Psicologia dell’amore
Cos’è l’amore?
Molti di noi si saranno sicuramente interrogati, durante il corso della propria esistenza, circa il vero significato dell’amore. Etimologicamente, sono molteplici le derivazioni del termine “amore”; la più curiosa ed interessante interpretazione deriva dal latino “a-mors” che significa “senza morte” come se stesse sottolineando quanto sia intenso e potente questo sentimento che può essere definito il fulcro principale del bisogno e dell’esistenza dell’uomo.
Cos’è davvero l’amore? Possiamo definirlo un’arte? Oppure l’amore è solo una bellissima e piacevole sensazione dovuta a pura casualità e fortuna?
L’uomo ha bisogno di amare, l’uomo vive ascoltando canzoni d’amore che rispecchiano il proprio stato d’animo, guarda film d’amore e legge libri d’amore, perché quando ne è privo, per scelta propria o no, è attraverso questi espedienti che riesce a vivere quella travolgente sensazione seppure per un tempo relativo, non essendo egli il protagonista diretto dell’amore.
Superare l’isolamento, in quanto generatore di ansia, raggiungere l’unione con l’altro, fondersi con l’altro, è questo quello di cui l’uomo ha bisogno. Molti ritengono che la cosa essenziale sia quella di “essere amati” anziché amare e, di conseguenza, il problema principale dell’uomo è quello di rendersi il più amabile possibile, farsi amare da qualcuno per non sentirsi solo. Questa convinzione dell’uomo è però errata. Nella società moderna la gente ritiene che amare sia semplice, che non richieda nessun tipo di sforzo; si pensa che l’unico problema e la difficoltà maggiore risiedano nell’individuare quale sia il vero soggetto d’amare e dal quale essere amati. Innamorarsi oggi si riduce ad una semplice ed affannata corsa alla ricerca dell’oggetto che potrebbe essere quello tanto desiderato, il migliore sul mercato, il più conveniente. (Fromm, 2010)
L’amore si fonda principalmente su due menzogne.
– La prima è quella narcisistica, in cui troviamo un uomo privo d’inconscio, un uomo che si definisce un soggetto che può farsi da sè, che può realizzare il proprio essere senza dover contrarre debiti nei confronti dell’altro. Può essere definito come il “fantasma della libertà” in cui si recide completamente il legame fondamentale che lega il soggetto all’altro mentre, realisticamente parlando, il soggetto senza l’altro è considerato il nulla.
– La seconda menzogna è quella del Nuovo (nuovo partner, nuove emozioni, nuove sensazioni, nuove esperienze..); l’uomo è mosso dallo smanioso desiderio di trovare soddisfazione solo nel Nuovo, come principio che orienta la vita. Una rincorsa eterna alla ricerca del Nuovo, nella convinzione che lì risiedano la salvezza e la felicità mentre in realtà è la stessa insoddisfazione a rigenerarsi (Recalcati, 2014).
Osservando la realtà dei fatti, l’uomo vuole vedere sempre e solo un unico volto, il volto di chi veramente vuole, rendendolo insostituibile, unico ed irripetibile.
Il desiderio e l’ideale, per ogni amante, è quello di possedere l’amata. Recalcati (2014) parla di libertà prigioniera dove il termine “possedere” non è inteso in termini di possesso vero e proprio, non si parla di un rapporto di proprietà; si vuole soltanto essere “proprietari” del soggetto, preservando però la sua assoluta ma, allo stesso tempo, prigioniera libertà.
Il miraggio che attraversa l’amore, definibile come una sorta di paradosso, è quello di considerare l’altro come proprio; è mio ma, allo stesso tempo, è libero di scegliere gli altri e, scegliendo gli altri, tornare comunque da me. E’ proprio nel momento in cui si ritorna che non si è più lo stesso di prima ma si è il nuovo. Il vero nuovo non è altro che una vera e propria torsione dello stesso (Nancy, 2009).
