Statement Validity Assessment (SVA): Uno strumento per valutare l’attendibilità dei testimoni

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Statement Validity Assessment

Ad oggi lo Statement Validity Assessment (SVA) è probabilmente il più popolare strumento utilizzato per valutare la veridicità della testimonianza soprattutto nei casi di reati sessuali (Vrij, 2000). Valutazioni effettuate tramite SVA sono accettate come prova in qualche tribunale americano e in tribunali di diversi Paesi europei, come la Svezia, la Germania e i Paesi Bassi.

Le opinioni sulla scientificità e sull’uso di tale strumento sono contrastanti: lo SVA dovrebbe essere usato più ampiamente secondo Honts (1994), in quanto, secondo il suo parere, la validità scientifica di tale strumento sarebbe stata definitivamente dimostrata, e secondo Raskin e Esplin (1991) e Zaparniuk, Yuille e Taylor (1995) che hanno premuto per l’utilizzo della procedura SVA nella sede penale nel Nord America. Altri invece sono più scettici (Brigham, 1999; Davies, 2001; Agnello, Sternberg, Esplin, Hershkowitz, Orbach, e Hovav, 1997; Rassin, 1999; Ruby & Brigham, 1997; Wells & Loftus, 1991).

Lo Statement Validity Assessment nacque in Germania in seguito all’evoluzione di una precedente tecnica utilizzata nel contesto forense tedesco per verificare se un bambino era stato realmente vittima di abuso sessuale. Ancora oggi provare che un reato di abuso si sia veramente verificato è compito assai arduo, soprattutto perché soventemente non vi è alcuna prova medica o fisica ad attestare l’accaduto. Risulta inoltre difficile ricostruire le modalità con cui il reato è stato messo in atto poiché, oltre al fatto che frequentemente la presunta vittima e l’imputato rilasciano testimonianze contraddittorie, spesso non vi sono testimoni terzi in grado di dare una versione obiettiva degli eventi. Quindi, come già precedentemente sostenuto, la credibilità del convenuto e dell’attore acquistano una notevole importanza nella verifica e nella ricostruzione dei fatti. La situazione peggiora però se la presunta vittima risulta essere un bambino, in quanto gli adulti hanno la tendenza a diffidare in partenza delle loro dichiarazioni (Ceci & Bruck, 1995).

Per ovviare a tali difficoltà negli anni ‘70/’80 gli psicologi tedeschi Arntzen (1982) e Undeutsch (1982) e lo Psicologo svedese Trankell (1972) proposero diversi criteri che sarebbero potuti essere utilizzati per valutare la veridicità delle dichiarazioni rilasciate. Il primo a fornire e a descrivere un elenco di tali criteri fu Undeutsch (1967). La sua ipotesi di partenza fu che “truthful, reality-based accounts differ significantly and noticeably from unfounded, falsified, or distorted stories” (Undeutsch, 1982, pag. 44) ovvero che i racconti basati sulla realtà differiscono notevolmente e sensibilmente da storie infondate, false o distorte. Undeutsch sottolineò inoltre che, a parte l’utilizzo di tali criteri, per formarsi un parere definitivo circa la veridicità di una dichiarazione dovevano essere presi in considerazione altri aspetti, come il grado di coerenza tra la narrazione rilasciata e le informazioni ricavate da altre fonti (Gumpert e Lindblad, 1999).

Successivamente con il contributo di Gunter Koehnken, Max Steller e altri, l’analisi delle dichiarazioni fece un ulteriore passo avanti: i criteri proposti da Undeutsch vennero affinati e vennero integrati in una procedura di valutazione formale che per l’appunto venne chiamata SVA (Koehnken & Steller, 1988; Raskin & Yuille, 1989; Raskin & Esplin, 1991; Steller e Boychuk, 1992).

Lo SVA nella sua forma attuale comprende le seguenti fasi:

  • un attento esame dell’informazione relativa al caso;
  • un’intervista semi strutturata del minore;
  • un’analisi di contenuto basata sui criteri (CBCA),
  • la valutazione dei risultati ottenuti tramite CBCA.

I fatti che riguardano il caso vengono prelevati da ogni possibile fonte d’informazione. Ciò comprende le informazioni ricavate dai verbali di polizia, gli schedari dei servizi sociali, l’anamnesi psicosociale delle persone coinvolte, test diagnostici e psicodiagnostici se disponibili, i documenti emessi dal tribunale e le informazioni della scuola (se si tratta di un bambino/adolescente) e della famiglia. Varie fonti di dati permettono di delineare la storia (inizio e fine) delle accuse (Steller & Boychuck, 1992). I dati ottenuti consentono all’esaminatore di formulare svariate ipotesi circa le presunte vicende accadute.

L’intervista semi strutturata è stata progettata per verificare quest’ultime diverse ipotesi. Il formato dell’intervista è stato elaborato con lo scopo di ricavare più informazioni possibili dalla narrazione libera da parte del soggetto. Le domande si articolano secondo la modalità “ad imbuto”, cioè partendo da domande più aperte che permettono di ottenere un racconto libero dell’evento, si arriva a formulare e a sottoporre al soggetto intervistato quelle che richiedono risposte più specifiche (Steller & Boychuck, 1992). Parecchi ricercatori hanno progettato speciali tecniche di intervista allo scopo di ottenere quante più informazioni possibili, soprattutto dai bambini, attraverso uno stile di narrazione libero (Bull 1992, 1995, 1998, Davies, Westcott, e Horan, 2000; Hershkowitz, 1999, 2001; Agnello, Sternberg, e Esplin 1994, 1998; Agnello, Sternberg, Orbach, Hershkowitz, e Esplin, 1999; Memon & Bull, 1999; Milne & Bull, 1999; Raskin & Esplin, 1991b; Sternberg, Agnello, Esplin, Orbach, e Hershkowitz, 2002).
Una volta ricavata la narrazione dei fatti da parte della probabile vittima del reato, lo SVA prevede che questo materiale sia sottoposto ad un’accurata analisi del suo contenuto. Quest’ultima viene svolta con il Criteria-Based Content Analysis (CBCA).

Criteria Based Content Analysis (CBCA)

Questo metodo di analisi riprende le ipotesi e i criteri sopra descritti: utilizza 19 criteri, raggruppati in 5 categorie che, essendo considerati degli indicatori di realtà, dovrebbero essere in grado di diversificare le testimonianze vere da quelle false.
Per formulare un giudizio completo riguardante il racconto rilasciato è stata costruita una Validity Checklist che permette di raccogliere ulteriori particolari da sommare all’analisi effettuata con il CBCA. Questo strumento utilizza un metodo basato sulla falsificazione, che serve per equilibrare i risultati del CBCA. Rappresenta una sorta di garanzia di correttezza del giudizio, poiché impedisce di giungere a conclusioni definitive prima di aver considerato tutti gli elementi (Mazzoni & Ambrosio, 2003). Nel dettaglio, questo strumento investigativo integrativo comprende due tipologie di indici: quelli relativi alle dichiarazioni testimoniali e quelli investigativi. I primi comprendono: caratteristiche psicologiche, caratteristiche dell’intervista e motivazione. I secondi invece comprendono: la coerenza con le leggi della natura, coerenza con altre affermazioni, coerenza con altre prove.
L’aspetto maggiormente positivo dello SVA. e del CBCA, che rappresenta il suo nucleo centrale, è rappresentato dal fatto che permette di sistematizzare l’intervista e la procedura di valutazione. Risulta meno probabile quindi, che i pregiudizi personali interferiscano con l’obiettivo investigativo dell’intervista.

di Denise Isabella

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