Intervista strutturata, semistrutturata e non strutturata nella selezione del personale
Intervista di selezione strutturata, semistrutturata e non strutturata
Valeria Bafera
Se l’obiettivo primario del selezionatore è quello di predisporre uno strumento valido ed efficace per ottenere il maggior numero di informazioni possibile per ciascun candidato, tale da procedere ad una valutazione valida ed omogenea, la necessità di strutturare il colloquio/intervista di selezione deriva proprio dalla complessità di questo processo. L’elaborazione di uno schema d’intervista consente, infatti, di concentrare le domande sui requisiti della posizione, evitando di disperdersi in questioni non strettamente connesse al job e operando un confronto omogeneo fra tutti i candidati (Minelli, 2007). Pertanto sembra opportuno analizzare brevemente gli elementi strutturali che caratterizzano un colloquio di selezione, in quanto ne possono influenzare sia le modalità comunicative che i risultati finali.
Dal punto di vista tassonomico generale, possiamo distinguere diversi tipi di colloqui/interviste di selezione, a seconda dei diversi scopi e finalità del processo selettivo; questa distinzione può essere eseguita sulla base di diversi criteri.
Un primo criterio riguarda il grado di strutturazione (Argentero, 2001): ogni intervista può essere collocata lungo un continuum che va da un massimo grado di non strutturazione a un massimo grado di strutturazione, con un punto intermedio di semi-strutturazione; la distinzione avviene in base alla pianificazione, direttività, comunicazione, flessibilità, ai tempi e alla standardizzazione.
Il colloquio in stile libero, non strutturato, si caratterizza per una bassa pianificazione degli obiettivi che s’intendono raggiungere e per un basso controllo esercitato dall’intervistatore sull’interazione. Alla persona da selezionare viene lasciato ampio spazio di autogestione del colloquio (assenza di tempi prefissati), benché il selezionatore possa riservarsi di fare qualche domanda o chiedere alcune precisazioni (Gandolfi, 2003).
Può prendere in considerazione aspetti del curriculum vitae o delle esperienze professionali, formative del candidato, il quale è incoraggiato a condurre la discussione e a parlare liberamente riguardo determinati argomenti. Pertanto se per l’esaminando sostenere questo tipo di colloquio può risultare vantaggioso perché si sentirebbe maggiormente a proprio agio, per l’intervistatore il vantaggio consiste nella possibilità di concentrarsi più nell’ascolto, nella valutazione della risposta piuttosto che nella formulazione delle domande.
Tuttavia, proprio perché non richiede una particolare preparazione, in ambito lavorativo essa potrebbe risultare uno strumento inefficace sia per la modalità di conduzione che per la validità del risultato cui perviene: basandosi esclusivamente sulle percezioni degli intervistatori (che possono essere distorte) non permette, infatti, una corretta comparazione tra i diversi soggetti, risultando di conseguenza inconsistente (Minelli, 2007).
Il colloquio semi-strutturato, a sua volta, è caratterizzato da un certo grado di strutturazione, un compromesso tra un’intervista strutturata e un’intervista libera. Si definisce tale proprio perché l’intervistatore individua a monte le aree da esplorare, ma lascia libero l’intervistato di procedere secondo l’ordine e le modalità che preferisce (De Carlo, 2002). Al suo interno si coniugano pianificazione e flessibilità, in cui si alternano momenti di domande prefissate a momenti dipendenti dai singoli interlocutori; da qui si può evincere il suo maggior utilizzo rispetto ad altre tipologie, in quanto oltre a rendere possibile una valutazione dell’intervistato, dà a questi la possibilità di interagire attivamente ponendo domande, quindi di chiarire le sue aspettative in merito alla futura mansione lavorativa (Argentero, 2001).
Infine, un colloquio strutturato consiste nel rivolgere domande standardizzate e strutturate a tutti i candidati, attenuando la possibilità che l’intervistatore si discosti dallo schema prefissato; il risultato, dunque, è quello di ingabbiare sia selezionatore che candidato all’interno di una griglia di intervista. Ciò rende più facile raggruppare, valutare e analizzare le risposte dei soggetti aumentandone l’attendibilità, in quanto è possibile ottenere gli stessi risultati se l’intervista si ripete. In genere viene indicata per svolgere ricerche mirate, per esempio quando s’intende cercare venditori di specifiche tipologie di beni strumentali (Gandolfi, 2003).
Questa è un tipo d’intervista molto utilizzata perché, oltre alle domande, è possibile predeterminare giudizi tramite scale di punteggio e liste di controllo; alla base vi è, infatti, un’attenta analisi del lavoro che consente di stabilire una corrispondenza tra domande, giudizi e dimensioni lavorative rilevanti, così da ridurre il rischio di raccogliere informazioni superficiali o di farsi influenzare nel processo di valutazione (Cook, 1998).
Le ricerche condotte sull’intervista come strumento di selezione hanno spesso evidenziato delle gravi carenze di tale metodo per ciò che concerne la sua validità e la sua attendibilità, individuando nell’eccessiva variabilità di comportamento degli esaminatori (riguardo al tipo di domande, alla valutazione da dare alle risposte, ai tempi d’intervista, ecc.), uno dei suoi limiti principali. La soluzione per ridurre queste disparità e ottenere un confronto oggettivo, è stata proprio l’intervista strutturata, ovvero quella di condurre il colloquio secondo linee già prefissate alle quale attenersi, tanto da rivelarsi un indice di validità comparabile a quello dei test psicologici (Argentero, 2001).
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