Il primo passo che l’uomo dovrebbe fare prima di provare ad amare, ad innamorarsi e a vivere una storia d’amore, è quello di accettare e convincersi del fatto che l’amore è un’arte, così come anche la vita può essere definita un’arte e necessita quindi di essere raggiunta, passo dopo passo, partendo dal presupposto che l’uomo deve mantenere la propria integrità e la propria individualità all’interno di una relazione di coppia (Fromm, 2010). Essere se stesso e raggiungere un proprio equilibrio fisico e psichico che permetta di poter dare all’altro. L’atto di dare è intrinsecamente ricco di forza, come fosse la più alta espressione di potenza che riempie di gioia, di vitalità, perché è proprio in quell’atto che l’uomo si sente vivo. Non si parla di sacrificare se stesso per l’altro, di sacrificare la propria vita, si dà semplicemente all’altro ciò che di più vivo risiede nel proprio intimo. Ci si innamora dell’altro per ogni sua particolarità e sfaccettatura, per il suo essere e per tutto quello che sfugge alla nostra logica e della quale non possiamo appropiarci (Lacan, 1978) che si tratti di gioia, di tristezza, di umorismo non importa, ciò che conta è dare ed è proprio nel momento in cui si dona una parte di se stessi che l’altra persona tende inevitabilmente ad arricchirsi; è come se si sublimasse non solo il proprio senso di vivere, ma anche il senso di vivere dell’altro (Recalcati, 2014).
Amare, fondamentalmente, non è altro che un’esperienza personale che ognuno di noi può e deve acquisire soltanto attraverso se stesso. I passi che ci conducono verso questo nostro scopo possono essere mossi e raggiunti soltanto da noi. Si tratta di adottare una disciplina che ci contraddistingua per l’intero arco della nostra vita e che ci permetta di diventare maestri in quell’arte che è l’amore, senza cedere a quell’atteggiamento di pigrizia e di routine che l’uomo oggi tende invece a sviluppare, non essendo abituato a vivere la propria vita e ad organizzarla al di fuori della propria quotidianità (Fromm, 2010). La disciplina non deve essere imposta dalla società, non deve essere un obbligo fornitoci da qualcuno, è semplicemente un’espressione della nostra volontà, qualcosa che noi sentiamo e percepiamo davvero ed in cui crediamo. Bisogna avere una buona capacità di concentrazione, la stessa che spesso viene a mancare, poichè l’uomo non è più abituato a sedersi, a stare in silenzio con se stesso, ad ascoltare la sua voce più intima, a riflettere, senza dover necessariamente trovare un escamotage per non pensare, come spesso è portato a fare. Si è sempre smaniosi di dover fare qualcosa, come bere o fumare, per evitare il senso di nervosismo e d’inquietudine che ci assale e questa è considerata una mancanza di concentrazione. Se si vuole raggiungere l’amore tanto desiderato bisogna essere pazienti; al giorno d’oggi l’uomo crede di perdere qualcosa se non lo consegue nel più breve tempo possibile. Tutto il tempo che riesce a guadagnare non lo sfrutta al meglio, anzi, tende ad annientarlo perché l’impazienza di avere tutto e subito gli fa perdere di vista anche il fulcro del suo interesse primario, l’amore (Fromm, 2010)
Sostanzialmente, si arriva al problema principale ovvero che l’uomo non è più in grado e non vuole rimanere solo con se stesso, ma “..paradossalmente, la capacità di stare soli è la condizione prima per la capacità di amare.” (Fromm, 2010, p.119 ).
La matrice primaria dell’esperienza d’amore fonda le sue radici sin dalla nascita ed anzi, già nel momento in cui il bambino è ancora un feto, troviamo un profondo ed insostituibile sentimento d’amore che la madre dona al proprio figlio. La madre è considerata calore, fonte di sicurezza e di cure, la madre è cibo, presenza costante, amore incondizionato che permette al bambino di sviluppare l’idea di essere davvero amato e degno di questo amore. Assicura al bambino di non essere solo, di non sentirsi abbandonato e di percepire che la sua esistenza è stata desiderata.
La personalità della madre contagia inconsciamente quella del bambino. Essa trasmette sia la propria gioia di vivere che le sue ansietà, stati d’animo che inevitabilmente vanno ad intaccare l’essere del bambino stesso.
di Chiara Carnevali
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