Lo Psicodramma: una tecnica valida per gli adolescenti
Dopo aver parlato dello psicodramma applicato in ambito infantile adesso passiamo all’analisi dello psicodramma in ambito prettamente adolescenziale. Questa volta però l’analisi avverrà a livello individuale e non più di gruppo.
LA CONSULENZA PSICODRAMMATICA INDIVIDUALE CON L’ADOLESCENTE
Quando un terapeuta si trova a lavorare con l’età adolescenziale,il primo ordine di problemi deriva dalla condizione stessa dell’adolescente,dalla sua collocazione sociale di fatto,al di là della specifica problematica o patologia di cui potrebbe essere portatore.Parafrasando Kant,potremmo formulare le seguenti antinomie dell’adolescente:
tesi:l’adolescente,in quanto uomo,è libero
antitesti:l’adolescente,non essendo ancora uomo,non è libero.
Questa doppia valenza dell’adolescente rende complessa sia la gestione del rapporto con il ragazzo che quella dei genitori.
Un secondo ordine di problemi deriva dalla specifica problematica dell’adolescente,che richiede da parte del terapeuta sia la coscienza dei cambiamenti evolutivi,cognitivi,affettivi e sociali che avvengono in questa fase,sia un atteggiamento elastico per adattare il suo peculiare approccio metodologico ai bisogni del paziente.
8,1) Le motivazioni di paziente e terapeuta nel trattamento dell’adolescente
Si può dire che una persona è motivata perchè ha un bisogno (want) da soddisfare,denota una mancanza o una carenza da colmare.
Si può anche dire che una persona è motivata perchè desidera (wish) qualcosa.Il desiderio nel senso comune può essere anche qualcosa di irrangiungibile.
Altre volte la motivazione viene identificata con brama (desire),con la quale si sottolinea invece l’intensità o l’ardore del sentimento.
Talvolta motivazione equivale a gratificazione: “sono motivato”uguale “mi gratifica,mi piace..”.
Un’ultima cosa insita nel senso comune è la considerazione di un certo grado di conflitto in ogni scelta.In altri termini,non esiste mai una sola motivazione,ma piuttosto due o più motivazioni contrastanti o conflittuali,che entrano in gioco nella scelta.
Nel momento dell’analisi della motivazione al trattamento è necessario tener presenti queste diverse dimensioni,per saper cogliere il senso della richiesta di terapia per l’adolescente,i familiari,il terapeuta stesso.
8,1,1) L’adolescente
La motivazione dell’adolescente alla terapia è complessa,da “filtrare”,spesso è conflittuale. L’adolescente può avere bisogno soggettivo di aiuto,ma anche il bisogno di esprimere bisogni diversi da quelli dei genitori.Per cui,se il bisogno dell’adolescente e dei genitori coincidono,l’adolescente può negare il suo bisogno pur di differenziarsi dai genitori.
Un’aderenza eccessiva da parte dell’adolescente alla motivazione dei genitori deve essere guardata con sospetto,come segnale di problemi di dipendenza affettiva e/o morale.Rispetto alla figura del terapeuta,vi possono essere dei tentativi di utilizzare la relazione terapeutica come alleanza “contro”i genitori: il terapeuta vissuto come “genitore buono”ni difesa dell’adolescente.
Oppure vi può essere l’identificazione fin da subito del terapeuta come figura parentale alleata con i genitori,per cui diventa inizialmente problematica l’instaurazione di una alleanza di lavoro.
8,1,2) I genitori
I genitori che si rivolgono allo psicologo con la richiesta di una psicoterapia per il figlio adolescente,spesso sentono il bisogno di essere aiutati loro stessi a capire ed accettare i cambiamenti che il figlio sta avendo.
Talvolta esprimono il bisogno di definire e circoscrivere una oggettiva situazione di disagio familiare,identificando chiaramente l’adolescente come “paziente da curare”.
Vi possono essere delle aspettative magiche nei confronti del tarapeuta,come se questi potesse,al termine del trattamento,restituire un adolescente a misura delle fantasie dei genitori.
Ciò che è importante notare è che questi bisogni ed aspettative dei genitori sono presenti indipendentemente dal fatto che l’adolescente abbia una reale patologia o necessità di un trattamento psicologico.
