Psicologia Criminale: Analisi Comportamentale del Caso di Noemi Durini
Articolo di Laura Marzo
Relatore di Tesi: Igor Vitale
Vengono di seguito analizzate alcune delle interviste fatte ai “protagonisti” della triste vicenda. Alcune di queste riguardano il padre e la madre del presunto assassino, altre l’uomo indagato in seguito per omicidio, accusato dal giovane reo confesso. L’analisi si basa sull’applicazione della tecnica SCAN e sul FACS. Leggere con attenzione quello che l’intervistato dice e prestare attenzione su come organizza il contenuto, può far sorgere delle domande interessanti; stessa cosa per l’analisi delle microespressioni facciali che possono tradire anch’esse una emozione. La reazione dei genitori alla confessione del presunto assassino1 Il giorno precedente la confessione del ragazzo, i genitori di quest’ultimo hanno rilasciato un’intervista al programma televisivo Chi l’ha visto nel corso della quale veniva diffusa la notizia del ritrovamento del cadavere della ragazza e della confessione del diciassettenne. È quindi nel corso della stessa intervista sopra citata che il signor Biagio e la signora Roccheta giungono a conoscenza della confessione dell’omicidio da parte del figlio. Bisogna premettere che il Signor Biagio, padre del ragazzo, al momento dell’intervista, mentiva. Questo viene confermato dallo stesso il giorno dopo dichiarando di essere a conoscenza del delitto del figlio già il giorno precedente della sua confessione. Analizziamo ora l’intervista trasmessa su Rai 3 sia da un punto di vista non verbale, tramite l’utilizzo del FACS, sia verbale, tramite la tecnica SCAN. Ricordiamo che i principali criteri di quest’ultima sono: i cambiamenti del linguaggio porre le emozioni all’interno della dichiarazione l’uso improprio dei pronomi la mancanza di convinzione e l’assenza della negazione delle accuse informazioni fuori dalla sequenza variazioni del tempo del verbo
Da un punto di vista dell’analisi delle espressioni facciali la signora presenta microespressioni di
rabbia e a tratti disprezzo. Disprezzo per il delitto che suo figlio ha commesso? o per l’atto che
stava per fare in quel momento e che la signora stessa forse sospettava, o forse ne era a conoscenza,
cioè costituirsi? Inoltre la testa è verso l’alto, movimento che rappresenta un segno di fierezza,
superiorità, dominanza. La donna non accetta che il figlio possa essere andato dai carabinieri a
costituirsi.
La rabbia è una delle emozioni più pericolose, si verifica quando:
• c’è una frustrazione, ovvero quando un ostacolo si frappone tra la persona e l’obiettivo
che essa vuole realizzare – in questo caso potrebbe proprio essere la confessione del figlio
che lei vorrebbe invece proteggere a suo modo;
• quando uno dei principi morali in cui crede la persona viene violato – la donna non
accetta che un tale omicidio possa essere stato perpetrato proprio da suo figlio;
• la rabbia altrui
Disprezzo
Il disprezzo è un sentimento che indica una svalutazione – dell’argomento di cui si parla, della
persona, di una particolare situazione. L’oggetto della svalutazione è considerato moralmente
sbagliato. Può approfondirsi il solco nasolabiale; produce una ruga a forma di “C” e dei
rigonfiamenti; appiattisce gli angoli delle labbra, li solleva e curva verso l’interno; stira le
labbra e la pelle sottostante le labbra.
La signora mostra disprezzo e microespressioni di rabbia quando si dice invece preoccupata per le
sorti del figlio. Non mostra paura o tristezza, espressioni forse più congruenti con ciò che dice –
“forse si sta.. forse è andato ad ammazzarsi”.
Fondamentale è sottolineare come i genitori del ragazzo fin da subito si discostano dalla ragazza e
in seguito anche dalla famiglia di lei definendola con termini quali “sta ragazza” “la ragazzina”,
non chiamandola mai per nome o non definendola mai come fidanzata di loro figlio.
Il signor Biagio si esprime con un linguaggio italiano corretto e articolato, non presenta alcuna
barriera linguistica o difficoltà momentanee nell’ esprimersi anzi lo fa con molta apparente sicurezza. In un punto però si possono registrare dei cambiamenti del tono della voce: un unico
abbassamento quando parla delle cause che hanno portato L.M a tre TSO “perché gli andava di
volta il cervello”. Vedremo come anche nel corso di un’altra intervista il tono della voce sembra
cambiare sempre quando il signor Biagio parla dei presunti problemi psichici del figlio;
probabilmente per attirare meno l’attenzione su tale argomento, come a non voler accettare egli
stesso i problemi del ragazzo o perché si vogliono nascondere i veri motivi che hanno portato il
L.M. a subire ben 3 TSO.
I cambi improvvisi del volume rappresentano indizi di falso nella linguistica: alzare la voce,
per dare più solidità a contenuti che si sa essere falsi, o abbassarla, per attirare meno
l’attenzione sapendo di star mentendo.
