psicologia ipnosi cervello paura

Cosa succede nel cervello quando sei in ipnosi

La prima tecnologia attraverso la quale le teorizzazioni sull’ipnosi sono state rese maggiormente scientifiche e meno speculative è stata l’elettroencefalografia.

Attraverso l’utilizzo dell’EEG è possibile osservare le onde cerebrali che vanno da onde a bassa frequenza le Delta ad onde ad alta frequenza le Gamma.

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Le onde Delta (< 4 Hz) caratterizzano il sonno profondo, le onde Theta (4-7,9 Hz) sono riscontrabili nel sonno REM e negli stati ipnopompico e ipnagogico, le onde Alfa (8-13,9 Hz) si associano all’immaginazione e compaiono molto più spesso nel cervello dei creativi che in quello di chi non lo è, le onde Beta (14-29,9 Hz) accompagnano il pensiero consapevole dello stato di veglia e i momenti di stress (Laibow, 1999; Vismara, 2015), le onde Gamma (30-90 Hz) compaiono quando la tensione fisica e mentale è massima, accompagnano la risoluzione di problemi complessi, le forti emozioni come quelle di gioia o di paura, e anche le esperienze mistiche (Dispenza, 2012).

Durante l’ipnosi è stata riscontrata la comparsa di onde Alfa e Theta. Qualche tempo fa si riteneva che fossero solo le onde Alfa a contraddistinguere la trance, ma l’ipnosi anche se comprende uno stato Alfa, non è caratterizzata solo da quest’ultimo (Yapko, 2003).

Le onde Alfa compaiono quando si è rilassati e con la chiusura degli occhi (AMISI, 1995), ma sembra siano le onde Theta ad essere associate ai livelli di maggior suscettibilità ipnotica. Sebbene tutte le persone generino un numero maggiore di onde Theta quando sono sotto ipnosi, quelle più profondamente ipnotizzabili ne generano in numero superiore rispetto a chi è meno ipnotizzabile. Tramite EEG è stato possibile visualizzare onde Theta in soggetti ipnotizzati in varie regioni cerebrali: dalla frontale, alla parietale, all’occipitale (Graffin, Ray & Lundy, 1995). Esse determinano uno stato di coscienza che prima dell’addormentamento o al momento del risveglio è fugace e vissuto in modo passivo; durante l’ipnosi, invece, l’operatore si preoccupa di mantenere le onde Theta per tutta la durata della seduta e utilizza questo stato a fini terapeutici. Quando l’attenzione è focalizzata, assieme alle onde Theta compaiono anche altre onde localizzate intorno ai 40 Hz (Yapko, 2003).

Un recente articolo sottolinea come si sia rilevata, sotto ipnosi, attività Theta che volge in attività Gamma (Jensen, Adachi & Hakimian, 2015).

Nello stato Theta, il cervello dell’essere umano è maggiormente programmabile dalle suggestioni dell’ipnoterapeuta.

Quando le onde cerebrali di un individuo rallentano, egli viene a contatto col suo inconscio; quando invece la mente del soggetto è volta al mondo esterno, le onde cerebrali accelerano. Solo se le frequenze cerebrali sono quelle appropriate, può avvenire il cambiamento individuale, in caso contrario, per quanto un soggetto si sforzi di cambiare, questo sforzo difficilmente produrrà un risultato (AMISI, 1998).

Uno studio (Jamieson & Burgess, 2014) condotto su 12 soggetti altamente ipnotizzabili e 11 soggetti scarsamente ipnotizzabili, ha messo in luce che l’induzione ipnotica suscita un cambiamento qualitativo significativo nell’organizzazione funzionale delle reti neurali nei soggetti altamente ipnotizzabili ma non in quelli scarsamente ipnotizzabili. I risultati hanno dimostrato che, sotto ipnosi, aumentano le onde Theta nei soggetti altamente ipnotizzabili ma non in quelli scarsamente ipnotizzabili. E’ stata riscontrata inoltre una diminuzione di onde Beta, statisticamente significativa solo nei soggetti altamente ipnotizzabili.

L’induzione ipnotica consiste, perciò, nel far passare le onde cerebrali del paziente dallo stato Beta allo stato Theta, in modo da rendere possibile una modificazione a livello di ristrutturazione di reti neurali.

L’ideoplasia, fenomeno legato alla comunicazione suggestiva, permette una  trasformazione dei substrati biologici dei comportamenti del soggetto, che da disadattivi diventano adattivi. L’ipnoterapia modifica la struttura neuronale del cervello e per questo può essere utilizzata in alcuni casi come alternativa, in altri come ausilio, all’intervento farmacologico (Zacchetti, 2015b).

