La Storia del Costrutto di Ansia Matematica

  • La Storia del Costrutto di Ansia Matematica

 

Nei seguenti sottoparagrafi sarà affrontato lo sviluppo del costrutto di ansia matematica e delle principali variabili ad essa correlate. Lo studio della storia del concetto ci aiuta a capire anche quali siano i principali vantaggi nella misurazione di questa variabile, ma anche i limiti che i ricercatori hanno incontrato durante la ricerca al fine di produrre una valutazione sempre più attenta del costrutto.

 

  • Le Origini del Costrutto: dalla Matemaphobia all’Ansia Matematica

 

Il primo interesse dei ricercatori nei confronti di questo costrutto nasce negli anni cinquanta con tre autori, il primo riferisce un aneddoto di un insegnante che commentava le sue difficoltà emozionali nei confronti della matematica (Gough, 1954), chiamata da Gough Matemaphobia ed un secondo riferimento di Dreger e Aiken (1957) che parla di “ansia numerica”.

Gli stessi autori sono i primi a proporsi di formulare test psicometrici di misurazione dell’ansia numerica aggiungendo tre item legati all’ansia matematica nella Taylor Manifest Anxiety Scale e rinominandola come Numerical Anxiety Scale. Inoltre, i due autori hanno formulato tre previsioni generali:

  • L’ansia matematica dovrebbe essere differente dall’ansia generale, sebbene ci sia una sovrapposizione di significati tra i due costrutti;
  • L’ansia matematica dovrebbe non essere correlata all’intelligenza generale; sebbene essa sia negativamente correlata con i punteggi quantitativi ai testi di quoziente intellettivo
  • Che ci sia una relazione inversa tra ansia matematica e performance matematica nel percorso accademico.

Queste tre ipotesi sono state poi confermate più volte dalla ricerca successiva (Hembree, 1990).

 

  • Anni Sessanta e Settanta: La Costruzione dei Primi Strumenti di Misura

 

Il vero salto di qualità nello studio dell’ansia matematica e degli affetti verso la matematica nasce negli anni Sessanta e Settanta, con la produzione di veri e propri strumenti di misura del costrutto.

Una ricerca di Zan, Brown, Evans e Hannula (2006) si è focalizzata sul ruolo degli affetti nell’educazione matematica. Gli affetti sono un interesse piuttosto recente nello studio dell’educazione matematica. Gli affetti sono spesso concettualizzati come qualcosa di distante dalla matematica, qualcosa di “altro” e non una parte di essa. Eppure, la storia recente ha sempre considerato che il ragionamento necessitasse la soppressione o quantomeno il controllo delle emozioni (Walkerdine, 1988). L’attenzione più forte verso il tema degli affetti nell’educazione matematica nasce attorno agli anni Sessanta e Settanta del Novecento con due costrutti: l’ansia matematica e l’atteggiamento verso la matematica. Gli studi programmatici sull’ansia matematica hanno costruito metodi e teorie applicati per testare l’ansia in psicologia (Reyes, 1984). La maggioranza degli studiosi ha assunto una relazione negativa tra i test d’ansia e la performance: l’ansia inibisce i processi cognitivi: ad es., il richiamo degli apprendimenti precedenti. Altri ricercatori hanno invece assunto che l’ansia matematica nasca da una precedente esperienza di scarsa performance. Gli studi sull’atteggiamenti verso la matematica erano invece maggiormente basati su due credenze: l’atteggiamento verso la matematica è legata al successo e agli esiti affettivi (come ad esempio il fatto che piaccia o meno la matematica). Così come per l’ansia matematica, il costrutto nasce da precedenti studi in altri settori. Gli atteggiamenti sono solitamente misurati tramite i questionari che usano tipicamente item con scala Likert. Alcuni di questi questionari, comunque, oltre ad includere item che misurassero la piacevolezza della matematica, comprendono anche item sull’ansia matematica e sulle credenze legate alla matematica e al sé. La scala più utilizzata in assoluto è la Mathematics Attitude Scales (Fennema and Sherman, 1976) che include scale separate su diversi valori (ad es., “Atteggiamento verso il Successo Matematico”), credenze (ad es., “matematica come dominio maschile”), Fiducia verso l’apprendimento matematico ed ansia matematica ed altre disposizioni verso il problem solving attivo (“Effectance Motivation”). Queste scale sono centrali per gli studi legati al femminismo focalizzate sull’aumento della partecipazione e la performance femminile.