Biagio Marzo: “Eh, perché dava di volta il cervello, da quando ho conosciuto ‘sta ragazza, la
prima ragazza della sua vita, è successo il finimondo. Lei pensi che una notte a un mio diniego di
chiamare sua madre e dirle: “Guardi che sua figlia rimane qua con me stanotte”, perché non ho
voluto, lei due notti dopo si è infilata dalla finestra, si è chiusa nell’armadio e nottetempo è andata a
dormire con mio figlio”. Biagio cerca in questo modo, con una motivazione a suo avviso
evidentemente accettabile, di scaricare la colpa dei problemi psichici del figlio sulla sua ragazza e la
loro storia; Biagio non si rende conto che l’esordio dei problemi psichici di suo figlio non è
attribuibile a Noemi e al loro amore “malato”, ma ha semplicemente coinciso con il suo primo
innamoramento. Il signor Biagio in tutti i modi cerca di difendere il figlio, di giustificare in qualche
modo anche i suoi ultimi atti di violenza sulla ragazza: “(…) lui voleva scrollarsela, non ce l’ha
fatta più e le ha dato quattro schiaffoni per dire: Stammi lontano”. Si accanisce sulla ragazza ormai
deceduta e sulla famiglia di lei. Ha delle parole nei confronti della vittima inaccettabili: la
colpevolizza per il suo carattere, per le sue “scappatelle”, per la sua aggressività – blaming the
victim. “Sembrava… se fossero ragazzini tutti e due ma la ragazzina, pur avendo un anno meno di
mio figlio, aveva e… un bagaglio d’esperienza molto più grande ed era lei che comandava nel
gruppo, nei due, tant’è vero che ‘na volta mi chiamò un professore dalla scuola di Alessano,
professionale, mi dice: Biagio, signor Marzo, guardi che li ho visti coi miei occhi, ‘sta ragazza, la
Noemi, che assalisce suo figlio. E se ne venne tutto graffiato completamente. Era lei che picchiava
mio figlio”. O ancora: “Questa ragazza era tutt’altro che brava ragazza, si accompagnava con
delinquenti di 30, 40 anni ed era ragazzina di 16 e non voglio andare oltre, ok? Addirittura
incitava mio figlio e per questo sono andato dall’avvocato a sporgere querela, incitava mio figlio
affinché ci scannasse tutti e due (…) Era tutt’altro che una brava ragazza. Era una ragazza
cresciuta allo stato brado, capisce? cresciuta già da 12-13 anni in mezzo alla strada”.
Seguendo i criteri della tecnica SCAN si può notare come in tutta l’intervista vi è la completa
assenza della negazione delle accuse nei confronti del figlio. ma solo giustificazioni del suo
comportamento (Biagio è a conoscenza che il suo Lucio ha ucciso Noemi).
Biagio Marzo non solo parla di Noemi al passato, lasciando intendere di essere a conoscenza del
fatto che la ragazza è morta, ma parla di una ragazza di 16 anni in modo inaccettabile (blaming the
victim): scaricare le colpe sulla ragazza è un tentativo di spiegarsi l’omicidio, di giustificare in parte
il figlio per il suo gesto. Ricordiamo che il Marzo è a conoscenza che Noemi è stata uccisa dal
figlio. Poi dopo aver in qualche modo difeso il figlio, è un altro lato di Biagio che emerge fuori
durante l’intervista, come a voler difendere anche se stesso dal suo ruolo di padre attento e presente
nella vita dei suoi figli e per ridurre il suo senso di colpa per non aver salvato prima suo figlio.
Biagio Marzo: “Mo’, adesso basta balle in televisione, io non ho mai picchiato suo padre, non ho
mai spalleggiato mio figlio a picchiare nessuno, io sono stato soltanto un genitore attento e
accorto e ho visto tutti i cambiamenti di mio figlio, e meno male, e tutti i medici mi hanno fatto i
complimenti: “Biagio hai preso tuo figlio in tempo per salvarlo”. E continua: “..perché mio figlio
era stressato da questo rapporto qua (…) io ho capito che mio figlio aveva bisogno della mia
presenza per sentirsi, come dire maschio contro di lei, ok?”.
Biagio accompagna quell’ultima frase con un movimento: dimostratosi sempre apparentemente
tranquillo, ha un comportamento di potenza e di vittoria stringendo i pugni. Si sente indispensabile
nella vita del figlio.
Biagio inizia poi a raccontare la sua versione dei giorni precedenti l’omicidio.
Biagio Marzo: “No, venerdì pomeriggio, dopo mezzogiorno, Lucio si è preso una macchina da solo
dal lavoro di mia moglie avendo la seconda chiave, io tutto potevo immaginare men che meno che
mio figlio guidasse già la macchina (sorride);
ma molto pro… probabilmente tirando giù fuori la macchina dal garage mettendola nel garage ha
imparato le prime elementi per poterla guidare, comunque sta di fatto che il venerdì prende sta
macchina va a Specchia a trovare la sua ragazza e si danno un appuntamento per il sabato notte:
“Visto che c’ho la macchina a disposizione, quando dorme il papà”, e le premetto che io sono quasi
tre mesi che non chiudo occhio”.
