Comunicazione non verbale: il ruolo dell’aspetto esteriore

Il ruolo dell’aspetto esteriore nella comunicazione non verbale

Comunicazione non verbale e aspetto fisico

 

Valeria Bafera

“Solo le persone superficiali non giudicano gli altri dall’aspetto esteriore. Il visibile, non l’invisibile, costituisce il vero enigma del mondo” (O. Wilde).9

Uno dei primi aspetti che colpisce in una persona è sicuramente quello esteriore; esso viene incluso nella classificazione della comunicazione non verbale in quanto capace di fornirci una serie di informazioni importanti riguardo un individuo. Cook (1971) distingue due elementi dell’aspetto esteriore, l’uno statico e l’altro dinamico, sulla base del fatto che il primo non muta durante il corso di un’interazione.

Si tratta della conformazione fisica, la quale comprende la forma del volto, la corporatura, il colore della pelle e degli occhi, i lineamenti del viso e ci aiuta a definire nell’immediato i tratti caratteristici di una persona: genere, età, etnia, ecc. Tuttavia sono informazioni che ci danno una conoscenza superficiale del soggetto, benché alcuni studiosi fisiognomici tentino di trovare una corrispondenza tra aspetti del volto e tratti della personalità degli individui.

In effetti, ricerche condotte da diversi studiosi hanno dimostrato l’esistenza di stereotipi, di regole d’identificazione ampiamente condivise tramite le quali la conformazione fisica viene posta in relazione con la personalità: per esempio l’attribuzione di caratteristiche indesiderabili a individui di pelle scura (Ricci Bitti, Zani, 1983).

Inoltre questi aspetti influenzano l’attrattiva fisica di una persona e, come avremo modo di vedere, in sede di selezione del personale molte aziende valutano particolarmente l’aspetto fisico, soprattutto se è richiesto un elevato grado di contatto con i clienti.

L’altro elemento dell’aspetto esteriore, quello dinamico, è sottoposto al controllo volontario della persona e pertanto può essere parzialmente modificabile: parliamo dell’abbigliamento, il quale comprende abiti, trucco, acconciatura, accessori. Come scrive Argyle (1992) questa componente costituisce il canale principale per dare informazioni sulla ricchezza, sullo status sociale, sulla personalità del soggetto attraverso la qualità del vestito, l’elaborazione degli ornamenti (un estroverso euforico non indosserà un abito scuro con una cravatta nera ); esso identifica ruoli occupazionali, come i distintivi delle società che indicano lo status che si ha in azienda.

L’abbigliamento viene, infine, considerato il canale principale di manipolazione del sé: l’individuo controllando il proprio aspetto tenta di fornire l’immagine che egli ha di se stesso e l’immagine che di sé egli vuole presentare agli altri.

Goffman (1956), a tal proposito, elabora la teoria della “presentazione del sé”, affermando che le persone manipolano le impressioni che desiderano suscitare sugli altri tramite un modo intenzionale di presentarsi, che assume quasi la forma di una rappresentazione teatrale, nell’ambito del quale l’aspetto esteriore gioca un ruolo fondamentale; questo tipo di manipolazione potrebbe ad esempio rivelarsi funzionale per venire assunti dopo un colloquio.

Naturalmente, per ovvie differenze culturali, l’aspetto esteriore risulta significativo solo in determinati contesti sociali, in cui si condivide un certo significato di trucco, abbigliamento o addirittura nei contesti in cui è influente il fenomeno della moda (Ricci Bitti, Zani, 1983). Addirittura alcune ricerche considerano questi segnali scarsamente significativi o, come ha fatto notare Argyle (1992), se il giudice possiede elementi più ampi di giudizio non si lascerà influenzare soltanto dall’apparenza esteriore del soggetto.

Ricorderete, infine, come scritto nelle prime pagine di quest’elaborato, che la maggior parte delle persone formula giudizi sulle persone in base alla prima impressione, la quale è data proprio dalle espressioni non verbali, in primo luogo da ciò che è maggiormente evidente: l’aspetto esteriore. Essa si basa sulla cosiddetta regola empirica del 4×10, secondo cui l’interlocutore rimane fortemente impressionato da: i primi dieci secondi, in cui sarà colpito dall’abbigliamento della persona, dalla sua morfologia corporea, dalla sua pettinatura, dal suo odore e dal genere; i primi dieci passi, quindi terrà d’occhio postura, portamento e gestualità; le prime dieci parole, dal contenuto, dal lessico grammaticale e dall’esposizione; infine, i primi dieci centimetri del viso, dalla sua mimica facciale, dal suo sguardo e dal contatto visivo. L’impressione ricavata, orienterà la successiva comunicazione suggerendo all’interlocutore una risposta con altrettanti segnali non verbali (Goi, 2004).

Scopri i segreti della Comunicazione Non Verbale

bannerone

Scrivi a Igor Vitale