La principale critica volta alla ricerca sugli atteggiamenti (Kulm, 1980; Leder, 1987) può essere generalizzata a tutta la ricerca sugli affetti di quel periodo storico

  1. La forza guidante in molta ricerca sembra essere maggiormente “la metodologia statistica piuttosto che la teoria” (McLeod, 1987); i ricercatori hanno dato raramente definizioni esplicite dei loro costrutti, lasciando spesso inferire la definizione dal tipo di strumento utilizzato. La mancanza di chiarezza concettuale è stata legata al fatto di portare strumenti e costrutti dalla psicologia classica, senza un elaborazione tematica legata all’educazione matematica. La definizione del costrutto è una delle parti fondanti di uno strumento di misura, e senza una chiara definizione del costrutto diventano problematiche le misure di validità del costrutto e dimensionalità del test.
  2. La meta-analisi di Ma e Kishor (1997) mette in luce chiaramente il bisogno di raffinare gli strumenti di misurazione utilizzati
  3. Anche quando il razionale di una ricerca sugli affetti in matematica si è basata sull’assunzione che migliorare gli affetti significa anche migliorar e il successo, la direzione di tale influenza non è chiara. Sebbene ci sia evidenza che gli affetti influenzano il comportamento è anche evidente che il comportamento influenza gli affetti. Nelle loro meta-analisi Ma e Kishor (1997) hanno concluso che la relazione causale dagli atteggiamenti matematici al successo è significativa, ma la dimensione dell’effetto (.08) è troppo piccola per essere considerata rilevante da un punto di vista pratico.
  4. Gli strumenti di misura esplicita dell’ansia matematica (questionari), soprattutto negli item overt, possono risentire di alcuni bias sistematici di valutazione, essi hanno certo una validità di facciata migliore, ma possono indurre il soggetto a risposte diverse, dovute a fattori culturali. Classicamente, i ragazzi, rispetto alle ragazze, ottengono punteggi medi più bassi di ansia. Questo potrebbe essere dovuto in parte al fatto che, su domande overt il soggetto di sesso maschile ammetta maggiormente o meno l’ansia. Gli strumenti di misura impliciti del costrutto sono tuttavia piuttosto recenti.
  5. La ricerca di Ma e Kishor (1997) ha fornito alcune evidenze incongruenti sul tema del genere: la correlazione tra il livello di piacevolezza della matematica e il successo è uguale per entrambi i generi, ma quando i sottocampioni appartenenti ai due generi vengono agglomerati si ottiene una correlazione minore. Altri studi hanno valutato il concetto di sé come parte dell’atteggiamento che indica una maggiore e più chiara differenza tra i generi. Per esempio una meta analisi sugli studi delle differenze di genere in matematica e performance (Frost et al., 1994) ha confermato che le studentesse hanno visto la matematica come dominio maschile meno rispetto ai maschi ed hanno una fiducia in se nell’affrontare la matematica (Leder, 1995) ed erano maggiormente inclini a soffrire di ansia matematica (Hembree, 1990).

È plausibile che la parte più informativa del lavoro in questa settore sia focalizzata nella descrizione delle differenze di genere e ha teso all’uso degli stessi strumenti, specialmente il Mathematics Attitude Scale di Fennema e Sherman (1976).

