Psicodinamica della mafia: attori, psicologia, psicopatologia

Articolo di Carmine Fago

E’ importante approfondire il concetto di “sistema mafia” delineandone gli attori principali, con le loro caratterizzazioni e dinamiche culturali, sub culturali, sociali e psicologiche; inoltre tratterò il particolare rapporto tra Stato e Sacra corona unita e come quest’ultima sia arrivata a guadagnare il rango di “quarta mafia”, nonché una delle strategie comunicative utilizzate dagli uomini d’onore individuata nella “obliquità semantica”.

Gli attori principali

Nelle dinamiche della sub cultura mafiosa possiamo individuare tre tipologie di attori:

  • L’uomo d’onore, colui che in seno all’organizzazione risulta riconosciuto quale appartenente alla stessa.
  • Gli individui “fuori organizzazione”.
  • Le istituzioni governative.

Per quanto concerne le prime due macrocategorie esistono ulteriori sottocategorie quali:

  • L’Uomo d’Onore e lo Pseudo Uomo d’Onore.
  • La maggioranza silenziosa/bystander; il candidato mafioso; la vittima passiva; la vittima reattiva.

Da un punto di vista comunicativo assume fondamentale importanza specificare la psicologia degli attori del processo, i quali si differenziano in coloro che non solo credono nel sistema, ma si identificano con i valori di questo e cognitivamente ed emotivamente ed in altri che lontani dall’essere persuasi, risultano unicamente convinti dal raggiungimento del bene ultimo, in maniera meramente utilitaristica. Al fine di comprendere quanto su detto, si rende necessario spiegare la differenza tra convincimento e persuasione che pur sembrando sinonimi nascondono rilevanti differenze di natura psicologica. In un rapporto diadico, il convincimento presuppone che il mittente produca sul destinatario un effetto unicamente cognitivo creando una fredda relazione di condivisione d’ intenti; la persuasione risulta essere tassonomicamente sovraordinata al primo, aggiungendovi un’influenza che operando in maniera profonda fa sì che quanto comunicato dal mittente divenga emotivamente rilevante per il destinatario producendo tra le parti un’“alleanza” che va oltre alla semplice condivisione d’ intenti.

mafia

Volendo addentrarci nell’analisi delle caratteristiche dei diversi attori, possiamo affermare quanto segue:

