Tecniche di Comunicazione per il Mediatore Civile
LA PROCEDURA DI MEDIAZIONE
SESSIONE CONGIUNTA FINALE: ACCORDO O NON ACCORDO?
SORPRESA: IL MEDIATORE “CONCRETO”!!
(Autori Simone Scartabelli e Claudia Caravati – articolo in parte pubblicato dagli stessi autori ne “IL METODO DEL NEGOZIATO DI HARVARD NEL MODELLO DI MEDIAZIONE GEO-C.A.M. OVVERO: ABBIAMO VISTO GIUSTO?”)
Dopo aver sollecitato le parti a creare più opzioni negoziali o, più frequentemente, suggerendole loro in modo indiretto (per far si che quella possibile proposta non possa essere identificata come la “soluzione del mediatore”), il mediatore è chiamato a concretizzare gli sforzi ed il lavoro fatto insieme fino a quel momento.
La fase finale della procedura é delicata perché gli ultimi dubbi, le restie perplessità e resistenze delle parti verso l’accordo potrebbero cadere in questo passaggio o, per contro, esacerbarsi e mettere in pericolo un possibile epilogo positivo della lite. Potrebbero inoltre emergere elementi nuovi ed inaspettati che possano sparigliare le carte fino ad allora considerate.
Un esempio pratico ci viene fornito da un caso reale che ha riguardato un conflitto sorto tra due amici, Paolo e Guido, che avevano fondato insieme un biscottificio artigianale, con rispettive quote di proprietà del 60% e del 40%.
Paolo, che si occupava degli aspetti commerciali e di distribuzione del prodotto, aveva aperto un’altra attività di distribuzione bevande che gestiva parallelamente al biscottificio, a completa insaputa del socio di minoranza Guido.
Guido, che da sempre si occupava della produzione dei biscotti, impegnato direttamente dall’impasto alla cottura, chiedeva investimenti che modernizzassero le attrezzature ed i macchinari, sollevandolo cosí dal grande impegno in termini di tempo e di fatica, facendogli di conseguenza guadagnare un po’ di tempo libero da dedicare a famiglia ed hobby ed innalzando il livello qualitativo della propria vita extraprofessionale.
Paolo si opponeva agli investimenti economici richiesti da Guido, adducendo problemi finanziari, senza peró specificare che tali impedimenti derivavano dallo sforzo economico che aveva sostenuto nell’azienda di distribuzione bevande, chiedendo al mediatore, che aveva raccolto la confidenza in sessione privata, di non rivelare la circostanza.
Nelle esercitazioni svolte spesso il mediatore é riuscito a far emergere elementi importanti per chiudere un accordo, basandosi su un investimento dilazionato nel tempo, generalmente bilanciato dal riassetto delle quote societarie, condizionandolo sovente ad una nuova assunzione che supporti Guido e lo sollevi da orari gravosi.
Semplice! Quasi lapalissiano! Praticamente un accordo fatto…..
Ma qui spesso é uscita l’idea che il mediatore ha della filosofia conciliativa, concretizzata nell’amletico dubbio: è giusto che si concluda un accordo che non ha la certezza di durata e tenuta nel tempo?
L’incognita della durata è rappresentata dalla mancata rivelazione dell’esistenza della seconda societá di Paolo ed il perdurare di un’ambiguitá in un rapporto dove affari ed amicizia si intrecciano in modo indissolubile.
E’ stato interessante vedere come spesso il finale della esercitazione abbia preso strade diverse, orientate dal mediatore e dalle emozioni delle parti; in alcuni casi le parti hanno chiuso l’accordo non rendendo noto il “segreto” della seconda attivitá.
In altri casi Paolo ha confessato a Guido il nuovo impegno lavorativo, raccogliendo una reazione rabbiosa ma che ha poi portato comunque ad una comprensione della situazione e ad una intesa.
In altri casi ancora Guido, dopo essere stato messo a conoscenza della distribuzione di bibite, non è riuscito a superare la delusione, sentendosi tradito dall’amico, con conseguente mancato accordo.
Qualcuno dei coraggiosi lettori si domanderá: “…E il mediatore cosa ha fatto? Come si é posto? Ha cercato di orientare l’opinione delle parti?”
Il mediatore ha seguito il proprio istinto, la propria indole, la propria sensibilitá ed ha agito di conseguenza, non in modo univoco in ogni esercitazione. Importante per lui é stato riuscire a non essere implicato nelle emozioni vissute e trasmesse dalle parti: la luciditá del negoziatore é un punto fermo rispetto al quale non si puó venir meno, anche (e sopratutto) davanti a situazioni particolarmente coinvolgenti, dove schierarsi da una parte é una forte tentazione.
Ricordiamoci che il compito del mediatore è quello di riattivare la comunicazione tra le parti ed accompagnarle verso la soluzione della lite, in modo neutrale, equiprossimo a loro, gestendo le loro tensioni, le loro ansie, le loro frustrazioni, esaltando gli aspetti positivi in campo e neutralizzando le cariche negative che un conflitto offre in abbondanza.
Quando avrete risposto alla domanda posta qualche riga fa, circa la chiusura di un accordo che non ha solida base che ne garantisca la durata nel tempo, vi preghiamo di soffermarvi su un altro aspetto non secondario: quello dell’applicazione dei cosiddetti filtri alla possibile soluzione.
Per filtri si intendono le limitazioni ad un accordo rappresentate da leggi, norme locali e/o sovraordinate, convenzioni o prassi. Un esempio banale ci viene offerto da un caso reale:
In un conflitto tra due vicini (il proprietario di un’abitazione e il titolare dell’attigua officina meccanica) riguardante il rumore tra gli ambienti, la costruzione di una barriera antirumore, costituita da pannelli altri m 2,50 e nascosta in una siepe, avrebbe rappresentato la soluzione del problema; non è stato possibile attuarla a causa delle stringenti e non chiare norme tecniche di attuazione dello strumento urbanistico comunale, gravanti sulla zona di ubicazione degli immobili oggetto di contestazione. Il mediatore ha dovuto portare le parti ad “inventare” un’alternativa che ha limitato il rumore agendo sugli orari di lavorazione dell’azienda, con l’impegno di esse a presentare congiuntamente una argomentatissima richiesta all’Amministrazione per la variazione della norma ostativa ed a procedere, nel caso di accettazione della richiesta e del conseguente decadimento delle limitazioni degli orari lavorativi, alla costruzione della barriera antirumore.
La concretezza del mediatore, più volte richiamata, sta anche nella presa d’atto e nella “virata” a volte forzatamente imposta alla soluzione condivisa. La voglia di chiudere un conflitto non deve mai farci dimenticare, nell’entusiasmo dell’intravedere una via tracciata che porti all’accordo, che il nostro sforzo (e ovviamente quello delle parti) deve essere attentamente verificato sotto ogni punto di vista, analizzando con pazienza le circostanze e le conseguenze di una soluzione piuttosto che un’altra.
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