Cosa è (veramente) il trauma psicologico
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Molti di noi ritengono che il trauma consista in grandi avvenimenti che compaiono nelle cronache, mentre, di fatto, per definizione, il trauma è qualsiasi evento abbia prodotto un effetto negativo duraturo. Nel momento in cui si perde la pace interiore o non si è mai avuta, possono verificarsi importanti conseguenze fisiche e psicologiche, qualunque sia la causa; e, le cause possono essere rintracciate generalmente in antiche esperienze di vita. Queste esperienze vengono chiamate “trauma”.
Per comprendere cosa si intenda per trauma, in un contesto psicologico, è necessario definirlo, a partire dall’etimologia del termine e dalla definizione dello stesso, fornita dal DSM.
La parola trauma identifica il danno fisico, la ferita, secondo l’etimologia greca del termine, “ogni lesione determinata nell’organismo da una forza esterna o interna che agisca in modo violento e rigido”. Nel nostro danno è mediato da meccanismi psicologici e, quand’anche leda il cervello, le sue conseguenze riguardano le funzioni mentali. Possiamo annoverare l’evento traumatico nella categoria dei “traumi psichici”.
Secondo il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali «un fattore traumatico… implica l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all’integrità fisica; o la presenza ad un evento che comporta morte, lesioni o altre minacce all’integrità fisica di un’altra persona; o il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o minaccia di morte o lesioni sopportate da un altro membro della famiglia o da altra persona con cui è in stretta relazione».
Pertanto, è traumatico ciò che si rivela tale alla luce delle conseguenze di una determinata situazione o evento potenzialmente traumatogeno.
Diverse ipotesi suggeriscono che l’esposizione a tali situazioni potenzialmente traumatogene siano alla base di diversi disturbi tra cui: Disturbo Post Traumatico da Stress, Disturbo Borderline di Personalità e la categoria dei disturbi dissociativi.
Fra essi tuttavia il DPTS è il disturbo nucleare, quello da assumere come riferimento quando si cerchi di definire ciò che rende traumatico un evento.
Pertanto, ai fini della trattazione sul Disturbo Borderline di Personalità è necessario operare una distinzione tra tale disturbo ed il DPTS, evidenziando quali tipi di traumi siano determinanti nell’insorgenza dei due disturbi sopracitati, ponendo il focus sul disturbo borderline di personalità.
Uno degli aspetti che distingue tali disturbi è la ridotta sensibilità al dolore sperimentata da chi affetto da DBP, in condizioni di stress. Tale risultato è stato evidenziato da ricerche che supportano l’ipotesi che tale aspetto sia una caratteristica determinante e discriminante per individuare il Disturbo Borderline di Personalità, e che può differenziare questo disturbo da altre condizioni psichiatriche legate allo stress[1].
Nel Disturbo Borderline di Personalità gli eventi traumatici sembrano strettamente custoditi e relegati all’interno di una relazione. Nel BPD il trauma è, un “trauma relazionale” cioè che coinvolge una o poche relazioni interpersonale, nella maggioranza dei casi con un familiare. Non sono comprovati legami causa-effetto tra specifiche classi o tipologie di eventi che potenzialmente possono produrre un trauma e la patologia che ne potrebbe conseguire, difatti l’eziologia è sicuramente più complessa e legata a fattori multipli. Nei casi dell’organizzazione borderline di personalità, molte teorie basate su casi clinici affermano che la patogenesi di questo disturbo sia fortemente legata a situazioni traumatiche come un abuso sessuale e/o fisico[2], abbandono e gravi abusi emozionali[3]. Per comprendere quei casi in cui invece, nonostante una chiara diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità, il fattore traumatogeno “oggettivo” non emerge, occorre introdurre e definire il concetto di “microtrauma”, ossa eventi o situazioni soggettivamente dolorosi che, se isolati e nella maggior parte dei casi, non producono effetti significativamente negativi sul processo di sviluppo della personalità. I microtraumi non sono traumi, ma può essere traumatica la costanza con cui essi si ripetono. Ad esempio un rimprovero, può essere considerato, di per sé un microtrauma, per il fatto che produce un’esperienza soggettiva temporanea dolorosa. Traumatogena può essere invece l’esperienza costante di tale evento soprattutto se non motivato e inserito in un quadro relazionale non funzionale. Se un genitore, un insegnante o un parente, abusa di un bambino cercherà di fare in modo che questi non divulghi la notizia per ragioni di ovvia inaccettabilità sociale, per le conseguenze penali, ecc. Quindi utilizzerà tecniche come il ricatto, l’intimidazione, minacce, ecc. Più in generale troverà un quadro di abuso di potere che, si configura come uno dei più importanti aspetti eziopatogenetici di patologie considerate a presunta eziologia traumatica.
Sarebbe indicato parlare in generale di abuso di potere perché se, facciamo attenzione, è possibile notare che atteggiamenti quali il criticismo, la svalutazione, la negligenza, il ricatto, l’intimidazione, l’uso di nomignoli offensivi ecc, altro non sono che modalità per controllare l’altro attraverso un processo che Melanie Klein ha chiamato “identificazione proiettiva”[4] e che ritroviamo quale meccanismo utilizzato dai pazienti psicotici e borderline[5].
Un eccessivo criticismo, abusi verbali, l’indifferenza ecc sono eventi di per sé microtraumatici, ma che potenzialmente, se cronici, possono portare a conseguenze negative spesso inaspettate come appunto una patologia grave come il disturbo borderline di personalità.
Crediamo quindi possibile connotare come evento traumatogeno la costanza della ripetizione di tali modalità di comunicazione e atteggiamenti disfunzionali che si configurano come “ambiente relazionale disfunzionale cronico”.
Tornando alla distinzione tra eventi traumatogeni implicati nella comprensione eziologica di Disturbo Post Traumatico da Stress e di Disturbo Borderline di Personalità ci troviamo ad operare una differenziazione concettuale.
Distinguiamo un “trauma sociale”, che contraddistingue il Disturbo Post Traumatico da Stress, nel senso di situazioni che coinvolgono un gruppo ampio che può essere una comunità di riferimento od un’intera popolazione, o che sia potenzialmente condivisibile, da un “trauma relazionale”, che caratterizza il Disturbo Borderline di Personalità, nel caso di eventi o situazioni soggettivamente dolorosi che coinvolgono una o poche relazioni interpersonali.[6]
[1] Schmahl C, Meinzer M, Zeuch A, Fichter M, Cebulla M, Kleindienst N, Ludascher P, Steil R, Bohus M, Pain sensitivity is reduced in borderline personality disorder, but not in posttraumatic stress disorder and bulimia nervosa, The World Journal of Biological Psychiatry, 2010 Mar
[2] Zanarini, M. C. Role of sexual abuse in the etiology of borderlin personality disorder, American Psychiatric Press, Washington DC 1997
[3] Zweig-Frank, H., Paris, J. Parents’ emotional neglect and overprotection according to the recollections of patients with borderline personality disorder, American Journal of Psychiatry, 1991
[4] Klein Melanie, Note su alcuni meccanismi schizoidi, Scritti, Boringhieri, Torino, 1978
[5] Rosenfeld H, Impasse and Interpretation: Therapeutic and Anti-Therapeutic Factors in the Psychoanalytic Treatment of Psychotic, Borderline, and Neurotic Patients (The New Library of Psychoanalysis), General Editor David Tuckett, 1987
[6] Baranello M., Trauma sociale, trauma relazionale e microtrauma. Per una differenziazione eziopatogenetica tra PTSD e BPD, SRM Psicologia Rivista, Roma, 2000 Jan
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