asse intestino cervello

Asse intestino cervello: perchè l’intestino è un secondo cervello emotivo

Questo articolo di Giulia Fenili spiega come il cervello è connesso all’intestino. Scopri perché l’intestino è considerato un “secondo cervello”.

Come il sistema nervoso interagisce con la pancia

Il sistema nervoso autonomo viene convenzionalmente suddiviso in tre diverse branche: sistema simpatico, parasimpatico ed enterico. Il sistema nervoso enterico (SNE) risulta relativamente indipendente dal sistema nervoso centrale (SNC): il ponte tra SNC e intestino è il nervo vago, il principale nervo del sistema parasimpatico.

Il SNE si divide in due plessi: mienterico di Auerbach e mucoso di Meissner. Le sue fitte connessioni interessano la maggior parte degli organi interni, permettendo loro un intenso scambio bidirezionale di comunicazioni con il SNC: il livello di complessità raggiungibile da questo intricato sistema di innervazione è tale da permettere di attribuirgli un ruolo importante nella modulazione di alcune funzioni cognitive diverse da quelle tradizionalmente riservatogli (per esempio, il controllo della muscolatura liscia degli organi interni).

Il SNE è sensibile ad alcune lesioni: in alcuni pazienti con Alzheimer sono state trovate placche amiloidi a questo livello, ma non solo, in alcuni pazienti con demenza sono stati trovati anche i corpi di Lewy che causano demenza (Gershon et al., 1999).

L’intestino è il secondo cervello

Il SNE, soprattutto nel tratto gastro-intestinale, è stato addirittura definito un “secondo cervello” (Mayer et al., 2011).

A giustificazione di tale analogia vengono portate le seguenti argomentazioni:

  • numero di neuroni ➔ il SNE contiene dai 200 ai 600 milioni di neuroni (Furness, 2006). Una tale quantità di neuroni, analoga a quella presente nell’intero midollo spinale, rende ragionevole ipotizzare che il SNE possa svolgere anche funzioni più complesse di quelle tradizionalmente attribuitogli (Mayer et al., 2011)
  • la funzione di tali neuroni➔ i neuroni presenti all’interno del SNE prendono il nome di neuroni enterici. Questi neuroni non sono supportati dalle cellule che supportano il resto del sistema nervoso periferico, bensì da cellule gliali simili agli astrociti del Ad oggi sono state individuate più di cinquanta sostanze attive chimicamente all’interno del SNE, in gran parte identiche a quelle del SNC (Harrington et al., 2010): tali sostanze possono agire come neurotrasmettitori o come neuromodulatori, con effetto sia eccitatorio che inibitorio. Per fare un esempio, la serotonina (5-HT) è un mediatore della connessione cervello-intestino: Gershon (1991) per primo ha proposto che la serotonina soddisfa i criteri per un neurotrasmettitore nel tratto gastrointestinale e, successivamente, ha contribuito alla caratterizzazione dei sottotipi recettoriali che hanno portato a nuovi agenti terapeutici nel campo della neurogastroenterologia.

La serotonina si trova al 95% nell’intestino ed ha un ruolo nel combattere la depressione

La serotonina è un neurotrasmettitore cerebrale importante che è rilevante per la depressione, l’emicrania e altre malattie neuropsichiatriche. È stato stimato che circa il 95% della serotonina è presente nel tratto gastrointestinale (Kim et al., 2000).

La serotonina, i sottotipi specifici del recettore della serotonina e il trasportatore della ricaptazione della serotonina svolgono un ruolo sia nel sistema nervoso enterico che nella comunicazione tra sistema nervoso enterico e il sistema nervoso centrale.

Serotonina e sindrome dell’intestino irritabile

La serotonina influisce anche la sindrome dell’intestino irritabile (Gershon et al., 2003).

  • la fitta bidirezionalità delle informazioni tra intestino e SNC➔ non è solo il SNC a esercitare un controllo sul SNE, ma c’è anche una comunicazione nella direzione inversa: la bidirezionalità tra questi due sistemi dipende in larga misura dall’integrità del nervo vago. Le informazioni che partono dall’intestino e arrivano al cervello sono maggiori di quelle che partono dal cervello e arrivano all’intestino (Gershon et , 1999).

Come il cervello è connesso all’intestino

Tali considerazioni hanno portato all’identificazione di un vero e proprio asse intestino-cervello (Gershon et al., 1999), il cui scambio bidirezionale di informazioni potrebbe caratterizzare anche le emozioni: alcune evidenze scientifiche suggeriscono che le varie funzioni intestinali e l’esperienza di determinate emozioni potrebbero influenzarsi reciprocamente. L’alterazione dell’asse può portare ad effetti patologici: vi è una comorbidità tra disturbi gastrointestinali e psichici (Orzi & Zorchi, 2015 ).