Il signor Biagio mente quando dice di non immaginare che il figlio sapesse già guidare la macchina,
sorride e cambia il ritmo della voce – indicatore di falso. Come ben si nota in più parti dell’intervista
Biagio è un padre che continua ad immedesimarsi in lui e a dargli voce con parole proprie: “Visto
che c’ho la macchina a disposizione, quando dorme il papà”. Inoltre si descrive sempre come “il
papà” in modo affettuoso e premuroso.
Biagio Marzo: “Succede che io fino alle tre e mezzo, le 4 meno un quarto veglio, do un’occhiata,
Lucio è in casa, mi sembra che dorme, tranquillo me ne vado a letto e poi non le posso dire niente
più, di fatto ho saputo dai carabinieri”. E qui Biagio sembra inizialmente estraneo ai fatti ma poi
afferma “non le posso dire niente più”. Sembrerebbe quasi una confessione indiretta, io so ma non
lo posso dire. Perché non dice “e poi mi sono addormentato e non so nulla di quello che è successo”
invece di affermare di non poter dire più nulla? Continua: “A me Lucio non mi ha detto prima
niente, quando sono venuti i carabinieri e io ho iniziato a preoccuparmi, ha cominciato a fare le
prime ammissioni: Eh, sì, l’ho accompagnata a Morciano”.
Qui Biagio per la prima volta presenta un chiaro segnale di vergogna, quando parla di quello che il
figlio gli avrebbe confessato. Questo gesto rientra tra i gesti manipolatori o gesti di auto contatto
(mai avuti prima durante l’intervista) che si riferiscono a dei movimenti in cui la persona gratta,
sfrega o tocca punti del proprio corpo. Sono anche detti segnali di tensione e hanno il ruolo di
stimolare le endorfine per ridurre la tensione dovuta al contesto o ad un argomento di
conversazione. Si verificano maggiormente durante l’espressione dell’argomento falso. Nello
specifico il signor Marzo gratta il sopracciglio, gesto tipico della vergogna. Ormai Biagio è vicino
all’evento omicidio e sale la tensione – lui sa cosa è successo e deve stare ancora più attento a ciò
che dice – ma anche la vergogna per ciò che il figlio ha commesso.
Perplessità
Si verifica quando si hanno dei dubbi a proposito dell’oggetto della comunicazione. Nel caso
in cui l’oggetto della perplessità siano le proprie affermazioni può essere un indizio di falso
(traducibile in lo sto dicendo, ma ho dei dubbi anch’io su di ciò).
“Lucio è arrivato su sto campetto qua. Di fronte c’era una macchina parcheggiata, sembra una seat
scura, nera, bordeaux, mmm, nera, blu scuro, che Lucio neanche se ne era accorto di sta macchina
Noemi è scesa e si è incamminata verso la macchina, si è accorto della macchina quando hanno
acceso in moto, lei è salita su, hanno fato marcia indietro e sono andati via”.
Sorge una domanda. Perché Biagio, ammesso che la storia della seconda macchina fosse vera,
quando descrive la macchina confonde i colori e tende a precisare che la macchina è nera o blu
scuro. Perché poi parla dell’altra macchina come se non ci fosse solo il conducente ma anche altra
persona? Quando però la giornalista chiede “con un’altra macchina quindi?” Biagio fa segno di no
con la testa ma non risponde. Questa è una tipica incongruenza tra verbale e non verbale, si
manifesta quando la persona interiormente pensa al no.
Biagio non dice “ha ammesso di averla portata a Morciano” ma “ha cominciato a fare le prime
ammissioni”, lasciando intendere che, dopo le prime ammissioni, il figlio ne abbia fatte altre.
Ma arriva il momento fondamentale dell’intervista, quello in cui la giornalista informa i genitori che
la ragazza è stata ritrovata morta e che “Lucio ha confessato”. Qui inizia una grande “sceneggiata”
sapendo loro già tutto dal giorno precedente.
Giornalista: “Hanno ritrovato la ragazza…Morta”
“E Lucio ha confessato”.
Questa è la reazione della madre di Lucio, alla notizia della confessione del figlio, la quale dopo un
“NO” urlato, semplicemente non reagisce, o meglio non riesce a fingere. La sua unica reazione al
momento è stata quella mostrata in video in cui la sua espressione facciale sembra riflettere
microespressioni della sorpresa. La sorpresa è’ l’unica emozione neutra, si verifica quando la
persona è di fronte a qualcosa di inaspettato e la sorpresa autentica si verifica per non più di un
secondo. In questo caso i secondi sono circa 5. La sorpresa risulta ovviamente negativa mescolata a
elementi di tristezza.
La signora forse non si aspettava che il figlio confessasse l’omicidio e forse neanche il padre. Il
Marzo intanto inscena uno spettacolo di urla e pianti del tutto falsi in quanto lui stesso dichiarerà
poi di aver saputo da Lucio della morte di Noemi il giorno precedente alla registrazione
dell’intervista. Alcune agenzie di stampa hanno pubblicato una sua dichiarazione post- intervista:
“Io estraneo. Mio figlio mi confessò l’omicidio martedì. Non sapevo nulla e mai avrei aiutato mio
figlio a commettere un simile gesto. Lui mi ha detto dell’omicidio la sera prima del ritrovamento
del corpo di Noemi e mi ha comunicato anche la sua decisione di volersi costituire ai carabinieri. Io
gli ho risposto: se hai le palle ci devi andare da solo”.