  • L’Uomo d’onore: tale è l’affiliato assoggettato alla cultura mafiosa o “pensiero mafioso” visto quale modalità distorta di vivere la propria identità ed i rapporti con il sociale tipici dell’organizzazione criminale mafiosa1. Sua peculiarità intrinseca è la modalità di percepire la propria identità; nessun mafioso si definirà mai come un criminale, ma come un Uomo d’ Onore. In tale definizione è possibile riscontrare l’orizzonte culturale, antropologico e psichico tipico della realtà di riferimento la quale viene marcata quale una modalità di pensiero specifica. Henner Hess introducendo il concetto di subcultura applicandola al “sistema sociale” in quanto “sistema normativo mafioso”, sostiene che la formazione del tipo mafioso è da guardarsi alla luce del conflitto tra le norme dello Stato e l’agire sub culturale, con particolare riferimento alla legittimazione ed all’impiego della coercizione fisica da parte di norme “non statali”; in tale prospettiva l’essere uomo d’onore si contraddistingue non come appartenente ad un’organizzazione specifica, ma come “un preciso modo di agire”. Non esiste un’entità che si chiama mafia, ma solo degli uomini che si comportano in “maniera mafiosa” seguendo norme considerate illegittime dallo Stato, ma legittime dalla morale popolare e quindi dal sistema normativo sub culturale locale2 Nell’ultimo decennio è stato elaborato il modello teorico della gruppo analisi soggettuale italiana3 che ha indagato questa realtà a partire dall’attenzione al legame esistente tra mondo psichico (cosciente ed inconscio) del soggetto, famiglia antropologica e dimensione sociale, notando come questi soggetti provengono, nella maggior parte dei casi, o da un mondo familiare o da un più ampio contesto di socializzazione primario i cui valori tipici del pensiero mafioso sono presenti e proposti come matrici unica di significazione degli eventi4. Un mondo antropo psichico in cui vengono esaltati i valori maschili della forza, del coraggio, dell’onore, della virilità, della freddezza, in contrasto al mondo dei poliziotti, magistrati e tutori dell’ordine in generale. Questa rappresentazione interna di un universo buono formato da uomini “rispettabili” ed uno esterno malvagio è caratteristica fondamentale del pensiero mafioso. Da ciò è possibile desumere che nella cultura psichica dell’Uomo d’onore, vista quale sistema fondamentalista, regnano dicotomie totalizzanti di pensiero con la dimensione affettiva ridotta in maniera punitiva attraverso processi in cui nella costruzione dell’identità personale, l’“Io” individuale diviene coincidente con il “Noi” sovra personale e trans personale, ossia il soggetto non può essere diverso dal mondo che lo ha concepito psichicamente5 con l’unica differenziazione concessa che, utilizzando un’espressione di Napolitani, viene ad estrinsecarsi attraverso la simbolopoiesi ossia l’elaborazione originale da parte dell’individuo degli archetipi appresi dal proprio ambiente culturale. In sostanza per il soggetto in argomento non vi è una reale scelta tra l’angoscia d’essere nessuno ed un’esaltazione onnipotente del proprio sé data dall’appartenenza alla famiglia mafiosa, in quanto il discostarsi dagli aspetti valoriali ed emotivi caratterizzanti il contesto antropologico di riferimento costituirebbe già di per sé il mancato riconoscimento del proprio essere Uomo d’ onore.
  • Gli appartenenti alla sottocategoria degli pseudomafiosi vengono a configurarsi quale antitesi psicologica rispetto alla prima. Questi, pur vivendo in prima persona il “pensiero mafioso” non sono stati permeati dallo stesso, con la conseguente mancata identificazione con l’aspetto valoriale. La componente predominante viene ad essere quella cognitivo/conativa mossa dall’intenzione di perseguire finalità meramente materiali (potere sociale, economico…) sfruttando l’appartenenza all’organizzazione in modo esclusivamente strumentale. Analizzando le varie figure, soprattutto appartenenti al fenomeno del pentitismo, possiamo notare come, contrariamente all’uomo d’onore proveniente da famiglie o contesti sub culturali nei quali le direttrici mafiose costituiscono la matrice di significazione degli eventi, lo pseudo uomo d’onore non ha un’estrazione sociale specifica e definita, provenendo tanto da ambienti malavitosi, quanto da estrazioni così dette legali. In questo, l’“Io” individuale non viene ad identificarsi con il “Noi” sovra e trans personale, ma semplicemente lo accosta in maniera speculativa ed utilitaristica.
  • La maggioranza silenziosa altrimenti definita bystander, è costituita da quella massa che pur essendo conscia dell’esistenza di una dimensione malavitosa all’interno del proprio contesto culturale, non esperisce alcuna attività a favore od a contrasto dell’organizzazione mafiosa per disinteresse, paura, connivenza distaccata. Da questi ultimi provengono i candidati mafiosi.
  • I candidati mafiosi, provenienti, come detto, dai bystander conniventi, sono coloro che, attratti dall’aspetto valoriale del “pensiero mafioso” già descritto o speranzosi di ottenere potere, rispettabilità sociale e facili guadagni economici, per mezzo di un facilitatore già in seno all’organizzazione, esprimono la loro volontà d’ essere affiliati. Questi potranno sviluppare la propria identità o internalizzando il sistema valoriale, identificandosi col sistema e divenendo uomini d’onore oppure perseguendo la via utilitarista già definita caratterizzandosi quali pseudo uomini d’ onore.
  • La sottocategoria delle vittime è composta da individui che attivano manifestazioni comportamentali diametralmente opposte. In premessa si rende necessario chiarire che tali sono coloro che in qualche modo hanno subito l’azione oppressiva e prevaricatrice dell’organizzazione mafiosa (racket, rapimenti, rapine, furti, omicidi, ecc.). Conseguentemente avremo le vittime passive e succubi del regime criminale le quali eviteranno di opporsi a quel potere inconsciamente e consciamente considerato superiore a quello dello Stato e le vittime reattive che si impegneranno in azioni oppositive e di contrasto al potere illegale a volte individualmente più spesso in gruppo od in associazioni, credendo nei valori della legalità a prescindere ed avendo fiducia negli organi istituzionali.
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