I drammatici effetti psicopatologici di un’infanzia infelice

Articolo di Maria Tagliaferri

La tesi propone la possibile relazione esistente tra un’infanzia infelice e lo sviluppo di una psicopatologia, in particolar modo i disturbi di personalità, in età adulta.

Si intende pertanto partire dall’assunto che bambini costretti a vivere in condizioni drammatiche e a subire maltrattamenti ed abusi, fisici e psicologici, sia la base per elaborare un quadro realistico della possibile origine di un disturbo di personalità.

La scelta dei libri di Luigi Cancrini, L’oceano borderline e La cura delle infanzie infelici, come fonte privilegiata di indagine è da attribuirsi alla natura stessa di questo tipo di testi, che trovano nel magistrale lavoro del Professore una significativa sintesi tra la particolare forma di un’infanzia infelice e uno specifico disturbo di personalità.

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La correlazione, però, tra le vicende traumatiche infantili e la psicopatologia dell’adulto, non deve essere considerata come un’inevitabile conseguenza, infatti è sempre possibile curare il bambino attraverso la combinazione di un intervento di tipo sociale/giudiziario, che consenta di modificare stabilmente le condizioni di vita del piccolo, permettendogli così di instaurare una relazione nutritiva, benevola e protettiva con una nuova figura di accudimento, e un’appropriata psicoterapia, attraverso la quale il bambino possa elaborare i traumi vissuti con il precedente caregiver.

Lo studio della teoria dell’attaccamento di John Bowlby permette, inoltre, di analizzare i pattern di attaccamento come possibili precursori dei disturbi di personalità, ciò anche attraverso i contributi di Mary Ainsworth, di Mary Main, di Peter Fonagy e Mary Target, i quali hanno sentito il bisogno di ampliare i concetti fondamentali della teoria attraverso una serie di ricerche sugli esiti psicopatologici degli stili di attaccamento non sani.

Da questa serie di studi è derivato un assunto molto importante, ossia quello della continuità tra lo stato della mente del genitore e il pattern di attaccamano del figlio. Questi bambini, maltrattati e abusati, una volta adulti possono diventare loro stessi genitori e correre così il rischio di mettere in atto condotte maltrattanti e abusanti. Da ciò è facile desumere quanto sia forte il peso delle esperienze traumatiche dell’infanzie sulla patologia adulta. Lavorare con le infanzie infelici significa preparare i futuri adulti a non rimettere in moto l’infelicità vissuta dai loro caregiver e, quindi, ad evitare loro di diventare futuri criminali, tossicodipendenti, pazienti con disturbi alimentati, emarginati, etc. ossia tutte quelle condizioni che prevedono un funzionamento borderline della mente.

Il tema proposto possiede notevole capacità di sviluppo e approfondimento in quanto, nonostante il maltrattamento e l’abuso siano, sfortunatamente, un aspetto della nostra società tutt’altro che raro, ancora oggi è necessario porre l’accento sull’importanza di promuovere politiche e interventi di ordine giuridico, psicologico, medico, sociologico, educativo, etc. che possano aiutare questi bambini che vivono esperienze difficili e a cui, molto spesso, non viene data voce ma, anzi, vengono lasciati sempre più soli.

È un tema complesso che interessa zone e culture di ogni genere, che riguarda persone appartenenti a qualsiasi ceto sociale e che si concretizza, soprattutto, all’interno delle mura domestiche e che vede, molto spesso, come aggressori i genitori delle piccole vittime.

La seguente tesi è stata strutturata in quattro capitoli, in ognuno dei quali sono stati analizzati, in maniera approfondita, una serie di temi collegati all’argomento principale.

Nel corso del primo capitolo, vengono trattate brevemente le principali teorie che hanno contribuito allo studio sulla personalità; sono analizzati i meccanismi di difesa in relazione ai livelli di funzionamento della mente; viene esposto il contributo di Otto Kernberg, sulla nuova organizzazione di personalità borderline. Al pensiero di Kernberg si collega Cancrini, che ne apporta un sostanziale cambiamento, sostituendo il termine struttura con quello di funzionamento borderline, proprio per non escludere ma sottolineare la reversibilità del disturbo. Nell’ultima parte di questo capitolo viene presentata la teoria dell’attaccamento di John Bowlby e i contributi di Mary Ainsworth, di Mary Main, di Peter Fonagy e Mary Target. Inoltre viene proposto lo studio di Aaron T. Beck, Arthur Freeman, Roberto Lorenzini e Sandra Sassaroli sul rapporto tra schemi di attaccamento, stili cognitivi e disturbi di personalità.

Nel secondo capitolo vengono esposti i disturbi di personalità secondo i due approcci presenti nel DSM-5, categoriale e dimensionale. Inoltre, per alcuni disturbi sono proposte delle teorie per l’analisi degli stessi, ad esempio la teoria di Marsha Linehan per il disturbo borderline di personalità o le teorie di Owens Gabbard, Herbert Rosenfeld, Theodore Millon e Heinz Kohut per il disturbo narcisistico di personalità.

Il terzo capitolo esamina le infanzie infelici dei futuri soggetti borderline, antisociale, paranoide, schizotipico, narcisista, istrionico, ossessivo-compulsivo, evitante, schizoide, dipendente, passivo-aggressivo e con disturbo dissociativo dell’identità, mettendo in evidenza gli elementi principali che descrivono ogni situazione; ovviamente i contesto esaminati sono, tra di loro, tutti diversi, ciò che li accomuna è la loro capacità di innescare molteplici forme di funzionamento borderline della mente.

L’ultimo capitolo si apre con la descrizione del ciclo vitale del sintomo, attraverso l’analisi del contesto in cui esso si manifesta. In seguito, vengono presi in considerazione i rischi sullo sviluppo di quei bambini che vivono in condizioni disagiate e, contemporaneamente, non vengono curati. Successivamente viene sottolineato il fatto che non è sufficiente vivere in un ambiente ostile per far sì che il bambino diventi infelice, quello che nuoce gravemente alla sua salute mentale è vivere queste condizioni di sofferenza in completa solitudine. Infine vengono analizzati i fattori protettivi, la resilienza e la cura.

 

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