Una precisazione su queste ultime parole ritengo sia importante in quanto per tutta l’intervista il
padre non fa altro che giustificare il figlio e i suoi comportamenti spesso violenti. Tanta la sua
protezione nei confronti del figlio che avrebbe dovuto, a mio avviso, quantomeno accompagnarlo
dai carabinieri e cercare di difenderlo anche in quella situazione, se pur difficile. Ricordiamo che
Lucio è un ragazzo di 17 anni. Così come nell’intervista Biagio afferma “non può essere dai
carabinieri perché è un minore e devono chiederlo a me”, allo stesso modo avrebbe dovuto, stando
alle sue dichiarazioni, al suo senso di protezione verso il figlio, accompagnarlo dai carabinieri a
costituirsi, invece “…ci devi andare da solo”. Sorge qui una domanda: il padre voleva veramente
che il figlio confessasse l’omicidio?
A fine intervista è la madre Rocchetta che prende le difese del figlio; la donna aveva lasciato parlare
solo il marito circa i fatti, forse perché precedentemente organizzati in quel modo. Ma la
confessione del figlio spiazza anche loro. Spuntano nuovi elementi da parte della madre e un senso
di liberazione anche da parte sua. La donna confessa: “è esasperato, sua madre ha mandato gente di
Taviano per ammazzarlo, un tossico”. La madre è alla ricerca di attenuanti; “Dai Biagio, è finita!”
quasi ad essersi liberata e sollevata dalla confessione o da quell’anno di inferno di cui parlava
all’inizio.
La verità di Biagio
Analizziamo ora l’intervista fatta al Signor Biagio da parte di una giornalista del programma Quarto
Grado in cui Biagio delinea la sua verità in merito all’accaduto raccontando proprio ciò che accadde
la sera precedente al delitto. Egli descrive suo figlio all’inizio e lo definisce un ragazzo come tutti
gli altri, evidenziando come sia stato il primo TSO a trasformarlo in un ragazzo irrequieto, violento.
Si sofferma sui problemi del figlio sostenendo che da tempo non era più il “suo Lucio” e che da
tempo il ragazzo manifestava comportamenti violenti nei confronti dei genitori i quali venivano,
spesso, secondo il racconto di Biagio, aggrediti verbalmente e non. Raccontando un episodio di
queste presunte violenze del figlio nei confronti del padre, Biagio riferisce: “Andiamo lì” – lui e la
moglie – “cerchiamo di rianimarlo. Lucio non si rianima. Ormai mi son messo paura” – porre le
emozioni all’interno della dichiarazione, criterio della tecnica SCAN – “ho chiamato mia sorella, è
intervenuta mia sorella, ha chiamato il 118. Ecco il primo ricovero è stato questo”. Sorgono alcune
domande. Perché il padre, spaventandosi così tanto, non ha chiamato subito lui stesso il 118?
Perché, se cosi intimorito delle condizioni del figlio, attende invece l’arrivo della sorella per tentare
di rianimarlo e infine per avvertire i sanitari? Inoltre, è sufficiente la descrizione di questo evento
per definirlo causa di un Trattamento Sanitario Obbligatorio? Biagio non si sofferma a lungo su
questo ma tiene a ribadire come la causa di tutto ciò fosse solo il risultato di un rapporto “malato”,
difficile, tra il figlio e Noemi, non evidenziando altre problematiche.
Inoltre bisogna sottolineare come il signor Biagio, allo stesso modo dell’intervista precedente, ha un
tono di voce basso quando parla dei problemi psichici del figlio che invece diventa più forte, chiaro
e deciso quando appunto inizia a parlare di Noemi e del rapporto di quest’ultima con suo figlio. È
proprio nei confronti della ragazza che si rivolge ancora una volta con un linguaggio distanziale,
così come succede in altre interviste, definendola “questa ragazza”, “sta ragazza” come a
evidenziare “suo figlio” e “sta ragazza” come due persone diverse e distanti.
Analizziamo ora alcune espressioni facciali tramite il Facial Action Coding System.
Perplessità
Si verifica quando si hanno dei dubbi a proposito dell’oggetto della comunicazione. Nel caso
in cui l’oggetto della perplessità siano le proprie affermazioni può essere un indizio di falso
(traducibile in lo sto dicendo, ma ho dei dubbi anch’io su di ciò)
“lasciami sul bar papà, poi scendo! Poi scende a casa e mi dice: guarda io rimango perché c’ho un
amico che..aiut..un amico che aiutava a sparecchia..a dede..a entrare le sedie, a pulire il locale (…)”
Biagio mentre racconta un’azione di aiuto nei confronti di un amico svolta dal figlio, presenta
alcune difficoltà a completare la frase, a differenza dei suoi discorsi sempre ben organizzati.
Cambi improvvisi del ritmo: la bugia è accompagnata o da un’accelerazione del ritmo,
mangiarsi le parole, pause brevi, velocità dell’eloquio, o da un suo rallentamento: pause
lunghe, esitazioni.