Grazie all’utilizzo della PET è stato possibile dimostrare che la realtà creata dall’immaginazione del soggetto in trance, non può essere definita come totalmente virtuale. Quando il soggetto sotto ipnosi viene suggestionato ad immaginare stimoli percettivi, si attivano le stesse aree cerebrali che verrebbero attivate se la stimolazione fosse reale. Gli stimoli uditivi attiveranno il lobo temporale, quelli visivi il lobo occipitale (Perussia 2013).

Più di una ricerca ha dimostrato che è possibile per i soggetti ipnotizzati, ma non per il gruppo di controllo, apportare delle modificazioni alla loro temperatura corporea immaginando che parti del loro corpo si surriscaldino o si raffreddino (Herzfeld & Taub, 1980; Maslach, Marshall & Zimbardo, 1972; McGuirk, Fitzgerald, Friedmann, Oakley & Salmon, 1998).

Con la risonanza magnetica funzionale (fMRI) è stato messo in luce che il dolore indotto ipnoticamente attiva i circuiti cerebrali deputati all’elaborazione degli stimoli nocicettivi, mentre la semplice immaginazione non sortisce lo stesso effetto (Derbyshire, Whalley, Stenger & Oakley, 2004).

Per quanto riguarda l’induzione di movimenti sotto ipnosi, come per esempio la levitazione del braccio, è stato provato che vengono attivate, a livello cerebrale, le stesse aree che si attiverebbero se una forza estranea al soggetto causasse il movimento (Blakemore, Oakley & Frith, 2003). Questo conferma che i pazienti non fingono l’esperienza che stanno vivendo.

Uno studio (Marshall, Halligan, Fink, Wade, & Frackowiak, 1997) ha esaminato il caso di una donna colpita da un’inspiegabile paralisi alla gamba sinistra. Quando alla paziente veniva chiesto di muovere la gamba paralizzata si osservava tramite PET, l’attivazione della corteccia premotoria e del cervelletto. Questo suggeriva che la donna stava veramente tentando di muovere la gamba. Contemporanemente mancava però l’attivazione di un’altra area necessaria per l’azione motoria, ossia la corteccia sensomotoria primaria, ed era possibile osservare invece un’aumentata attivazione della corteccia cingolata anteriore e della corteccia orbitofrontale destra. Ciò suggerisce la presenza di un’inibizione inconscia dei movimenti volontari della gamba (Oakley, & Halligan, 2009).

Si è voluto in seguito indagare per scoprire se le suggestioni ipnotiche producessero le stesse attivazioni neurali di una paralisi da disturbo da conversione. Un uomo altamente ipnotizzabile è stato suggestionato affinchè la sua gamba sinistra si paralizzasse (Halligan, Athwal, Oakley, & Frackowiak, 2000).

Quando al paziente veniva chiesto di muovere la gamba egli non ne era in grado e si attivavano le stesse aree del cervello che si erano attivate nella paziente che soffriva di  disturbo da conversione. Questo risultato suggerisce che chi è in trance non finge la paralisi e sottolinea come l’ipnosi possa essere utilizzata per esplorare e probabilmente anche per trattare i sintomi da disturbo da conversione (Oakley, & Halligan, 2009).

Un altro studio (Ward, Oakley, Frackowiak, & Halligan, 2003) inoltre, ha paragonato l’attivazione cerebrale di soggetti altamente ipnotizzabili, durante il tentativo di muovere la gamba paralizzata sotto ipnosi e durante il tentativo di muovere la stessa fingendo che quest’ultima fosse paralizzata. La finta paralisi produce attivazioni di aree cerebrali diverse da quelle prodotte dalla paralisi causata dalla suggestione ipnotica.

Un fattore importante in tutti gli aspetti dell’attività cerebrale è il processo d’inibizione per cui segnali provenienti da un insieme di neuroni, possono smorzare l’attività di un altro gruppo neuronale. La corteccia cingolata anteriore è responsabile della modulazione della trasmissione neuronale dai lobi frontali verso altre aree del cervello, essa può ridurre l’inibizione di gruppi di neuroni e ciò comporta una diminuzione di consapevolezza da parte del soggetto riguardo alle attività avviate da lui. In altre parole, si presume che sotto ipnosi l’attivazione dell’ACC assieme al passaggio dalla predominanza emisferica frontale sinistra alla frontale destra, sia responsabile, oltre che delle allucinazioni, della perdita di consapevolezza da parte del soggetto di essere lui in prima persona a sollevare il suo braccio (Naish, 2010).