L’intestino è coinvolto anche nella risposta a stimoli stressanti, in quanto racchiude al suo interno popolazioni batteriche che agiscono sul sistema immunitario rilasciando steroidi e citochine infiammatorie. Tra cervello e intestino si forma un complesso sistema di comunicazione bidirezionale che interviene non solo nel mantenimento dell’omeostasi gastrointestinale e della digestione, ma ha effetti anche su stress, emozioni, motivazioni e processi decisionali (Mayer, 2011).

asse intestino cervello connessione

Fig.20: Asse intestino-cervello (fonte: Wasilewska, Klukowski, 2015)

 

Come lo stress influenza l’intestino

Lo stress, sia in età infantile che adulta, è in grado di modificare il microbiota dell’intestino, cioè l’insieme dei microrganismi che lo popolano. L’intestino reagisce allo stress producendo citochine infiammatorie, che provocano una serie di effetti negativi sul metabolismo, sistema immunitario, sistema ormonale e sistema psichico. Lo stress induce una modificazione della composizione del microbiota intestinale, per esempio alterando la barriera intestinale che risulta fondamentale per bloccare tossine, germi e altre sostanze indesiderate (Cryan & Dinan, 2012). Un aumento di batteri risulta collegato ad alcuni effetti dello stress cronico sulla vita psichica, come la depressione (Cryan & Dinan, 2012).

Gli esperimenti che dimostrano la connessione tra cervello e intestino

Per verificare gli effetti del microbiota intestinale sono stati condotti una serie di studi sui topi: nonostante i risultati interessanti ottenuti sul modello animale, l’opportunità di generalizzare tali scoperte all’Uomo è limitata a causa delle profonde differenze nel sistema digestivo dei roditori, che tipicamente deve fronteggiare delle popolazioni batteriche molto diverse.

Per aggirare tale problema, le ricerche hanno studiato topi privi di germi (detti topi germ-free), nel tentativo di rendere le condizioni sperimentali del modello animale più simili a quelle di un modello umano (Cryan & Dinan, 2012). In un primo studio di Sudo (2004) con i topi germ-free e i relativi controlli, i ricercatori sono andati a confrontare le risposte di questi animali ad alcuni stimoli stressanti. Per la valutazione delle risposte allo stress, i ricercatori misurarono i livelli di ACTH e corticosterone sia nel sangue dei topi germ-free sia in quello del gruppo di controllo. I risultati mostrarono che i topi germ-free si distinguevano dal gruppo di controllo in quanto, di fronte a stimoli stressanti, i loro livelli ormonali erano più alti (Sudo et al., 2004).

I risultati dell’esperimento sull’asse intestino cervello

Successivamente, i ricercatori si accorsero che la risposta allo stress poteva tornare normale nei topi germ-free a seguito dell’inoculazione del batterio Bifidobacterium infantis (uno tra i primi microrganismi che colonizzano il tratto gastrointestinale dopo la nascita). Le ricerche mostrarono anche un’altra differenza tra topi normali e germ-free: vi era una riduzione della quantità di BDNF (fattore neurotrofico cerebrale) nei topi germ-free a livello dell’ippocampo e della corteccia (Sudo et al., 2004). Il BDNF è un fattore di crescita che svolge il suo ruolo nel SNC, la sua azione prevede un aumento della crescita e della differenziazione dei neuroni e delle rispettive sinapsi. Per attivare il BDNF sono necessari sia l’esercizio fisico che quello mentale, ciò contribuisce ad un miglioramento dell’apprendimento, della memoria e del ragionamento. La scarsa quantità di questo fattore neutrofico si associa ad alcune patologie psichiche come la schizofrenia, la demenza e la depressione.

Come l’attività dell’intestino può renderci ansiosi

Uno studio successivo di Bercik (2010) ha dimostrato che infettando i topi non solo si assisteva ad una lieve infiammazione intestinale, ma i livelli di BDNF risultavano diminuiti nell’ippocampo: ciò provocava ai topi un comportamento di tipo ansioso. La situazione veniva ripristinata mediante la somministrazione di microbioti benefici (Bercik et al., 2010). In un altro studio, Bercik (2011) somministrò ai topi alcuni antibiotici la cui azione modificava la composizione dei batteri intestinali. Dopo tale somministrazione i ricercatori videro che il comportamento dei topi era decisamente cambiato: gli animali erano più inclini ad esplorare l’ambiente e più avventurosi. Questa somministrazione aveva agito anche a livello centrale: il BDNF era aumentato nell’ippocampo. Una volta terminato il trattamento, il comportamento dei topi tornava come prima (Bercik et al., 2011).