La mancanza di fondamenta teoriche e la conseguente difficoltà nell’interpretazione  e la comparazione di studi differente spiega in parte la minima attenzione che questi studi hanno ricevuto nella ricerca cognitiva, nello sviluppo del curriculum e del training degli insegnamenti all’interno dell’educazione matematica (McLeod, 1992).

 

  • Anni Ottanta: Il bisogno di una maggiore definizione del costrutto

 

Il bisogno di chiarificare le fondamenta teoriche è stato poi maggiormente sentito negli anni Ottanta nel contesto di ricerca sul problem solving matematico. La scoperta della relazione tra affetti e cognizioni nel problem solving (Norman, 1980; Silver, 1985) era supportata da due argomentazioni complementari. Primo, la descrizione delle attività, da importanti matematici come Hardy (1967), Hadamard a Poincarè è caratterizzata da una forte interazione tra aspetti cognitivi, metacognitivi ed emotivi. Secondo, il fallimento nel problem solving da parte di soggetti apparentemente in possesso delle risorse cognitive necessarie, suggerisce l’importanza della metacognizione (Schoenfeld, 1985), e conseguentemente l’investigazione dei fattori che influenza i processi di controllo.

Il testo Gli Affetti e Problem Solving Matematico (1989), curato da McLeod e Adams, rappresenta un punto di svolta nella ricerca sugli affetti nell’educazione matematica. Secondo la teoria delle emozioni sviluppata dallo psicologo George Mandler, i fattori emozionali sono studiati per interpretare il comportamento degli studenti coinvolti nel problem solving matematico. Data l’importanza ascritta al problem solving nell’attività matematica (Halmos, 1980), questo cambiamento sottolinea l’importanza degli affetti per l’educazione matematica in generale.

In questo periodo storico, nasce dunque un maggiore interesse nella definizione dei costrutti, nel chiarimento dei concetti, ma soprattutto verso una migliore analisi delle relazioni tra tali costrutti. È solo il chiarimento del costrutto a poter definire meglio quale sia il dominio dell’ansia matematica, e quali i correlati, gli antecedenti e i conseguenti. Inoltre, si diffonde maggiormente l’uso di strumenti di indagine qualitativi del costrutto (McLeod, 1987; Hart, 1989; Fennema, 1989). Metodi di indagine qualitativi e quantitativi non sono da considerare opposti e mutuamente escludentisi. Come scrive Attili (2003; p. 106) “l’utilizzo di metodi qualitativi non esclude una standardizzazione delle procedure di ricerca e la messa a punto di tecniche che eliminino distorsioni soggettive nella descrizione dei casi. Nasce così un interesse maggiore verso una visione “cognitivo-costruttivista” (Mandler, 1989; McLeod, 1989) che descrive i processi emozionali come seguono:

  • Una discrepanza tra le aspettative individuali e le richieste su un’attività in corso che porta ad un aumento dell’arousal viscerale;
  • L’arousal fisiologico, da un verso, e la valutazione della persona della situazione sull’altra, che porta alla costruzione di un emozione;
  • Sperimentare un emozione può portare ad una riduzione nella capacità conscia disponibile per il problem solving (perché il processo della costruzione emozionale in sé, secondo la visione cognitivo costruttivista richiede capacità conscia).

Questa particolare descrizione rende l’esperienza di un emozione essere qualcosa di negativo o debilitante, ma noi potremmo descrivere un simile processo anche per quanto concerne l’emersione di emozioni positive, come il piacere e la gioia. In generale, le emozioni sono più forti, più intense degli affetti nel modello precedente basato sugli atteggiamenti (Evans, 2000).

 

  • Dagli Anni Novanta ad oggi: La costruzione di una costellazione di variabili rilevanti per l’ansia matematica e la produzione delle prime meta-analisi

 

Gli anni novanta sono gli anni in cui si studiano le prime meta analisi sul tema ansia matematica, al fine di riassumere i principali legami con altre variabili, è inoltre un periodo in cui si costruisce una migliore concettualizzazione del concetto.

