Le drammatiche conseguenze dell’abuso sessuale minorile

IL DISAGIO EMOTIVO CAUSATO DAGLI ABUSI

Articolo di Alessia Chirico

Il disagio emotivo conseguente all’esperienza traumatica dell’abuso è espresso dal bambino-vittima attraverso vari sintomi che, molto spesso, sopperiscono alla mancanza di una denuncia o alla difficoltà di raccontare l’accaduto.

I disturbi che ne derivano possono essere classificati in questo modo:

  • a) somatici;
  • b) psicosomatici;
  • c) psichiatrici;
  • d) turbe del comportamento;
  • e) sviluppo di perversioni.

Le psicopatologie che si riscontrano più frequentemente nei bambini abusati comprendono: disturbi del ritmo del sonno, delle funzioni alimentari e sfinteriche, disturbi del comportamento e perversioni, fino addirittura a determinare uno scompenso psicotico o dei disturbi di personalità di tipo borderline. Tuttavia, lo sviluppo di una psicopatologia non è dovuto all’abuso in sé, quanto piuttosto ai meccanismi di difesa messi in atto dal bambino per evitare il disagio. I bambini abusati vivono il contesto dell’abuso come fosse la normalità, a cui non reagiscono con sentimenti di rabbia, ma con un profondo senso di colpa primario (Neumann, 1963) perché anormale e cattivo, e per questo motivo non è degno di essere amato. Nonostante questi forti sentimenti, il bambino non può permettersi di esprimerli, e per questa ragione mette in atto dei rigidi meccanismi di difesa affinché gli assicurino protezione dalla gamma di sentimenti che prova e, soprattutto, affinché non intacchino l’immagine dei genitori.

 

I meccanismi di difesa che il bambino abusato mette in atto, dunque, sono (Montecchi, 2012):

  • La rimozione, che permette di escludere dalla coscienza sentimenti, desideri o pulsioni il cui soddisfacimento risulta pericoloso o in conflitto con altre esigenze; questo è possibile si a livello conscio, che a livello inconscio, e presuppone la presenza di un mondo rappresentazionale e simbolico;
  • Il diniego, attraverso cui viene negata la realtà negativa che ha provocato il disagio, e la sua efficacia è inversamente proporzionale al grado di maturità e forza dell’Io.
  • Il distanziamento affettivo, che separa la carica affettiva dall’evento negativo, permettendo così di ricordare l’evento, senza che esso coinvolga emotivamente ed affettivamente il bambino;
  • La scissione, in cui l’oggetto viene separato attivamente in sentimenti contraddittori verso l’oggetto buono, verso cui dirige l’impulso libidinoso, e l’oggetto cattivo, verso cui rivolge l’impulso di aggressività.
  • L’identificazione con l’aggressore, che, per liberare il bambino dall’angoscia suscitata dal comportamento dell’aggressore, ne assimila il comportamento per conformarvisi; in questo modo, viene attivata la componente aggressiva che è presente in tutti gli esseri umani.
  • L’identificazione con la vittima, che si realizza quando i sensi di colpa e l’autorità dell’adulto prevalgono, così il bambino dà ascolto al Super-io tirannico, riesce ad evitare il conflitto e la riprovazione che potrebbe risultare dal confronto con l’altro, e, infine, si illude di detenere il potere morale rispetto all’adulto, che agisce violentemente[1].

Gli ultimi due indicatori spiegano i motivi per cui un bambino abusato diventi anch’esso un aggressore senza riguardo per i proprio figli, caratteristica che prende dal partner poco protettivo del genitore abusante, che di solito si identifica con un ruolo di vittima. Queste identificazioni si perpetrano nelle relazioni future, e saranno quasi sicuramente perverse e dannose per l’individuo, al fine di compiere il ciclo della trasmissione transgenerazionale.

I disturbi sopracitati fanno emergere in forma esplicita una situazione di abuso sessuale, cioè forniscono una rilevazione attraverso gli appositi indicatori. Invece, quando è il minore stesso a confidare la situazione di disagio in cui vive, si parla di rivelazione; in particolare, si possono distinguere due casi di rivelazione: diretta, nella quale egli racconta fatti che, se veri, costituiscono ipotesi di abuso sessuale; mascherata, in cui non c’è un racconto chiaro degli eventi, oppure vengono descritti situazioni di maltrattamento o comportamenti ambigui dell’adulto. Inoltre, in certe situazioni, il minore può ostentare comportamenti “da vittima” che fanno sorgere dei sospetti. Dato che la testimonianza del minore è fondamentale nei casi di abuso sessuale, gli esperti dovranno ponderare ogni dichiarazione con la massima attenzione, perché riscontri concreti di elementi che possono costituire una prova portano al procedimento penale. A questo proposito, si riscontra un alto numero di casi di falsi abusi dovuti ad una discriminazione diagnostica poco attenta tra le situazioni di reale abuso sessuale e quei contesti in cui tali accuse sono il sintomo più grave di una PAS (Sindrome da Alienazione Parentale) o, talvolta, l’espressione di un ritardo mentale borderline.

[1] Montecchi, F. Dal bambino minaccioso al bambino minacciato, FrancoAngeli Editore, 2012, pp 46-48

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