Disgusto
Disgusto è un sentimento di repulsione. L’oggetto dell’emozione viene valutato negativamente.
A differenza del disprezzo la svalutazione non è posta sul piano morale ma da un punto di
vista più immediato. Naso a “V”, Dilatazione delle narici, Approfondimento del solco
nasolabiale, Sollevamento del labbro Superiore, Labbro superiore tendenzialmente piatto (…)quindi avrebbe fatto tardi”.
Il disprezzo è un sentimento che indica una svalutazione (dell’argomento di cui si parla, della
persona, di una particolare situazione). L’oggetto della svalutazione è considerato
moralmente sbagliato. Può approfondirsi il solco nasolabiale; Produce una ruga a forma di
“C” e dei rigonfiamenti; Appiattisce gli angoli delle labbra, li solleva e curva verso
l’interno; Stira le labbra e la pelle sottostante le labbra
Il ragazzo decide di restare al bar ad aiutare un amico secondo la versione del padre. Eppure
riscontriamo perplessità iniziale, disgusto e disprezzo con una serie di incongruenze tra
comunicazione verbale e comunicazione non verbale.
Perché Biagio Marzo sperimenta disprezzo sul fatto che il figlio quella sera avrebbe fatto tardi?
Cosa sta svalutando? Il figlio che aiuta un amico durante l’orario di lavoro? O forse l’azione che il
figlio avrebbe commesso da lì a poco.
Biagio sembrerebbe mostrare una forte sofferenza di aver fallito come padre nonostante lui a fine
intervista confermi :”io ho fatto il padre” come a volerlo confermare a lui stesso e poi agli altri
“vorrei sapere se lei ha fatto la madre”, riferito alla madre della vittima. Inoltre è come se Biagio
avesse difficoltà nell’accettare lo stato psichico del figlio non riconoscendolo più. Lo stesso si
esprime con: “non era il mio Lucio, non più, non più”, frase accompagnata da un basso tono di voce
e dalle lacrime del signor Biagio il quale però non ammette che suo figlio è affetto da disturbi
psichici, anzi attribuisce la colpa di quei comportamenti violenti al complicato rapporto che il
ragazzo aveva con Noemi, come se i problemi e il primo TSO fossero conseguenza di quel difficile
rapporto e nient’altro.
Biagio prova disprezzo per il gesto che ha commesso suo figlio ma “ama” così fortemente il
figlio da doverlo difendere a tutti i costi. Non accetta di aver perso il controllo sul suo Lucio.
L’uomo accusato dalla famiglia del reo confesso: le riflessioni di Fausto
Fausto dopo alcuni giorni dal ritrovamento del cadavere viene accusato dai genitori del presunto
assassino di aver cercato di consegnare una pistola ai ragazzi con la quale avrebbero dovuto
uccidere i genitori del diciassettenne.
Ospite di una trasmissione televisiva, Fausto, l’uomo accusato successivamente anche dall’ex
fidanzato di aver ucciso Noemi, parla dell’omicidio. L’uomo racconta di Noemi, raramente, e del
suo rapporto con il fidanzatino, del quale invece parla ripetutamente.
Ekman evidenzia alcuni elementi fondamentali. Uno di questi, riscontrabile spesso nelle interviste
successive, e come descritto già nei capitoli precedenti, è la voce: soprattutto le pause nei discorsi
che possono essere caratterizzate dalle non-parole (ehmm, uhmm) oppure dalla ripetizione delle
parole. Quando queste pause sono troppo lunghe o troppo frequenti, o si presentano come situazioni
all’inizio di un discorso, può voler dire che il soggetto non era preparato a quella determinata
domanda oppure può mostrare la paura di essere scoperti sapendo di mentire, facendosi prendere
dall’ansia e aumentando le pause e gli intoppi. Altro elemento sono le variazioni del tono della voce
difficili da nascondere, anche se non hanno però un fondamento scientifico.
La prima intervista la definisco “strana”. La ragazza è stata uccisa da pochi giorni; quello che ci si
aspetta da chi ben la conosceva è il suo ricordo, la commovente storia di una vita spezzata a 16
anni, l’allegria e la spensieratezza di una giovane ragazza, oltre che la rabbia per l’assassino. Ma
durante questa intervista Fausto sorride spesso. Sorride durante le domande, sorride durante le
risposte.
Analizziamola:
Giornalista: “Perché Noemi ti chiamava Papà?”
La domanda potrebbe essere quasi coerente con l’espressione di Fausto, se non fosse che insieme al
sorriso l’emozione immediatamente successiva è rappresentata dal disprezzo. Disprezzo
Il disprezzo è un sentimento che indica una svalutazione (dell’argomento di cui si parla, della
persona, di una particolare situazione). Può approfondirsi il solco nasolabiale; Produce una
ruga a forma di “C” e dei rigonfiamenti; Appiattisce gli angoli delle labbra, li solleva e curva
verso l’interno; Stira le labbra e la pelle sottostante le labbra.
