Perché i bambini mentono
Sebbene gli adulti concentrino gran parte dei loro sforzi educativi sulla riprovazione della menzogna, i bambini ricorrono ad essa molto frequentemente. “Piaget non si stupisce degli insuccessi di questa battaglia educativa dal momento che, a suo avviso, “la tendenza a mentire è una tendenza naturale e spontanea, così spontanea e universale da essere considerata un aspetto essenziale del pensiero egocentrico del bambino””23.
Come la stragrande maggioranza dei comportamenti, anche quello menzognero comincia ad essere appreso sin dall’infanzia, ed è pertanto legato allo sviluppo cognitivo e morale del bambino.
Ma come arrivano i bambini a mentire?
Innanzitutto appare essenziale esaminare in che modo essi apprendano la differenza tra realtà e finzione. Il gioco di finzione o gioco simbolico compare verso i diciotto mesi di vita, quando il bambino inizia a rendersi conto che le sue azioni sugli oggetti della finzione non sono reali, perché non producono effetti concreti. In questo modo egli inizia a distinguere tra realtà, fantasia e finzione (McCune-Nicolich, 1981; Piaget 1951, 1972; Piaget e Inhelder, 1968).
Tale processo coincide con la consapevolezza di sé ed è infatti in questo periodo che il bambino inizia ad essere in grado di riconoscersi allo specchio, a fare giochi simbolici nei confronti di se stesso e ad attribuire stati interni all’oggetto di finzione (bambola, orsacchiotto, ecc.), sebbene questi siano solitamente di natura più emotiva che cognitiva. In questo modo dà prova di essere in grado di capire gli stati mentali dell’altro e di provare interesse verso di essi.
A livello cognitivo, il gioco di finzione è associato inoltre ad abilità metacognitive e allo sviluppo dell’intenzionalità. La conseguenza è che, con esso, il bambino impara ad accrescere le sue potenzialità di ragionamento controfattuale: “se avessi fatto così, non sarebbe successo questo”. Appare evidente che “si tratta di competenze mentali che costituiscono importanti premesse per lo sviluppo e la capacità di mentire da parte del bambino”24.
Oltre che a saper distinguere tra realtà e finzione, affinché possiamo parlare di reale capacità di mentire da parte del bimbo è necessario che egli sia in grado di comprendere anche la differenza tra menzogna ed errore e ciò implica che debba aver raggiunto un certo sviluppo delle sue competenze cognitive.
Bibliografia
- Luigi ANOLLI, Op. cit., p. 33
- Jean PIAGET, Il giudizio morale nel fanciullo, Firenze, Giunti, 1992
- Luisella DE CATALDO NEUBURGER, Guglielmo GULOTTA, Trattato della menzogna e dell’inganno con appendice di aggiornamento, Varese, Giuffrè Editore, 2008, p. 116
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