Gruzelier J. (2006), ha constatato un’inversione di dominanza emisferica sotto ipnosi, anche se l’ipnosi non è da considerarsi unicamente dovuta all’attivazione dell’emisfero non dominante. I lobi frontali sono entrambi coinvolti nell’induzione ipnotica. L’ipnosi non implica una loro disconnessione dal resto del SNC ma un’alterazione nella loro attività con un passaggio di predominanza da sinistra  a destra.

Tale inversione è, però, sempre in funzione sia del compito da eseguire (alcuni compiti prevedono l’attivazione di entrambi gli emisferi), che del livello d’ipnotizzabilità; infatti l’EEG dei soggetti maggiormente ipnotizzabili dimostra una loro maggior asimmetria emisferica sia quando sono in trance che quando non lo sono. Nei soggetti altamente ipnotizzabili è riscontrabile un focus d’attività soprattutto a livello dell’emisfero sinistro; questo focus d’attività però passa nell’emisfero destro non appena essi cadono in trance (Naish, 2010).

In quasi tutti gli studi sull’ipnosi effettuati tramite fRMI su soggetti in trance altamente ipnotizzabili, si riscontra oltre che un’inversione della dominanza emisferica, un aumento dell’attività della corteccia cingolata anteriore (Jamieson & Woody, 2007).

Studi condotti attraverso le tecniche di neuroimaging (Cojan, Waber, Schwartz, Rossier, Forster, & Vuilleumier 2009; Del Casale, Ferracuti, Rapinesi, Serata, Caltagirone, Savoja, Piacentino, Callovini, Manfredi, Sani, Kotzalidis, & Girardi, 2015; Egner, Jamieson, & Gruzelier, 2005; Faymonville, Laureys, Degueldre, Del Fiore, Luxen, Franck, Lamy, & Maquet, 2000; Maquet, Faymonville, Degueldre, Delfiore, Franck, Luxen,  & Lamy, 1999; Rainville, Hofbauer, Bushnell, Duncan, & Price, 2002) hanno contribuito a creare una mappa delle regioni d’interesse (ROI) del cervello durante l’ipnosi di default o neutrale, cioè in assenza di specifiche suggestioni. Le regioni cerebrali che si attivano durante la trance includono la corteccia occipitale (coinvolta nel processo di visualizzazione, fondamentale sia durante l’induzione della trance che durante tutta l’esperienza ipnotica), il talamo, la corteccia cingolata anteriore (ACC), la corteccia parietale inferiore, il precuneo (coinvolto in varie funzioni tra cui l’immaginazione e la coscienza di se stessi), la corteccia prefrontale dorsolaterale (De Benedittis, 2015).

L’ipnosi è un processo che altera l’organizzazione funzionale del cervello, e che dipende dalle differenze individuali a livello di funzionalità del SNC. La ricerca sottolinea, infatti, come esista una reale differenza, dimostrabile a livello di funzionamento di aree cerebrali, tra soggetti scarsamente ipnotizzabili e soggetti ipnotizzabili più profondamente (Crawford, 1996; Crawford & Gruzelier, 1992).

Uno studio recente (Hoeft, Gabrieli, Whitfield-Gabrieli, Haas,  Bammer, Menon, & Spiegel, 2012) ha dimostrato che le persone con un alto livello d’ipnotizzabilità presentano maggiore connettività funzionale tra la corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra, deputata al controllo esecutivo, e le regioni del cervello che fanno parte del circuito della salienza, ossia la corteccia cingolata anteriore dorsale (dACC), l’insula anteriore, l’amigdala e il corpo striato ventrale, regioni coinvolte nel rilevamento, integrazione e filtraggio dell’informazione somatica, autonoma ed emozionale.

Granone nel 1983, sottolineava come i soggetti maggiormente ipnotizzabili fossero quelli in cui vi era un’iperattività della zona diencefalo-mesencefalica, responsabili dell’inibizione di alcune zone corticali, in particolare frontali, e del conseguente restringimento della coscienza. Vent’anni più tardi, nel 2003, Dietrich, rifacendosi ad una serie di studi neurologici, sottolineava come tutti gli stati alterati di coscienza, dal sogno, alla meditazione, a quelli indotti da farmaci fino all’ipnosi, vedessero come loro causa principale, anche se non unica, una disregolazione della corteccia prefrontale e delle strutture sottocorticali.