Il sorriso può essere stato causato da un sentimento positivo, determinato da un ricordo piacevole
dell’uomo, il fatto di chiamarlo “papà” poteva farlo sentire felice e soddisfatto del suo legame con
Noemi; viene però, secondo il FACS, tradito da una espressione incontrollabile, quella del
disprezzo. Il disprezzo viene con la parola papà. Ma analizziamo ora la sua risposta:
“Allora Noemi mi chiamava papà; Perché mi chiamava papà?” La testa si alza, sospiro “Allora..
Vedeva uuun, si senteva, si sentiva uuun un braccio forte con me perché poi ha visto quella
situazione di Tricase, quando volevano un passaggio c’era sempre Elisabetta pronta o Fausto
pronto, quando lui ha avuto problemi con lo scooter, quando è stato sequestrato, quando ciii,
quando l’ha avuto incidentato, noi l’abbiamo sempre.. eeeee… Io per andare a Tricase.. per vedermi
con Elisabetta, dovevo passare da Montesardo no?
E allora non mi costava niente, prendevo lui e lo portavo a Tricase al…al bar… piazza pisanelli”.
Perplessità
Si verifica quando si hanno dei dubbi a proposito dell’oggetto della comunicazione. Nel caso
in cui l’oggetto della perplessità siano le proprie affermazioni può essere un indizio di falso
(traducibile in lo sto dicendo, ma ho dei dubbi anch’io su di ciò).
“Oppure passavamo da Specchia, prendavamo la… la… la… la Noemi”: un lapsus freudiano.
Rimane da chiedersi perche Elisabetta e Fausto fossero cosi disponibili ad assecondare sempre le
richieste dei minorenni e soprattutto perché Fausto non risponde alla domanda della conduttrice
parlando di Noemi e del suo rapporto con la minore. Non ha una risposta, cerca subito di attirare
l’attenzione di chi ascolta su di sé e sull’aiuto dato al presunto assassino. Perché subito parla del
ragazzo e di come lui abbia salvato il minore più volte? Secondo la tecnica SCAN rientrano i seguenti criteri: connettori e spazi vuoti nella narrazione (un connettore sarebbe una frase che
collega due elementi di una dichiarazione e suggerisce informazioni mancanti):
o Un connettore sarebbe una frase che collega due elementi di una dichiarazione e suggerisce
informazioni mancanti (Driscoll, 1994), forse perché la persona non vuole rivelare cosa è
successo a quel punto (Lesce, 1990); ad esempio: “allora”, “dopo un po’”. Una narrazione
senza connettori e senza spazi vuoti indicherebbe che quella storia viene dalla memoria
degli eventi vissuti (Driscoll, 1994). Questo criterio sarebbe opposto al secondo del CBCA,
anche per l’ammissione di difetti di memoria (allora.. Vedeva uuun, si senteva, si sentiva
uuun un braccio forte).
o Fausto “salta” completamente, dopo aver ripetuto la domanda della giornalista, ad un altro
argomento; informazioni fuori dalla sequenza: quando lui ha avuto problemi con lo
scooter, quando è stato sequestrato, quando ciii, quando l’ha avuto incidentato; pone
l’attenzione su uno scooter.
Inoltre la presenza di barriere verbali (sospiro, ripetizione della domanda). Come vedremo le
interviste di Fausto sono sature di barriere verbali, ma solo quando parla del caso di Noemi, sono
assenti invece quando parla si sé e della sua vita. È chiaro che il signor Fausto non riesce a dare una
risposta alla domanda del perché Noemi lo chiamasse papà, non riesce o preferisce evitare di
rispondere. Punto che merita attenzione. Inoltre distoglie subito l’attenzione da Noemi.
Eppure nello stesso momento, dopo pochi secondi l’espressione è quella del disprezzo. Forse non
voleva farsi chiamare papà oppure la “non spiegazione” che ha dato nasconde altro.
La conduttrice continua l’intervista e chiede se lui conoscesse i genitori di Noemi. Sorrisi. I “buoni”
rapporti tra i genitori della vittima e Fausto sembrano quasi essere confermati dal sorriso di quest
ultimo, tradito però, ancora una volta, dal disprezzo.
IMMAGINE
Anche qui la risposta presenta una incoerenza con la domanda molto rilevante. Il signor Nicolì
risponde: “un paio di…eh…un paio di occasioni diverse, in mesi diversi, il ragazzino, come vuoi
che lo chiamo? Il ragazzino aveva portato via di casa Noemi”. La conduttrice lo interrompe poi
continua “ragazzino-stronzo allora lo chiamo” e accenna anche qui un sorriso. Si realizza anche in
questo caso una assenza di risposta coerente alla domanda e, ancora una volta, l’attenzione viene
spostata sul “ragazzino”.
Nessuna parola in merito a Noemi. Nessuna parola in merito ai genitori della ragazza.
Nel mezzo dell’applauso durante la trasmissione, Fausto si lascia andare ad una affermazione: “se è
stato lui l’assassino” e mostra perplessità.
A questo punto la conduttrice chiede cosa avesse detto e lui riprende: “eeeee…come?? Si, se è lui
l’assassino; si sa? Per certo? Perché dice tante di quelle fandonie! Bho, non lo so! È stato tanto
bravo a portare la, a parlare poi si blocca, perché non fai ritrovare i.. il coltello visto che dici che c’è
questo coltello, questa maglia, perché non la fai ritrovare? Perché non gli dici le cose come stanno?
