Come un bambino si protegge dai conflitti genitoriali
Come l’attaccamento influenza la reazione al conflitto
Il legame di attaccamento formatosi nella relazione precoce tra madre e bambino, influisce sul modo in cui l’individuo percepisce il mondo che lo circonda e sul modo in cui egli vive le relazioni significative successive. In particolare a influenzare il soggetto, sono i Modelli Operativi Interni (MOI), cioè le rappresentazioni delle prime interazioni con il caregiver, che egli stesso si è costruito.
In uno studio su bambini di età compresa tra sette e undici anni, condotto da Camisaca, Miragoli e Di Blasio (2013) si osserva come la conflittualità genitoriale condizioni la salute psichica dei figli, in maniera differente a seconda dei MOI costruiti in base al tipo di pattern di attaccamento, definiti dalla Ainsworth negli anni settanta.
Secondo le autrici, bambini con un pattern di attaccamento sicuro risultano aver sviluppato una buona capacità di resilienza, pertanto questi sono in grado di individuare le proprie emozioni negative e farne fronte con buone strategie di problem solving. Altresì manifestano emozioni, sì negative, ma totalmente adeguate all’episodio che comporta alti livelli di stress, non influendo così sul loro benessere psicologico.
Bambini con un tipo di attaccamento evitante, invece, mettono in atto strategie di “minimizzazione” e di “inibizione”, con lo scopo di identificare il conflitto come evento non particolarmente pericoloso e reprimere il suo disagio. Ciò, però, impedisce al bambino di esprimere emozioni congrue all’evento e di elaborarle adeguatamente, riscontrando in un futuro la loro natura disadattiva.
Le ripercussioni peggiori originate dal conflitto si riscontrano nei bambini con attaccamento ansioso-ambivalente. Questi, infatti, di fronte al conflitto manifestano un’iperattività emotiva, e una tendenza a identificare l’evento come altamente minaccioso.
Questo tipo di pattern si sviluppa attraverso una precoce relazione in cui il caregiver è solito mettere in atto comportamenti ambivalenti e inaspettati. Le autrici, pertanto, ipotizzano che tale stile relazionale spinga il bambino a valutare con estrema attenzione qualsiasi segnale proveniente dall’esterno e a valutarli più minacciosi di quanto essi siano in realtà. Di conseguenza il minore vive situazioni già minacciose di per sé, come ancora più pericolose, perciò manifesta un grado elevatissimo d’ansia. Egli tende ad attivare la ruminazione mentale, esaltando i vissuti negativi.
Con tali risultati si evidenzia, ancora una volta, che la reazione generata dal vissuto spiacevole di una separazione coniugale conflittuale è multifattoriale. Inoltre risulta chiara l’importanza del ruolo genitoriale di contenitore delle emozioni dei figli, prima, durante e dopo la separazione; soprattutto con i bambini e ancor di più se questi non hanno risorse necessarie per elaborare l’angoscia in loro suscitata
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