Ad oggi, questi studi sul modello animale hanno permesso di affermare che il microbiota intestinale agisce su molte condizioni che coinvolgono il sistema nervoso centrale, tra le quali risultano particolarmente interessanti lo stress, l’ansia e la depressione.

connessione cervello intestino esperimenti

Fig.21: Livelli di BDNF nei topi germ-free (in nero) e topi normali (in bianco) (fonte: Sudo et al., 2004)

Come interagiscono il cervello e l’intestino. Il caso dell’intestino irritabile

Lo studio dell’interazione tra cervello e intestino si deve anche al dolore viscerale, che risulta dominante in svariati disturbi gastrointestinali come la sindrome da intestino irritabile (IBS). Questo tipo di dolore impatta sulla quotidianità dei pazienti e ne riduce la qualità della vita. La sua percezione coinvolge sia il livello periferico che il livello corticale e sottocorticale, dal momento che si attiva la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prelimbica. Le zone corticali e sottocorticali che si attivano nel dolore viscerale sono le stesse che si attivano durante l’elaborazione di uno stress psicologico: vi è quindi una sovrapposizione tra dolore viscerale e stress (Cryan & Dinan, 2012).

Il microbiota intestinale è in grado di influenzare il dolore viscerale, in quanto alcuni probiotici (sostanze benefiche per il nostro organismo, antagonisti dei microrganismi patogeni) riescono ad alleviare il dolore viscerale indotto da stress.

Come le connessioni tra intestino e cervello influenzano i bambini con autismo

Lo studio dell’asse intestino-cervello riguarda anche i bambini con disturbo dello spettro autistico (ASD): i disturbi gastrointestinali, causati da un’alterazione del microbiota intestinale, sono presenti frequentemente nei bambini con disturbo dello spettro autistico .

Questi disturbi gastrointestinali portano nei bambini con disturbo dello spettro autistico un peggioramento significativo dei comportamenti di ansia, agitazione, autolesionismo e aggressività: curando i disturbi gastrointestinali si possono alleviare i disturbi comportamentali (Wasilewska & Klukowski, 2015).

connessione cervello intestino irritabile

 

Fig.22: Sintomi (a sinistra) e disturbi (a destra) gastrointestinali in bambini con ASD (fonte: Wasilewska, Klukowski, 2015)

Come l’intestino influenza il nostro comportamento

Wasilewska e Klukowski (2015) propongono un modello ciclico dell’interazione tra intestino e cervello: l’ambiente intestinale si riflette nel sangue sottoforma di prodotti della digestione che sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e influenzare il nostro comportamento. Questa modulazione interviene in particolare sul comportamento alimentare, andando a influenzare le preferenze in termini di selezione del cibo: le sostanze assunte con l’alimentazione andranno poi a variare la popolazione del microbioma, facendo ripartire il ciclo.

ciclo cervello intestino comportamento

Fig.23 Ciclo che coinvolge intestino, SNC e comportamento alimentare (fonte: Wasilewska, Klukowski, 2015)

 

Bravo (2011) ha suddiviso i topi in due gruppi: un primo gruppo doveva assumere un brodo assieme ad un batterio probiotico, l’altro gruppo (di controllo) doveva assumere solo il brodo. Dopo 28 giorni vennero analizzati i risultati: i topi che avevano assunto il brodo con l’aggiunta del batterio non rinunciavano ad esplorare l’ambiente, inoltre producevano una quantità minore di corticosterone risultando meno stressati rispetto al gruppo di controllo.

Gli esperimenti che dimostrano l’influenza dell’attività dell’intestino sul comportamento

L’altro risultato ottenuto consisteva nel fatto che alcune aree cerebrali dei topi che avevano assunto il batterio avevano un numero aumentato di recettori per il GABA: il GABA disattiva l’attività eccitatoria neuronale tenendo l’ansia sotto controllo (Bravo, 2011). Ma non è solo il sistema enterico ad influenzare il cervello, lo scambio d’informazioni è bidirezionale, anche il cervello agisce sul sistema enterico.

Bailey (2004) ha sottoposto alcune scimmie in gravidanza a forti rumori, questa situazione stressante ha provocato nei neonati un minor numero di batteri benefici: questo dimostra come il cervello agisca direttamente sul sistema enterico (Bailey et al., 2004).

