La Definizione di Vittimologia Criminale
Articolo di Francesca Federica Falcone
La storia della criminologia e della sua nascita brevemente esposta sin qui, dimostra come l’attenzione verta principalmente sull’autore del reato, ponendo in ombra l’altro “protagonista” del fatto: la vittima (sopravvissuta o meno). Proprio negli anni ’50 venne posta tale problematica negli Stati Uniti, alla luce della determinazione del c.d. numero oscuro individuato come il rapporto tra il numero di reati denunciati e il numero di reati effettivamente commessi. Non esisteva però un’unità di grandezza che esprimesse tale numero, cosi cominciarono ad essere effettuate delle ricerche che vennero denominate “indagini sul campo” consistenti in dei questionari anonimi ritenuti il sistema più efficace per trovare la dimensione reale della criminalità. Le domande venivano poste sia ai criminali ( se avessero commesso reato e quali tipi di reato) che ai cittadini ( se fossero stati vittima di reato e si quale reato).
I risultati dei questionari fecero risaltare che in determinati reati le vittime presentavano simili caratteristiche sia fisiche che psichiche e sociali. Nascono cosi le c.d. inchieste di vittimizzazione e si cominciano a delineare quelle che poi saranno identificate come predisposizioni vittimogene. Si concentra, per la prima volta dunque, l’attenzione sull’altro soggetto del reato comportando in consecutio l’individuazione della diade autore vittima, come la definì il professore G. Gulotta (1976), quale oggetto di studio della criminologia.
A seguito delle inchieste di vittimizzazione si cerco nel 1989 in Gran Bretagna di raccogliere informazioni a livello più vasto, quindi su diversi campioni, pertanto venne creata l’ International Crime Victimization Survey (ICVS) in cui venne inclusa anche l’Italia. Attualmente esso raccoglie dati sulla vittimizzazione in 56 paesi prendendo in considerazione diverse tipologie di reato e le caratteristiche economiche e sociali di tali paesi, nonché di eventuali difformità legislative. A livello nazionale vanno certamente citati i National Victimization Surveys delle indagini che includono informazioni a livello locale e regionale. Particolare attenzione si pone anche su indagini specifiche forme di vittimizzazione come “l’European Union Minorities and Discrimination Survey” e la “Violence against woman in Europe” le quali si occupano di reati contro i minori e le donne, purtroppo in aumento. Condurre un’analisi vittimologica significa partire da una domanda fondamentale “Who was the victim and what was going on his or her life at the moment of the event?”(Gerberth) la quale esprime sinteticamente ciò di cui si occupa la vittimologia. Lo studio della vittima del reato però comprende una valutazione in toto di tutte le informazioni significative in relazione al soggetto: personalità, impiego, educazione, amici, hobbies, stato civile, relazioni, sessualità, reputazione, storia di alcol o droga, condizioni fisiche e psichiche ecc. che costituiscono la sfera bio-psico-sociale della vittima ed in base ad esse valutare ad esempio il ruolo che la stessa ha avuto nella vicenda , il rapporto con il suo aggressore ed il contesto ambientale entro cui è avvenuta l’azione criminale. Oggetto di studio sono anche le conseguenze fisiche (i danni biologici subiti) e psichiche (traumi a breve, medio e lungo termine) dei soggetti sopravvissuti in un’ accezione ampia del termine che ricomprende non solo il diretto interessato, ma anche i suoi familiari.
Padre della vittimologia fu il dott. Von Henting, pedagogo polacco, che elaborò tre concetti base per la nascita della materia:
- Il criminale-vittima ( the doer-sufferer): ovvero i casi in cui vi è un rovesciamento del ruolo, il criminale diventa vittima del suo stesso reato,
- La candidata vittima ( the potential victim): secondo cui in alcune persone vi sarebbe una predisposizione a diventare vittime di reato,
- Il rapporto specifico tra criminale e vittima ( the subject-object relation): ciò che lega la vittima al criminale.
La denominazione “vittimologia” venne rivendicata da Mendelshon il quale sosteneva di aver coniato tale termine, inoltre egli ritenne indispensabile l’analisi del Wertham al quale si attribuisce l’introduzione della prospettiva sociologica e del concetto di deumanizzazione nei reati violenti. Nel 1957-1958 sarà Wolfgang a condurre degli studi in particolar modo sui reati di violenza carnale ed omicidio, alla fine dei quali elaborerà il c.d. principio di “precipitazione”: ovvero comportamenti messi in atto dalla vittima che possono essere qualificati secondo l’accezione giuridica della provocazione. Un concetto però sottoposto a numerose critiche, in quanto applicare tale principio ai reati di omicidio significherebbe in primis, deresponsabilizzare il reo ed in secundis colpevolizzare la vittima, in aderenza totale alla visione dell’autore del crimine, che attribuendo responsabilità alla vittima mette in atto quelle tecniche denominate di neutralizzazione o di disimpegno morale a cui il reo ricorre per minimizzare il danno arrecato e non provare sofferenza nel continuare a commettere delitti. È in questo clima che si percepisce l’importanza di un sistema penale in una prospettiva victim-oriented che tenda cioè non solo alla conoscenza della vittima ma anche alla prevenzione dei processi di vittimizzazione, di cui si parlerà più avanti.
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