McLeod (1992) ha dato un importante contributo nella concettualizzazione del campo dell’ansia matematica, definendo una costellazione di variabili che ruotano attorno all’ansia matematica. Lui ha identificato tre concetti utilizzati nella ricerca: credenze, atteggiamenti ed emozioni, e li vede disposte in una dimensione di aumento della stabilità e decremento dell’intensità – con le emozioni come le più intense e le meno stabili, le credenze come le più stabili e meno intense, e gli atteggiamenti al centro. In seguito DeBellis e Goldin (1997) hanno aggiunto un quarto importante elemento: i valori, ma hanno argomento che i quattro tipi non sono più ordinati sull’asse stabilità/intensità.

Il lavoro di McLeod in particolare ha portato l’attenzione in un nuovo periodo di ricerca sugli affetti nell’educazione matematica.

La maggior parte lavori, tuttavia, fanno riferimento alle categorizzazioni di McLeod o di DeBellis-Goldin.

L’evidenza dell’interazione tra cognizione, metacognizione, affetti è data dalla ricerca sul problem solving proviene dalle neuroscienze (Damasio, 1996; LeDoux, 1998), che mette in luce la profonda relazione tra emozioni e processi decisionali. Attualmente, i ricercatori sull’educazione matematica stanno considerano l’applicazione delle recenti scoperte delle neuroscienze per informare la visione psicologica sugli affetti nel pensiero matematico (Schloglmann, 2002).

La metacognizione ha un ruolo fondamentale, essa rappresenta una cognizione sulla cognizione, una riflessione sul fenomeno cognitivo determinata dalla capacità dell’uomo di allontanarsi ed auto-osservare i proprio stati mentali. Ha un ruolo fondamentale nei processi di apprendimenti perché ci permette di conoscerli e dirigerli.

DI recente sono state intraprese due diverse direzioni nella ricerca. La prima ha mirato alla critica ed ha rivisto i concetti basilari di McLoed, l’altra “the other to break new ground”. Riguardo il costrutto di atteggiamento, la sua significativa nell’educazione matematica, il confronto tra differenti definizioni e suggerimenti su come integrare metodologie di ricerca quantitativa e qualitativa sono state discusse di recente (Ruffell, et al., 1998; Di Martino e Zan, 2001; Hannula 2002). Per quanto concerne le credenze, l’interesse continuo nelle credenze di insegnanti e studenti (Leder et al., 2002) si è allargato fino ad includere il concetto di credenze di autoefficacia (Philippou e Christou, 2002) e di autoregolazione.

L’emozione è stata utilizzata meno nella ricerca sull’educazione in matematica, ma non per questo esse sono meno importanti degli altri concetti finora descritti. Sia l’approccio “cognitivo-costruttivista” sia le intuizioni delle neuroscienze suggeriscono che l’esperienza ripetuta di un emozione pone le basi per più stabili atteggiamenti e credenze. Sebbene ci siano diversi approcci validi per l’educazione matematica c’è un certo grado di accordo. Le emozioni sono viste essere coinvolte in reazioni fisiologiche. Le emozioni impattano inoltre sull’elaborazione cognitiva delle emozioni in modi diversi: producono bias su attenzione e memoria ed attivano tendenze all’azione. Inoltre le emozioni sono viste come funzionale, hanno un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, nei suoi processi di fronteggiamento dello stress e nei suoi processi adattivi (Evans, 2000; DeBellis, Goldin, 2002).

I valori sono stati probabilmente i meno studiati all’interno della cornice di ricerca dell’educazione matematica. La discussione di ricerca principale è sul modo in cui i valori possono creare dei problemi riguardanti gli affetti (Bishop 2001), questi quattro concetti non coprono tutto il settore degli affetti. Alcune nuove ricerche si focalizzano su altri costrutti come la motivazione, l’umore e gli interessi.

Tra queste, la motivazione è il costrutto che ha ricevuto maggiore interesse  da parte degli psicologi.