Knowles (2008) ha portato avanti queste ricerche prendendo in esame gli uomini, in particolare studenti universitari. I ricercatori hanno osservato che nel periodo degli esami gli studenti hanno un numero minore di batteri benefici nelle loro feci: ciò significa che lo stress scatenato da alcune particolari situazioni, come ad esempio un esame, incide sul nostro microbioma (Knowles et al., 2008).

La connessione dell’asse intestino-cervello con l’obesità

L’intestino ha un legame stretto anche con i comportamenti alimentari, in particolare con l’obesità, uno dei problemi di salute più frequenti di questi ultimi anni. L’obesità si trova in comorbidità non solo con i disturbi cardiaci ma anche con i disturbi cognitivi: i pazienti che ne sono affetti mostrano spesso maggiori difficoltà nell’apprendimento, nella memoria e nelle funzioni esecutive rispetto ai soggetti normopeso (Agusti et al., 2018). Questi pazienti hanno anche una probabilità molto alta di sviluppare disturbi d’ansia e depressivi: un collegamento tra disordini psichici e disturbi alimentari potrebbe essere l’asse intestino-cervello.

Le cattive abitudini alimentari causano un’alterazione a livello del microbiota intestinale che contribuisce a peggiorare la situazione nei pazienti obesi. Le modifiche del microbiota intestinale hanno un effetto molto ampio: contribuiscono ad alterazioni endocrine (asse ipotalamo-ipofisi-surrene), infiammatorie e neurochimiche (Agusti et al., 2018).

asse intestino cervello obesità

Fig.24 Interazione tra microbiota e asse intestino-cervello nell’obesità e nei disturbi mentali associati (Fonte: Agusti, 2018)

 

Come i batteri intestinali influenzano il nostro comportamento

Il nostro intestino è caratterizzato da una presenza importante di due popolazioni batteriche che sono ospiti naturali della flora microbica e che risultano avere un effetto benefico sul nostro organismo: Bacteroidetes e Firmicutes. Uno studio di Backhed (2004) sui topi ha mostrato che le proporzioni delle due popolazioni batteriche si differenziano tra topi obesi e magri: l’obesità si associa a una sproporzione significativa dei Firmicutes rispetto ai Bacteroidetes (Backhed et al., 2004). Questa relazione tra batteri intestinali e obesità è stata successivamente ricercata anche nell’uomo con risultati analoghi (Ley et al., 2006).

La letteratura scientifica esaminata introduce l’idea che il SNE (e in particolare il tratto gastro-intestinale) sia in grado di modulare molte funzioni che tradizionalmente erano attribuite al solo SNC (in particolare, al cervello) come la regolazione delle emozioni, del comportamento e di altre funzioni cognitive.

Questa fitta comunicazione integrata tra cervello e intestino avviene sia in condizioni di salute sia in condizioni patologiche, ma il dibattito scientifico è ancora lontano dal trovare un accordo sui meccanismi specifici che permettono questa influenza reciproca.

La ricerca scientifica sull’asse intestino cervello

La ricerca in questo ambito è complicata dal fatto che tale modulazione avviene anche – se non prevalentemente – a un livello inconsapevole: alcune informazioni inconsce possono andare ad influenzare anche funzioni superiori, tra le quali troviamo quelle affettive (Orzi & Zorchi, 2015 ). Le potenzialità terapeutiche derivanti dallo studio di questa componente implicita dell’esperienza emotiva e delle funzioni cognitive rendono questo filone di ricerca arduo da approfondire, ma al tempo stesso estremamente interessante per le possibili implicazioni a livello teorico e pratico. Per esempio, una maggiore comprensione di tali meccanismi consentirebbe di delineare il ruolo del SNE in determinate patologie psichiche, ruolo che – sebbene già parzialmente riconosciuto – potrebbe essere stato finora sottostimato e potrebbe meritare una maggiore attenzione da parte della comunità scientifica: in futuro si potrebbe quindi agire sviluppando farmaci a base microbica in grado di intervenire su questi disordini psichici (Cryan & Dinan, 2012).

Come la psicologia dell’intestino può svilupparsi in futuro

Trascendendo le applicazioni in ambito terapeutico, un approfondimento di questo filone di ricerca potrebbe gettare nuova luce su l’annoso dibattito che contraddistingue l’origine delle emozioni.

Più in generale, potrebbe rivelarsi utile approfondire le ripercussioni psicologiche delle alterazioni dell’asse intestino-cervello tipiche di alcune patologie che attualmente vengono trattate esclusivamente da un punto di vista medico.

Scrivi a Igor Vitale