Perché a un certo punto questo qua… perché… vi voglio precisare (aumento del tono della voce)
che L. è una persona sanissima di testa, non è una persona né depressa, né una persona psicopatica,
né tanto… L. lo conoscevo, si un pochino aggressivo forse”. Anche qui presenza di barriere verbali. Prima il signor Nicolì evita di chiamare il minorenne assassino, ma anzi si sofferma a chiamarlo
ragazzino-stronzo nonostante l’invito della conduttrice a poter chiamarlo nella sua trasmissione
assassino; poi pone il dubbio: “se è stato lui l’assassino”.
Giornalista: “Fausto lei è stato accusato dalla mamma dell’assassino di Noemi di essere colui che
avrebbe comprato prima o poi una pistola per uccidere lui addirittura i genitori del ragazzo
assassino”
Fausto quando sente tali parole si morde il labbro e smette di sorridere; addirittura per la prima
volta lo sguardo è rivolto verso il basso. A riguardo:
La persona sposta gli occhi verso stimoli considerati salienti
A seguito di una domanda i movimenti oculari sono associati a processi di pensiero
Maggiori sono i movimenti oculari prima di una risposta, maggiore sarà il tempo di latenza
I movimenti oculari possono essere utili anche per identificare la fuga di sguardi, atteggiamento
tipico delle situazioni di colpa e vergogna.
Inoltre, ben si vede nel video, Fausto sospira, deglutisce, e sembra respirare più velocemente. La
frase della conduttrice lo ha sicuramente agitato, ma non risponde a tale accusa.
“ci sono delle cose che non mi tornano, dei conti che non tornano, e bha… penso che… Che non c’è, emmm, ti dico che ho sempre, che sono dei miei pensieri, che c’è più di una mano
qua, che ha contribuito”. Altro criterio della tecnica SCAN, insicurezze verbali: espressioni come
“Credo”, “Penso”, “Per quanto ne so”, ecc. indicherebbero, secondo Adams (1996), che il soggetto
evita di scendere a compromessi e assumersi la responsabilità della sua affermazione, il che
suggerirebbe di mentire.
“Si, secondo me sempre sono sempre i miei pensieri, è un mio pensiero, non è che…”.
Comunque, il solo fatto che non si esprime su Noemi che lo chiama papà e che non abbia parole
d’affetto, di pietà, di tristezza per il tragico evento né nei confronti della sedicenne né nei confronti
della famiglia di lei può sembrare abbastanza strano.
Poi ci tiene però a precisare a “quel signore”, riferendosi al padre del ragazzo, che “io a lui ho fatto
solo del bene, sempre”. Quando da la sua versione dei fatti Fausto non mostra alcuna barriera
verbale, parla deciso e con molta sicurezza.
Le indagini continuano e Fausto, in una lettera, viene accusato dal presunto assassino: “È stato lui,
Fausto Nicolì, ad aver ucciso Noemi”: dopo questa rivelazione dell’imputato, ora in carcere
minorile a Quartucciu dopo l’arresto lo scorso 13 settembre, il meccanico 49enne e amico di
famiglia dei Durini è stato indagato a sua volta per omicidio e pedopornografia.
Fausto dopo le accuse del presunto assassino
Nel corso dell’intervista precedente caratterizzata dalla tranquillità e dai sorrisi del signor
Nicolì, in questa invece è vero il contrario. Il tono appare molto diverso dalla precedente; Fausto si
presenta più severo, rigido, con sentimenti di rabbia verso quelli che definisce “questi signori, i
demoni” i genitori del ragazzo. Gesticola con un cacciavite in mano durante il corso di tutta
l’intervista. Analizziamola:
“Questi mi stanno accusando di un omicidio”. Continua a discostarsi dal presunto assassino e dalla
famiglia di lui definendoli “questi”. Questi non è l’unico modo di identificarli, lo fa con vocaboli
differenti durante l’intervista definendoli addirittura demoni, tanto che la tecnica SCAN riconosce
tale modalità nel criterio n.14 Cambiamento della lingua. Secondo Sapir se qualcuno usa
costantemente il vocabolario attraverso la stessa affermazione, è improbabile che mentirà mentre
che un cambiamento nel linguaggio riflette un cambiamento nella realtà. Dal definirli “questi
signori” a definirli “demoni, burattinai” il cambiamento è chiaro. Sono le accuse di questi nei
confronti del signor Fausto.
“Qualche accusa altra me la aspettavo ma mai una cosa del genere”. Fausto continua ad aspettarsi
altre accuse dalla famiglia del ragazzo. Perché aspettarsi ulteriori accuse? Cosa aspettarsi più di un
“Fausto ha ucciso Noemi?”.
Perplessità
Si verifica quando si hanno dei dubbi a proposito dell’oggetto della comunicazione. Nel caso
in cui l’oggetto della perplessità siano le proprie affermazioni può essere un indizio di falso
(traducibile in lo sto dicendo, ma ho dei dubbi anch’io su di ciò).
Fausto ha difficoltà nel parlare, il suo discorso è ricco di barriere verbali.