I soggetti altamente ipnotizzabili presentano una maggiore flessibilità cognitiva rispetto ai soggetti scarsamente ipnotizzabili, cioè una maggiore capacità adattiva di modificare le loro strategie cognitive (Crawford, 1994; Crawford, & Gruzelier, 1992).

Questa maggior flessibilità cognitiva nei soggetti altamente ipnotizzabili è associata sia alla corteccia fronto-limbica che a quella temporale che fanno parte del sistema di supervisione dei meccanismi attentivi (Crawford, 2001)

L’ipnotizzabilità in soggetti altamente e scarsamene ipnotizzabili, è associata con la diversa attività cerebrale legata ai processi attentivi al di fuori dell’ipnosi. I soggetti altamente ipnotizzabili dimostrano quando non sono sotto ipnosi, una maggiore flessibilità nel focalizzare l’attenzione selettivamente e ciò determina la maggiore capacità di dissociazione durante la trance (Cojan, Pigue, & Vuilleumier 2015).

I soggetti altamente ipnotizzabile grazie alla loro capacità di rifocalizzazione dell’attenzione, possono facilmente ignorare gli stimoli ambientali irrilevanti e spostare l’attenzione dagli stimoli nocicettivi (Crawford, 1994).

Grazie al professor De Benedettis (2008) è oggi possibile misurare il livello di profondità ipnotica raggiunto da un soggetto, a tal proposito vengono utilizzati l’analisi bispettrale e il Bis Index. L’analisi bispettrale è una tecnica di elaborazione del segnale EEG che usata congiuntamente ad altre tecniche di elaborazione dello stesso, permette di ricavare un indice bispettrale, il BIS Index, in grado di misurare la profondità della trance (De Benedittis, 2008).

Il BIS Index è un numero compreso tra 100 e 0, e si usa per valutare il livello di sedazione del paziente sotto anestesia. Il valore 100 indica che il paziente è completamente sveglio, 0 indica il completo silenzio elettrico.

Nei soggetti ipnotizzati il BIS Index è significativamente ridotto. Esiste una correlazione significativa tra BIS Index  e il SHSS Scale, form A e tra il BIS Index  e la  profondità della trance valutata soggettivamente dal paziente tramite scala di autovalutazione.

Se il Bis Index presenta un valore inferiore a 60, il paziente in sala operatoria è anestetizzato. Esiste un range compreso tra 77 e 92 in cui il paziente risulta essere in trance. Questo intervallo di valori, che permette di sapere quanto profonda è la trance di un soggetto, viene denominato zona ipnotica, e risulta essere completamente diversa da altri stati di coscienza come la veglia, il sonno o l’anestesia (Valerio & Mammini, 2009).

Grazie all’analisi bispettrale e al BIS index, sono stati condotti due studi, il primo da De Benedittis (2008) e un secondo da Valerio e Mammini (2009) con l’intento di valutare le differenze nell’abilità di modulazione cognitivo/percettiva ed emotiva nei soggetti sotto ipnosi e durante lo stato di veglia. Come si era ipotizzato i soggetti in trance dimostrano un’abilità maggiore nella modulazione cognitivo/percettiva relativa a stimoli nocicettivi e nella modulazione delle emozioni, per esempio durante la visualizzazione di un evento stressante recente.

Valerio e Mammini (2009) hanno evidenziato che stratificando il campione dei soggetti sotto ipnosi, quelli altamente ipnotizzabili risultavano modulare più efficacemente sia lo stimolo cognitivo/percettivo (che nell’esperimento consisteva in suggestione di analgesia da freddo mentre veniva effettuata una puntura sul dorso di una mano) che quello emotivo (che nell’esperimento era determinato dalla visualizzazione di un evento stressante recente che il paziente era invitato a scegliere liberamente). Gli individui scarsamente ipnotizzabili, invece, non si discostavano nella modulazione degli stimoli da quelli in stato di veglia. L’attenzione focalizzata riesce a competere sia con il dolore che con l’arousal emotivo. Dall’esperimento di Valerio e Mammini (2009) è emerso anche un altro risultato significativo; alcune persone, al di là del loro grado d’ipnotizzabilità, sono maggiormente in grado di modulare il dolore rispetto alle emozioni, e viceversa. Questo è di notevole interesse, perché una volta identificata la strategia preferenziale di un soggetto, sia essa percettivo/cognitiva o emotiva, è possibile utilizzarla per personalizzare le suggestioni terapeutiche ai fini della cura.

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