Come funziona l’amigdala secondo LeDoux. Alla scoperta del cervello emotivo
Nel 1996, LeDoux si dedicò allo studio del ruolo dell’amigdala nelle reazioni emotive, approfondendo i meccanismi di condizionamento alla paura.
Prima di giungere allo studio della paura, diede la sua definizione di emozione come di
«un’etichetta di comodo per parlare di certi aspetti del cervello e della sua mente» (LeDoux, 1996).
Secondo LeDoux, le emozioni sono mediate da sistemi neurali distinti che si sono evoluti per diversi motivi: «non esiste una facoltà dell’emozione, né un unico sistema cerebrale dedicato a questo fantasma» (LeDoux, 1996). Le reazioni emotive sono create in maniera inconscia, non possono essere generate a comando: secondo questa prospettiva, la persona non ha un controllo diretto su di esse, ma può solamente creare situazioni in grado di modulare tali reazioni.
Una volta provate, le emozioni diventano il movente di comportamenti futuri (LeDoux, 1996) e possono portare conseguenze sia positive che negative, a volte addirittura patologiche.
Fig.7 Sezione coronale del cervello che indica la posizione dell’amigdala all’interno dei lobi temporali (Fonte: Davidson, 1999)
Come funziona l’amigdala
Secondo LeDoux, esiste un doppio circuito che collega l’amigdala ad altre strutture cerebrali. Nel circuito subcorticale le informazioni periferiche passano dal talamo all’amigdala, mentre nel circuito corticale le informazioni periferiche passano prima dal talamo, poi dalla corteccia e da quest’ultima all’amigdala:
- la prima via è responsabile della valutazione rapida dello stimolo: il talamo fornisce all’amigdala un’informazione imprecisa ma immediata. Dal momento che non vi è elaborazione corticale, tale via risulta essenziale per rispondere velocemente ad uno stimolo pericoloso
- la seconda via, più lenta rispetto alla prima, compie una valutazione più accurata dello stimolo: in questo modo non solo l’individuo riesce ad emettere una risposta più appropriata, ma riesce anche ad attribuire un significato allo stimolo
Questo concetto del doppio circuito lo si può spiegare mediante un esempio: se una persona in un bosco vede a terra qualcosa di lungo, scuro e contorto, la prima cosa che fa è sobbalzare (circuito subcorticale), dopo di che guarda meglio e capisce che non si tratta di un serpente ma di un bastone (circuito corticale). In un primo momento la persona adotta una tipica reazione di paura senza che vi sia consapevolezza, perché uno stimolo ambiguo come un legno a terra può evocare l’immagine di un serpente. È solo grazie alla seconda via che la persona riesce a capire che lo stimolo non è pericoloso: mediante il coinvolgimento della corteccia, la persona ottiene un’immagine chiara dello stimolo che ha di fronte (in questo caso il legno).
Secondo LeDoux, la scoperta di questo doppio circuito porta a confutare l’ipotesi che il cervello abbia solo un singolo centro preposto alle emozioni (il sistema limbico): le emozioni attivano varie strutture cerebrali, corticali e sottocorticali.
Come si misurano le emozioni secondo le Neuroscienze
Oggi gli strumenti più utilizzati per comprendere il sistema delle emozioni sono gli strumenti di neuroimaging: l’elettroencefalogramma (EEG), la risonanza magnetica funzionale (fMRI), la tomografia ad emissione di positroni (PET), la tomografia ad emissione di fotone singolo (SPECT) e la magnetoencefalografia (MEG). L’utilizzo di questi macchinari ha portato ad un notevole progresso nella comprensione della fisiologia delle emozioni: se prima si considerava il sistema limbico come fulcro delle emozioni, oggi sappiamo che le aree responsabili per le emozioni sono la corteccia orbito-frontale, la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia cingolata anteriore e l’amigdala (Davidson et al., 1999).
Giulia Fenili ha scritto questo articolo.
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