8,1,3) Il terapeuta
Il prerequisito che deve avere il terapeuta che voglia lavorare con gli adolescenti: una sufficiente coscienza ed elaborazione della sua propria problematica adolescenziale,per poterla accettare nell’altro.Di pari importanza è sentire il desiderio di lavorare con l’adolescente,”sentire”l’adolescente,la sua problematica.Tre sono le importanti motivazioni,che il terapeuta deve saper gestire nel corso della psicoterapia.
- La prima è la motivazione a sostituirsi ai genitori,accogliendo su di sè la loro richiesta magica ed onnipotente: “dove non siete arrivati voi,attiverò io!..”
- La seconda è quella di accogliere il fantasma di “genitore buono”da parte del ragazzo;il terapeuta rischia di porsi in modo pedagogico e paternalistico nei confronti dell’adolescente.
- La terza motivazione porta il terapeuta a schierarsi dalla parte del ragazzo “contro”contro i genitori;il terapeuta rivive per interposta persona il suo conflitto adolescenziale con i propri genitori.
Dall’attenta comprensione delle motivazioni può scaturire l’ipotesi di intervento più adatta alla singola situazione.
In particolare,nel lavoro con l’adolescente,il terapeuta deve avere una metodologia flessibile,che non può esaurirsi nello schema classico usato con l’adulto: colloquio di contratto-inizio terapia.
8,2) Aspetti della problematica adolescenziale che entrano in gioco nel rapporto terapeutico
Come afferma Anna Freud (1979),
“L’adolescenza costituisce per definizione l’interruzione di una crescita pacifica che assomiglia in apparenza ad una varietà di altre turbe emotive e sconvolgenti. […] La diagnosi differenziale tra turbe dell’adolescenza e patologia diventa un compito molto arduo.[…]Nel trattare dell’adolescenza sembra più facile descrivere le manifestazioni patologiche che i processi normali. (A.Freud,cit.,pag.639)“
Si richiede al terapeuta pertanto un atteggiamento cauto ed elastico,per cogliere i rischi di involuzione,ma anche per inquadrare in modo corretto i fenomeni evolutivi,senza patologizzarli.
8,2,1) La dinamica dipendenza/autonomia
L’adolescente esprime questo doppio bisogno in modo contraddittorio: da un lato c’è una grande spinta verso l’autonomia,la separazione dalla famiglia,l’individuazione di una propria identità specifica; dall’altro,i bisogni di dipendenza,di essere guidato e contenuto,continuano ed essere presenti.Questi vissuti opposti sono coerenti con i cambiamenti fisici e psichici che avvengono in questa età,ma rispecchiano anche la condizione sociale dell’adolescente,che lo vede “di fatto”dipendente dalla famiglia,anche se potrebbe assumersi ruoli da adulto nella società.
8,2,2) Valenza transferale delle figure adulte
Il bisogno di individuazione, l’emergenza della tematica sessuale,fanno riemergere le problematiche infantili sopite nel periodo di latenza.
I genitori perdono i loro connotati onnipotenti ed acquistano significati nuovi di controllo,di controparte da combattere; vengono caricati di intendi sentimenti di amore/odio.
Per estensione,il terapeuta,in quanto facente parte del mondo degli adulti,e per il ruolo che riveste,viene vissuto come sostituto parentale e investito di attributi transferali.
8,2,3) La comparsa del pensiero formale
Gli studi di Piaget hanno evidenziato la portata dei cambiamenti nel pensiero dell’adolescente.
“L’adolescente si distingue dal bambino in primo luogo perchè è in grado di attuare riflessione che oltrepassa il presente […] comincia a costruire dei sistemi e delle teorie…Il bambino,da parte sua,non costruisce sistemi. Il suo pensiero spontaneo può essere più o meno sistematico,ma è l’osservatore che se ne accorge dal di fuori,mentre il bambino non ne prende coscienza per mancanza di riflessione del proprio pensiero su se stesso.[…]L’adolescente,al contrario,riflette sul suo pensiero e costruisce delle teorie. (Piaget-Inhelder,1971,pag.338).“
Questa nuova capacità è la manifestazione più diretta e tuttavia più semplice del pensiero formale.
