzanti questa fase servono, dunque, a sviluppare una positiva e temporanea interazione reciproca, ogni sfumatura è percepita in modo enfatizzato sia da parte dell’esaminatore che da parte dell’intervistato (in particolare le indicazioni provenienti dalla comunicazione non verbale). Come vedremo, infatti, non è soltanto l’intervistatore a cogliere certe sfumature, ma lo stesso candidato si costruisce un’immagine del suo interlocutore sulla base dei diversi segnali: modo di vestire, gestualità, sguardo, voce. Immaginiamo se l’intervistatore accogliesse la persona con una bella frase di benvenuto ma senza alcuna espressione di sorriso o con una stretta di mano brusca, oppure porrebbe una domanda continuando ad essere occupato da fascicoli sulla scrivania; sono tutti micro-messaggi che, considerati dall’esterno, possono apparire banali, mentre potrebbero trasmettere una scarsa disponibilità al colloquio (Castiello D’Antonio, 1989).

Inoltre, da questa prima interlocuzione il selezionatore regola la propria forma comunicativa, “sintonizzandosi” con il candidato: per esempio modulando le pause in modo simmetrico a quello utilizzato dall’intervistato, o adottando vocaboli appartenenti alla sua proprietà linguistica. Questa ricerca di sintonia, insieme con l’utilizzo di una buona comunicazione non verbale, che segnali vicinanza, comprensione e disponibilità, favorisce lo stabilirsi di un autentico senso di empatia tra selezionatore e candidato, cosicché quest’ultimo sia anche maggiormente stimolato a parlare di sé in modo sincero e approfondito (Cortese, Del Carlo, 2008).

La fase centrale dell’intervista comprende la conduzione, la gestione del colloquio come processo comunicativo a due vie (Zucchi, 2004). È la fase d’intervista vera e propria, seguendo il modello di Argentero (2001), la fase dell’interazione faccia a faccia tra gli interlocutori; il selezionatore integra le prime impressioni, mettendo in atto precise strategie finalizzate alla rilevazione di molti dati utili ai fini valutativi.

Allo stesso tempo, anche il candidato utilizza determinate strategie tese a influenzare positivamente l’intervistatore (nel paragrafo successivo verranno analizzate le dinamiche comunicative e cognitive messe in atto durante questi momenti). L’elemento essenziale di questa fase è, quindi, l’esplorazione, la ricerca d’informazioni utili per la successiva valutazione in merito al possesso o meno del candidato delle caratteristiche definite nella fase di costruzione del profilo lavorativo di riferimento. In genere l’anello di congiunzione tra la fase di apertura e l’inizio dell’intervista vera e propria, è costituito da una breve indagine sui motivi della richiesta spontanea di assunzione all’azienda o della risposta all’inserzione pubblicata sui giornali o su qualsiasi altra fonte. Il selezionatore deve poi stimolare il suo interlocutore a parlare partendo da resoconti su situazioni passate o future, deve permettergli di raccontarsi e auto-presentarsi come desidera, trasmettendogli la propria disponibilità all’ascolto, acquisendo informazioni a 360°, cogliendo segnali e stimoli del candidato senza alcun giudizio immediato, semplicemente osservandone il comportamento globale (Sarchielli, 1998). Dall’esterno si può avere la falsa impressione di un ruolo passivo dell’intervistatore, mentre occorre osservare che l’ascolto e l’osservazione sono in funzione di un’analisi critica dei contenuti (temi trattati nel discorso) e della relazione (modalità di espressione e di comunicazione interpersonale) (Colombo, 2006). Dopo un breve resoconto del candidato, l’intervista inizierà progressivamente a prendere forma e le domande, di volta in volta, si focalizzeranno su diversi argomenti, così da approfondire tutto ciò che permette di visualizzare la persona nel suo sviluppo esistenziale. Durante questa fase, il selezionatore osserverà meglio le caratteristiche comportamentali della persona che ha davanti (la capacità di gestire la relazione, l’efficacia comunicativa, ecc.), i suoi tratti di personalità (introversione, estroversione, cordialità, ecc.), motivazioni, obiettivi e aspettative che orientano le sue azioni (Cortese, Del Carlo, 2008). Possiamo notare come la partecipazione dell’intervistatore segue un criterio che va dal massimo ascolto iniziale alla progressiva partecipazione, fino ad una presenza attiva nella fase conclusiva dell’incontro.

