La lingua può nascondere la verità, ma gli occhi mai
Articolo di Cecilia Marchese
Si dice che le bugie abbiano le gambe corte eppure il desiderio che muove verso la conoscenza del fatto e la ricerca della verità che si cela dietro ogni menzogna costituisce un elemento innegabilmente intrigante per chiunque: se ne sono occupati filosofi come Socrate, Kant, Nietzsche nel passato e continuano ad occuparsene oggi gli psicologi ed i ricercatori dei tempi moderni. «E da sempre, dal cavallo di Troia al bombardamento di Pearl Harbor siamo accaniti alla ricerca del quid capace di far scoprire la menzogna» (De Cataldo Neuburger, 2000, 338).
Esiste un metodo infallibile per scoprire la menzogna?
L’idea dietro i numerosi studi sull’argomento, ad alcuni dei quali si accennerà nella dissertazione, è quella che sia possibile rintracciare il comportamento menzognero attraverso l’osservazione di un soggetto in analisi: il suo corpo funzionerebbe da mediatore del messaggio falso e l’interpretazione, come la lettura di tale a più livelli, permetterebbe di svelare l’incognita dietro le parole.
L’espressione corporea è quindi l’oggetto di indagine delle numerose tecniche e degli strumenti sempre più all’avanguardia che la Psicologia, ed in particolare modo le Neuroscienze, hanno elaborato con crescente impegno nel corso degli anni al fine di sopperire ad una capacità piuttosto mediocre delle persone di individuare con certezza atteggiamenti falsi e di distinguere tra verità e menzogna.
Sembrerebbe possibile affermare che gli stati interni relativi all’atteggiamento sincero o falso di un individuo sono accompagnati da mutamenti misurabili che, sintomi di quegli stati di coscienza, possono servire da criterio diagnostico per gli stessi. Storicamente ci si è progressivamente mossi da un’indagine periferica del corpo ad una centrale: se prima rintracciare ed interpretare quelle attivazioni corporee (dall’aumento della sudorazione, al movimento di un micro-muscolo facciale o ad un più visibile movimento degli arti), che denotano la mancata corrispondenza tra il messaggio verbale (ciò che uno dice) e contenuto mentale corrispondente (ciò che uno pensa), equivaleva a comprendere quando ci trovavamo di fronte ad una menzogna, oggi, con le più moderne tecniche neuroscientifiche, si è giunti addirittura ad indagare i correlati neurologici responsabili dell’atteggiamento falso, a visionare cioè, con l’aiuto delle immagini, quelle aree cerebrali che si attivano durante la messa in atto di comportamenti menzogneri.
Di molte delle metodologie messe a punto fino ad oggi se ne servono il Diritto e l’investigazione criminale sia nella valutazione dei testimoni che in quella degli imputati; focus della nostra analisi è infatti sulle menzogne ad alto rischio (tipiche dei contesti forensi), delle quali una mancata o errata interpretazione potrebbe comportare rischi ben più elevati rispetto alle così dette white lies utilizzate in contesti a basso rischio.
Se bandire la menzogna dal quotidiano risulta un’ipotesi non solo innaturale ma anche ragionevolmente inverosimile, non deve altresì risultare utopico o tantomeno presuntuoso il progetto di dominarla – e quindi di escluderla – da tutti i casi in cui la pubblica sicurezza e rispetto delle legge ne risultino minacciati o compromessi.
Lavorare ad uno strumento che garantisca completa affidabilità del risultato (e quindi possibilità di scongiurare truffe, stragi o il
pericolo di una condanna ingiusta) vorrebbe dire compiere un passo verso la civilizzazione, la pace e la giustizia; ma i risultati delle ricerche confermano che ad oggi ci troviamo ancora in una situazione di stallo, condivisa anche da figure professionali (ufficiali di polizia, magistrati, psicologi etc.) che di mestiere dovrebbero essere in grado di scoprire chi mente.
Tecniche e tecnologie messe a punto fino ad oggi non sono scevre di limiti applicativi tanto che gli studiosi hanno continuato a ricercare anche sotto la spinta delle crescenti necessità investigative, di antiterrorismo e di sicurezza venutesi a creare dopo l’11
settembre e ad oggi, come noi tutti sappiamo, ancora estremamente indispensabili.
Nell’attuale, lo stato degli studi sull’argomento subisce un continuo perfezionamento. Sia dalla considerazione dell’importanza di una collaborazione costruttiva interdisciplinare tra le Scienze dell’uomo e le Scienze giuridiche, che della necessità di una valida formazione nella rilevazione del comportamento menzognero da parte di quelle figure professionali che incorrono nell’esigenza di
scongiurare menzogne nel loro lavoro, da magistrati ad investigatori, nasce questo lavoro; il seguente ha come obiettivo quello di chiarire e determinare, per quanto possibile, lo stato sulla questione, analizzandone non solo le origini ma determinando anche quali sono, ad oggi, le effettive ed eventuali applicazioni delle tecniche relativamente a quei contesti giuridici ed investigativi per i quali è più utile lavorare, sottolineandone quindi pregi e limiti ed accennando, in fine, ad una linea guida per una buona formazione professionale in questo campo; poiché l’impatto al livello sociale non potrebbe che essere estremamente rilevante.
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