Fritz Perls e la Psicoanalisi: Perls contro Freud
E’ evidente che la terapia della Gestalt è una figlia della psicoanalisi ma è una creatura ribelle che ha ereditato la ribellione di Perls contro Freud. Perls ha seguito quattro psicoanalisi successive, tutte in condizioni inusuali:
- Con Karen Horney durata solo un anno
- Con Clara Happel, bruscamente interrotta
- Con Eugen Harnick durata più a lungo ma questi era passivo fino al paradosso
- Con Wihelm Reich che, al contrario, tendeva ad intervenire particolarmente spesso ed era sempre meno ortodosso.
E’ importante sottolineare inoltre l’influenza indiretta di Ferenczi, soprattutto della sua tecnica attiva e dei suoi calorosi interventi fisici.
Nel complesso occorre evidenziare che Perls non ha vissuto un’esperienza “classica” tradizionale della psicoanalisi, e ciò malgrado i suoi 6 anni di analisi e di formazione e i suoi 23 anni di pratica come psicoanalista. Perls critica soprattutto l’idea caricaturale che egli stesso si è formato della psicoanalisi e nella quale molti analisti contemporanei non si riconoscono affatto. Ma è anche vero che Perls, come tutti gli innovatori, doveva far riconoscere la specificità del suo metodo e non ci si afferma che opponendosi.
Perls contesta un gran numero di punti fondamentali tanto della teoria che della tecnica freudiana ortodossa: l’inconscio, il primato della sessualità infantile, l’angoscia di castrazione, la benevola neutralità ecc.ecc.
L’inconscio
Perls non nega l’inconscio egli propone semplicemente di accostarsi ad esso in maniere differenti dalle associazioni verbali o dal sogno, e precisamente attraverso l’ascolto del corpo, delle sensazioni e delle emozioni. Perls ritiene che l’osservazione attenta dei fenomeni di superficie attuali possa consentirci di apprendere tanto quanto i lenti scavi archeologici che tendono a riesumare pseudo ricordi d’infanzia.
La nevrosi
Perls attribuisce grande importanza ai bisogni fisiologici orali e cutanei, fondamentali per la sopravvivenza individuale e precedenti alla pulsione sessuale propriamente detta. Secondo lui la nevrosi è conseguenza di un sommarsi di “gestalt incompiute”, vale a dire di bisogni interrotti o non soddisfatti piuttosto che di desideri proibiti dalla società o rimossi dalla censura del superio e dell’io; la nevrosi nascerebbe quindi da un conflitto tra l’organismo e il suo ambiente ed è per questo che essa è individuabile soprattutto al confine-contatto tra individuo e ambiente.
Il transfert
La deliberata trasformazione del transfert spontaneo del cliente in nevrosi di transfert sembra a Perls una elucubrazione inutile e pericolosa. Essa contribuisce ad allungare la cura, inducendo una eccessiva dipendenza che può alienare il cliente per anni e anni, impedendogli di assumere decisioni importanti per la sua vita quotidiana. Le interferenze con il transfert non sono negate ma messe a fuoco a mano a mano e il transfert non costituisce il motore della terapia; quindi è la strategia terapeutica che cambia.
Come e adesso
Qualsiasi ricerca esplicativa delle cause di un disturbo nei traumi infantili appariva a Perls come capace di costituire una giustificazione difensiva che rinforza la nevrosi piuttosto che combatterla. “L’interpretazione fa da nutrice al sintomo”.
Un’analisi attenta della maniera in cui il disturbo si manifesta oggi e degli eventuali benefici secondari che esso mi procura può incoraggiarmi a rinunciarvi più facilmente.
Psicoterapia individuale e di gruppo
In analisi può accadere che la relazione verbale duale, che si attua nel segreto dello studio, consenta lo sviluppo di razionalizzazioni morbose o anche l’evocazione di fantasmi e ciò senza alcun confronto con la realtà esterna. Ad esempio posso percepirmi come seduttore intraprendente laddove in una situazione di gruppo in cui è implicata la relazione potrebbero comparire rapidamente dei miei tratti assai differenti. Non è raro che la parola sia evidentemente divergente rispetto al comportamento gestuale e sociale.
La neutralità benevola
In realtà lo psicoanalista non è mai neutro, il cliente percepisce intuitivamente i suoi sentimenti profondi, anche quando siano controllati e il cliente cerca, inconsciamente, di soddisfare le aspettative del suo terapeuta (che sente o che proietta su di lui).
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