Infine, la fase di chiusura o fase post-intervista (Argentero, 2001), serve al selezionatore soprattutto per eventuali approfondimenti circa le competenze del candidato; si ripercorrono i momenti salienti dello scambio comunicativo, vengono specificati il tipo di mansione, i suoi contenuti, le responsabilità, il sistema gerarchico di riferimento. Sarà, inoltre, importante offrire al candidato un ulteriore spazio per porre eventuali chiarimenti, così da manifestare più liberamente quei pensieri che magari in precedenza non è riuscito ad esprimere perché condizionato dalle domande dell’intervistatore (Cortese, Del Carlo, 2008). Anche in questo caso si tratta di un momento abbastanza delicato e fondamentale: qualunque sia l’esito del colloquio, infatti, ogni candidato deve costituire un “nuovo amico” per l’azienda; pertanto la stessa cortesia, affabilità, cordialità indispensabili in fase di apertura, lo sono anche all’atto della sua conclusione. Per queste ragioni, sarebbe opportuna una buona preparazione al congedo che non deve mai essere improvviso, per non dare la sensazione di un colloquio troncato senza essersi esaurito.

Sarà, così, utile ricondurre la conversazione su argomenti generali, magari mettendo in atto anche qualche gesto intenzionale a indicare la chiusura dell’interazione (per esempio rimettere in ordine la pratica relativa al candidato, controllare l’orologio, ecc.) (Zerilli, 1975). Questa fase, inoltre, si costituisce per il momento valutativo: ancora una volta il profilo professionale concordato all’inizio del reclutamento rappresenta lo schema di confronto sul quale misurare gli esiti dell’esame. Sia che si tratti di una valutazione assoluta (il confronto tra il candidato e un modello teorico di riferimento), sia che si tratti di una valutazione relativa (il confronto tra il candidato e altri candidati), la figura del selezionatore in questa fase assume un’importanza determinante, soprattutto per le sue caratteristiche relative alla personalità, agli atteggiamenti, alle motivazioni, al suo modo di percepire il mondo esterno, alla sua formazione ed esperienza (Argentero, 1998). Come spiega lo stesso autore, tra l’altro, le principali variabili che influenzano l’elaborazione dell’informazione nell’intervistatore sono relative non solo all’intervistato per le sue caratteristiche demografiche, scolastiche, professionali, intellettive, esperienziali, ecc., ma anche alle caratteristiche dell’intervistatore stesso (scolastiche, intellettive, demografiche), ai suoi eventuali pregiudizi e alla sua conoscenza di job requirements; senza dimenticare l’influenza del contesto oggettivo per la finalità dell’intervista o il rapporto di selezione prefissato, e del contesto soggettivo, per come viene percepito dall’intervistatore in merito alla chiarezza della mansione o al rischio di dover giustificare le proprie decisioni.

Questa tradizionale classificazione degli step principali di un’intervista di selezione, tende a visualizzarla come un procedere meccanico e lineare, cosa che nella pratica avviene raramente. Il processo dell’intervista, infatti, è alquanto dinamico e variabile e può risultare molto difficile tenere separati determinati momenti; è possibile una continua sovrapposizione di fasi, un rifluire di argomenti in altri, un ripercorrere tracce apparentemente già esplorate, ma con diversi fini accidentali. Tuttavia, è importante che chi conduca colloqui di questo tipo, ne abbia chiari gli standard di riferimento, poiché attraverso di essi, può accorgersi di eventuali deviazioni dalla norma, dei rischi o dei vantaggi che queste comportano.

In ogni caso, però, non bisogna mai dare nulla per scontato, bensì verificare continuamente, tenere conto delle reciproche disponibilità, dello stato attuale della relazione interpersonale: lo stesso dato/concetto, potrebbe essere indagato più volte e da diversi punti di vista (Castiello d’Antonio, 1989).

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