cardiologo psichiatra

La collaborazione tra cardiologo e psichiatra è importante

Questo articolo di Daniela Moschetto parla del contributo che gli psichiatri possono dare in cardiologia, laddove il paziente abbia manifestazioni di interesse psichiatrico

Come collaborano cardiologo e psichiatra

Ad oggi vi è una stabile collaborazione tra la figura di cardiologo e psichiatra, in quanto si è riconosciuto il grado di sofferenza psichica connessa alla patologia cardiaca.

Il cardiologo risulta essere la prima figura che invita il paziente alla consulenza psichiatrica di fronte alle richieste di aiuto. La consulenza psichiatrica richiede buoni propositi costruttivi, di cooperazione al paziente. Spesso l’imbarazzo nel richiedere una consulenza psichiatrica, per via forse dei fantasmi legati ai manicomi, può soffocare tale incontro incrementando l’angoscia, la rabbia, la frustrazione, il disagio e la sofferenza legati alla situazione. Qui accade che nella richiesta d’aiuto spontanea si manifesti una maggiore collaborazione del paziente, anche se ciò evidenzia l’aspetto non motivante da parte del cardiologo al colloquio psichiatrico .

L’integrazione tra professioni diverse è fondamentale per sostenere a pieno il paziente

Come suggerisce Wulleimier (1973) molto costruttivo è il colloquio a tre: medico internista, paziente e psichiatra. Questo è occasione di chiarimenti e premessa per l’impostazione di un buon lavoro terapeutico.

Perché le emozioni possono aiutare il paziente ad affrontare la malattia

Molti sono i problemi di ordine emotivo che coinvolgono i medici e il personale sanitario.

L’emotività può inficiare sull’obbiettività dell’informazione, questo ad esempio si manifesta nell’esprimere il rischio di mortalità dell’operazione chirurgica Altro elemento è un comportamento freddo e distaccato verso il paziente che non permette l’instaurarsi di un rapporto empatico, rassicurante e di fiducia o il suo esatto opposto, ovvero un atteggiamento troppo coinvolto che non consente di discernere i ruoli e che crea dipendenza e si esprime in una forma “malata” di maternage tale da condizionare perfino la professionalità medica.

A volte il coinvolgimento può indurre alla non osservanza delle regole e dei confini etici. Altre reazioni mediche sono quelle di onnipotenza o di aggressività nei confronti del paziente e della famiglia (Pavan, Pierri, 1978).

Molierè afferma che “Niente è più ridicolo di un uomo che pretenda di guarire un altro”.

 

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