I valori rappresentano probabilmente il costrutto meno studiati nell’educazione matematica. Comunque, la discussione procede sul focus della ricerca dei valori in matematica, e sul contributo che essi possono dare all’educazione matematica. Sicuramente, questi quattro fattori non coprono tutto il campo degli affetti in matematica. Altre ricerche si focalizzano sui concetti di motivazione, umore ed interesse, ma questi aspetti sono rimasti periferici rispetto agli interessi della ricerca.

Uno dei problemi più affrontati, invece, è sicuramente l’interrelazione tra affetti e cognizione.

Goldin e DeBellis interpretano l’affetto come un sistema rappresentazionale, parallelo al sistema cognitivo, che codifica informazioni importanti riguardanti il problem solving. Gli approcci socioculturali enfatizzano le basi sociali e l’organizzazione cognitivo-affettiva dell’esperienza. In particolare i sociocostruttivisti concettualizzano gli affetti come primariamente ancorati e definiti nel contesto sociale. Gli approcci discorsivi si focalizzano sulle pratiche sociali in cui l’attività prende luogo, e sul modo che le posizioni rese disponibili da queste pratiche abilitino o mettano in difficoltà il pensiero e le emozioni. Un altro modo di connettere affetti e cognizioni è quello di considerare i costrutti e i processi del sé e della self-regulation, come fattore determinante affetti e cognizioni. Alternativamente, gli affetti possono anche essere visti come oggetto della auto regolazione, che spinge il focus sui processi che regolano la generazione e lo sviluppo dei costrutti affettivi, come la motivazione. Gli approcci legati alla Embodied Cognition vedono mente e corpo come inestricabilmente legati.

Sebbene ci sia un attenzione intermittente agli approcci psicoanalitici tra i ricercatori dell’educazione matemetica (Tahta, 1993), questa cornice promette di fornire risorse distintive per studiare gli affetti.

In questo elaborato cercheremo di rispondere a due domande:

  • Quali dimensioni degli affetti sono più rilevanti per l’educazione matematica
  • Come è coinvolgo l’affetto nel modo di pensare e comportarsi in ambito matematico?

I sei approcci teorici principali nella spiegazione del contributo agli affetti in matematica sono:

  1. Valeri DeBellis e Goldin assumono che la nozione degli affetti come uno dei sistemi di rappresentazione interni all’individuo, introducono il concetto di meta-affetti, intimità matematica ed integrità matematica
  2. Marja Liisa Malmivuori propone un modello che si focalizza sui processi di autovalutazione e di autoregolazione, e gli aspetti dinamici di apprendimento della matematica.
  3. Markku S. Hannula concettualizza la motivazione come un potenziale diretto al comportamento attraverso i meccanismi di controllo dell’emozione, strutturati attraverso bisogni ed obiettivi. Discute inoltre sulla regolazione della motivazione
  4. Laurinda Brown e David Reid assumono che ci siano dei marcatori somatici come base emozionali del decision making, che consistono in emozioni interconnesse, sensazioni delle emozioni e pensiero.
  5. Peter Op’t Eynde, Erik DeCorte e Lieven Verschaffel considerano una prospettiva sociocostruttivista dell’apprendimento e delle emozioni, assumendo l’approccio del sistema di componenti che si riferisce alle emozioni come costituito dall’ interscambio dinamico di processi cognitivi, fisiologici e dei processi di motivazione in uno specifico contesto
  6. Jeff Evans, Candia Morgan e Anna Tsatsaroni , danno un ruolo centrale alla nozione di discorso considerando le emozioni come organizzate socialmente e plasmate dal potere delle relazioni. Loro traggono informazioni dalla semiotica sociale, dalle teorie del discorso pedagogico e dalla psicoanalisi, quindi discutono come il posizionamento degli individui influenzi l’esperienza emozionale e l’espressione

di Elisa Spisni

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