“Il pensiero formale costituisce contemporaneamente una riflessione dell’intelliogenza su se stessa e un capovolgimento dei rapporti tra possibile e reale (il reale è inserito come un settore particolare nell’insieme delle combinazioni possibili).(Piaget-Inhelder,cit.,pag.340)“
E’ evidente come questo cambiamento nella capacità di comprensione e nella struttura del pensiero debbano avere delle ripercussioni sulle modalità di intervento psicoterapico con l’adolescente,a differenza del bambino.
8,2,4) L’egocentrismo di ritorno e la ricerca di identità
Sul piano sensomotorio,già il lattante vive la prima forma di egocentrismo,poichè non sa dissociare dalle sue azioni ciò che appartiene agli oggetti ed ai personaggi esterni; vive in un mondo senza oggetti permanenti esterni e senza la coscienza di un Io e di una soggettività interna.
Con l’apparizione della funzione simbolica,cioè del linguaggio,l’egocentrismo riappare su un nuovo piano,sia sotto la forma di una indifferenziazione relativa tra il punto di vista proprio e quello degli altri,sia sotto forma di una indifferenziazione relativa tra il soggettivo e l’oggettivo.
Con il nuovo allargamento dell’universo,che provoca l’elaborazione del pensiero formale,si manifesta una terza forma di egocentrismo,che si mostra come uno dei caratteri più o meno permanenti dell’adolescenza.
L’adolescente non cerca solo di adattare il suo Io all’ambiente sociale,ma anche l’ambiente sociale al suo Io.
L’egocentrismo tipico dell’adolescente si manifesta attraverso una forma di messianesimo,caratterizzato da una visione del mondo centrata sulla attività riformatrice,che egli si sente chiamato a sviluppare in futuro.
Piaget nota come in questa specie di egocentrismo ci sia qualcosa di più di un semplice desiderio di differenziazione degli altri;c’è un fenomeno di indiffrenziazione che ignora la molteplicità delle prospettive.
E’ anche in questo contesto che si colloca la ricerca di identità dell’adolescente,la formazione della sua personalità.
8,3) La modalità psicodrammatica con l’adolescente
Nel laborioso processo di uscita dall’egocentrismo e di ricerca di identità trova ampio spazio la tecnica fondamentale dello psicodramma: l’inversione di ruolo.
L’analisi e l’elaborazione dell’atomo familiare e sociale dell’adolescente è il nucleo dei suoi interessi e il punto di partenza per accedere al suo mondo interiore.
La comparsa del pensiero formale porta l’adolescente a volersi differenziare dal bambino,che cerca la soluzione ai suoi conflitti mediante compensazioni attuali(ludiche e reali); Questo aspetto dell’adolescente porta a riconsiderare con maggiore cautela l’uso delle situazioni ludiche nel lavoro psicodrammatico.Il gioco,che nel lavoro con l’adulto riveste una funzione importante come facilitatore della spontaneità,può essere vissuto dall’adolescente come regressione alla condizione di bambino,come infatilismo.
Può essere invece più utile valorizzare il desiderio dell’adolescente di progettare il suo futuro,mediante l’uso delle tecniche di proiezione nel futuro e lavoro di plusrealtà.Entrambe queste modalità consentono all’dolescente di assumere “il punto di vista del creatore del suo destino”,come afferma Moreno.
La capacità di giocare entra sicuramente in campo nel lavoro in plusrealtà,ma viene vissuta dall’adolescente come un gioco chiaramente finalizzato ad una ricerca di identità.
I vissuti transferali nei confronti del terapeuta richiedono quando necessario il ricorso all’inversione di ruolo col terapeuta,modalità che consente di distinguere gli attributi transferali dalle geniune emozioni che riguardano la persona del terapeuta in quanto tale.
Il lavoro psicoterapico vedrà una progressiva identificazione dell’adolescente come soggetto della terapia,ove il messaggio implicito che viene fornito è il seguente: “l’essere soggetto del trattamento è una conquista,non un dato di partenza”.In questo processo entra in gioco la continua riformulazione della motivazione dell’adolescente alla terapia.
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