Osservando il video, si può notare la costante presenza del cacciavite in mano e si può
osservare come i gesti illustratori siano del tutto incoerenti col discorso, come tempi e asimmetrici.
Infatti, i gesti illustratori accompagnano e illustrano ciò che si sta dicendo, scandiscono il discorso
come una punteggiatura, ampliano o completano il contenuto della comunicazione indicando:
relazioni spaziali, forme e movimenti. Durante la menzogna i gesti illustratori diminuiscono,
possono essere incoerenti col contenuto verbale, possono essere asimmetrici, possono essere fuori
tempo. I gesti illustratori tendono a diminuire anche in altre situazioni come quando c’è assenza di
investimento emotivo o quando c’è difficoltà nel decidere cosa dire esattamente.
“io con quel mostro del figlio non lo sentivo da due mesi, con la Noemi da dieci giorni; non c’è una
telefonata in quella notte, non c’è un messaggio con un altro telefono di venire a Castrignano”
La rabbia è una delle emozioni più pericolose, si verifica quando:
• c’è una frustrazione, ovvero quando un ostacolo si frappone tra la persona e l’obiettivo
che essa vuole realizzare;
• quando uno dei principi morali in cui crede la persona viene violato;
• la rabbia altrui
Questa affermazione potrebbe rientrare in una confessione indiretta. Nessuno ha chiesto se avesse
sentito Noemi e come l’avesse sentita. E poi la presenza costante di barriere verbali.
“E allora dovevano trovare eeeee dove ci aggrappiamo? A Fausto”. Criterio: mancanza di
collegamento. Perché ci si deve attaccare a Fausto? Sembra mancare una informazione senza la
quale non si può comprendere il perché di tale affermazione. Perché “attaccarsi” proprio al signor
Nicolì e non ad un altro?
Fausto prima dell’interrogatorio
“Non può esserci nessun indizio nei miei confronti, mmmm, né una telefonata, né una foto, ma
qualunque cosa, sono solo pura fantasia di questo squa…squallido personaggio, stu squilibriato mentale. Hanno zero di prove, zero più zero uguale zero”. Né una telefonata è una forte incoerenza
rispetto a quello che dirà dopo l’interrogatorio: circa 100 chiamate nell’anno.
Quando il giornalista afferma che il ragazzo ha confessato che Fausto precedeva la loro auto, Fausto
non dice “io quella sera stavo a casa” o “io non c’ero proprio” “io non ho mai seguito i ragazzi”,
Fausto dice “io quest’estate non l’ho fatta proprio sta strada qua”. Fausto avrebbe potuto percorrere
un’altra strada?
Fausto esce dall’interrogatorio durato circa 4 ore. Prima menzogna oggettiva: Fausto dichiara che
gli inquirenti hanno voluto sapere il motivo di quelle chiamate, circa 100, tra lui e Noemi, quelle
stesse chiamate che nell’intervista precedente negava. “C’erano le mie chiamate eeeeee in una
annooooo (…) e non so quanto mi hanno detto… in un anno? Un centinaio”. Secondo Lesce le frasi
“non ricordo”, “non lo so”, nascondono un dettaglio critico che la persona che parla preferirebbe
dimenticare o evitare di menzionare.
G: “E invece per le accuse di sfruttamento della prostituzione, filmini pedopornografici?”. Il
discorso sulla pedopornografia lo agita facendo trapelare rabbia.
F: “Ma non c’è niente!” Il tono della voce è più acuto, e aumentano i movimenti del corpo. “nessun
filmino pornografico sul tuo cellulare?” Fausto non nega, fausto risponde “guarda, quelli ancora
non sono usciti, ma presto usciranno” Freud lo chiamerebbe lapsus o potrebbe invece riferirsi a
accertamenti tecnici.
“Sei tranquillo?” – “Tranquillissimo”. Emozione soffocata subito coperta da un sorriso.
“Faccia capire bene, come mai si inventano questa cosa? Potevano dirlo prima” Fausto ha difficoltà
nell’esprimersi, si nota chiaramente che non si aspettava tale domanda e viene colto impreparato. Così rimanda la risposta al signor Marzo: “eee..e perché? Chiedetelo chie chiedetelo…chiedetelo al
burattinaio, bella domanda questa, lei deve andare da lui” aumentano i toni; io oggi risponderò non
ci potrà essere niente, né ora, né oggi né mai” Fausto risponde cosi con le ultime parole,
sottolineando che non hanno prove e che non riusciranno ad averne.
Ho lasciato l’ultimo criterio della tecnica SCAN alla fine: la negazione delle accuse. Infatti il
colpevole, come abbiamo detto sopra, non negherà direttamente le accuse con la frase “Non sono
stato” o “Non l’ho fatto” (falsificazione), ma piuttosto ometterà solo informazioni vere: dirà la
verità, ma non tutte (occultamento). Quindi smentite dirette dello stile “Non l’ho fatto” in una
narrativa libera probabilmente vengono solo da soggetti veritieri (Driscoll, 1994, Smith, 2001).
L’innocente invece negherà il comportamento criminale in modo diretto. Fausto non lo fa mai, non
si proclama mai innocente, non dice mai “io sono innocente”.
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