La professione di psicologo: storia e deontologia
Qualche cenno sulla professione di psicologo (un articolo di Elisa Spisni)
Gli studenti di psicologia (Crocetti, Cucino, Maiorano, Stampa 2008) non studiano approfonditamente le norme fondamentali che regolano l’esercizio della professione, in quanto tutti i corsi di laurea hanno uno scarso contenuto giuridico e sono orientati allo svolgimento di incarichi che comporteranno l’assunzione di responsabilità verso i clienti, i committenti e la società in generale, questo vale per tutte le professioni quali medici, economisti ecc.
In realtà però gli psicologi hanno impegni professionali che richiederebbero una conoscenza della legge approfondita per assumere in modo consapevole e responsabile decisioni importanti sia di diritto civile sia di diritto penale: se per es., si pensa alla complessità e alla delicatezza dell’intervento degli psicologi nei casi in cui sono coinvolti dei minorenni, o disabili, o persone potenzialmente pericolose, o altri, per i quali sono necessarie accortezze a salvaguardia della salute, della vita stessa, o di relazioni familiari, o di lavoro ecc.
L’incrocio tra la dimensione della riflessione etica generale e dell’ordinamento giuridico fa da cornice complessiva di ogni agire sociale e dell’operatività psicologica, queste tre dimensioni che sono indipendenti l’una dall’altra si incontrano e si sovrappongono dando origine ad ulteriori campi:
– Il campo della deontologia, in cui la riflessione etica si coniuga con il diritto, dando luogo ad una normativa specifica interna alla professione;
– Il campo delle norme che regolano l’esercizio delle professioni, nello specifico la L. 56/89;
– Il campo di definizione dei principi etici propri di ogni diverso orientamento teorico-tecnico della psicologia.
Queste tre dimensioni rappresentano lo spazio nel quale si colloca la particolare declinazione pratica dell’etica e delle competenze di ogni singolo psicologo, nel rispetto delle norme dello Stato e delle regole di funzionamento della comunità scientifico-professionale organizzata.
“La professione di psicologo è una professione intellettuale regolamentata. L’Ordine Professionale su delega dello Stato svolge una funzione di autogoverno finalizzata alla tutela dei diritti del cittadino utente/cliente. La deontologia costituisce pertanto parte fondante ed integrante dell’identità e della mission professionale. Si ribadisce quindi il primato della responsabilità etica professionale nel rapporto domanda-offerta anche in un contesto di libero mercato.” (3/07/2004 documento di sintesi e linee di sviluppo, Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi)
“La formazione universitaria, il titolo accademico, il tirocinio professionalizzante e il superamento dell’Esame di Stato sono prerequisiti per l’esercizio della professione di Psicologo” (3/07/2004 documento di sintesi e linee di sviluppo, Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi)
“La Psicoterapia è attività professionale riservata a psicologi e medici. Per gli Psicologi è legata al possesso di specializzazioni quadriennali post-laurea specialistica afferenti alle Facoltà di Psicologia o a Corsi di specializzazione privati riconosciuti dal MIUR.” (3/07/2004 documento di sintesi e linee di sviluppo, Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi)
La prima definizione formale della figura di psicologo (Sarchielli, Fraccaroli 2002) in ambito sanitario è del 1968 (L. 431/68 provvidenze per l’assistenza psichiatrica art. 2) e che solo dopo l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale del 1978 occorre attendere ancora un anno per ottenere un D.P.R. sullo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali (20/12/1979 n. 761) con il quale lo psicologo viene ufficialmente inserito nel ruolo sanitario. La normativa sul lavoro di psicologo si ha per la prima volta nel 1973, con un disegno di legge poi decaduto. Solo dopo lunghe discussioni si è arrivati all’attuale legge n. 56 del 18/02/1989 che definisce in termini molto generali la professione di psicologo. Anche a livello di formazione si hanno ritardi nel definire gli iter di studi specifici in psicologia. I primi corsi di Laurea in Psicologia sono avvenuti nell’anno accademico 1971/1972, prima di allora la preparazione era limitata a indirizzi e piani di studio individuali presso varie facoltà, a corsi di perfezionamento o scuole di specializzazione post laurea. L’incertezza di definizione e l’immagine sociale non chiara della figura professionale che stava emergendo comportò una certa difficoltà a caratterizzarsi al di fuori del mondo accademico, dove invece la psicologia come campo di ricerca scientifica ha una collocazione più precisa (Perussia, 1994).
La nascita di corsi di laurea specifici per la disciplina rappresenta uno dei momenti più qualificanti per l’affermarsi di una categoria di professionisti: gli psicologi, che prima di allora si erano formati nei modi più disparati. Un corso di Laurea specifico rappresenta l’occasione per costruire un’identità sociale e professionale.
La definizione legale dello psicologo (Sarchielli, Fraccaroli 2002) compare con l’ordinamento della professione di psicologo (D.P.R: n. 56 del 18/02/1989). Tuttavia questa legge non risolve tutte le incertezze sulla figura dello psicologo. E’ una definizione piuttosto generale: “La professione di psicologo comprende l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione, riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alla comunità. Comprende, altresì, le attività di sperimentazione, di ricerca e di didattica in tale ambito”. La legge ha previsto anche alcune norme transitorie relative all’Esame di Stato per l’abilitazione alla professione finalizzato all’iscrizione all’Ordine degli Psicologi. Nella definizione espressa nell’art. 1 c’è una forte assimilazione dell’agire psicologico a quello medico. Se non ci fossero specificati la tipologia di utenti e la specificazione di ambito sociale sarebbe facile usare il testo per qualsiasi altra professione sanitaria. Questa definizione rafforza inoltre gli equivoci sulla omogeneità del lavoro psicologico e il prevalere del lavoro clinico. Va bene per descrivere il lavoro dello psicologo che lavora negli ospedali, nei servizi dell’azienda sanitaria, per le tossicodipendenze, nei centri di riabilitazione, nei servizi sociali, in ambulatori e studi privati di consultazione e psicoterapia. Ma non descrive in modo preciso il lavoro dello psicologo in ambiti diversi come quello della comunicazione aziendale, della gestione delle risorse umane, del marketing, della formazione, della scuola, nelle telecomunicazioni ecc…
In data 3/07/2004 il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha approvato lo sviluppo di nuovi settori di specializzazione e applicazione.L’Ordine Professionale dovrà sostenere lo sviluppo dei nuovi settori di specializzazione e applicazione creando condizioni che favoriscano l’incontro della domanda e dell’offerta anche attraverso Protocolli di Intesa Istituzionale e attività promozionali di mercato. Vanno incentivati oltre i settori afferenti all’area clinica e sanitaria e all’area della psicologia del lavoro e delle organizzazioni i settori emergenti tra cui:
• Psicologia delle Emergenze
• Neuropsicologia e riabilitazione cognitiva
• Psicologia della salute e del benessere
• Psicologia del Turismo
• Psicologia dello Sport
• Psicologia Viaria
• Psicologia della Comunicazione
• Web usability e prestazioni psicologiche a distanza
• Psicologia della Formazione e formazione on-line
• Psicologia Scolastica e dell’Orientamento
• Psicologia di Comunità e di integrazione interculturale
• Psicologia Economica
• Psicologia Politica
• Psicologia Giuridica
• Psicologia Penitenziaria e Criminologia.
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