I disturbi del linguaggio nei bambini di 2,3,4,5 anni

Il processo di acquisizione del linguaggio è un momento fondamentale nello sviluppo cognitivo (Piaget), anche perché con tale acquisizione si completa la sua interazione con l’ambiente, e la possibilità di comunicare ed avere rapporti interpersonali ed esperienze dirette con la realtà attraverso l’uso di simboli.

Dopo il primo mese di vita i suoni inarticolati diventano cinguetii in cui si riconoscono le vocali, poi i dittonghi e, dal quarto mese, le consonanti (prima labiali e poi gutturali): da questo periodo in poi si parla di lallazione, che dura fino ai 12 mesi: si tratta di sillabe monotone, poi modulate, sino ad avere una finalità comunicativa, ma solo dopo il primo anno di vita compare il fonema designativo (lo stesso suono indica il medesimo oggetto): inizia il periodo locutorio, preceduto da un momento in cui si capisce ciò che dice l’interlocutore ma non si ha capacità espressiva. Il periodo seguente (18 mesi-2anni) è detto delocutorio: egli comincia ad utilizzare i simboli verbali anche in assenza dell’oggetto. Segue poi l’utilizzo del linguaggio vero e proprio, momento in cui il bambino si svincola dall’oggetto concreto, gradatamente il patrimonio di vocaboli aumenta e vengono gradatamente abbandonate le costruzioni grammaticali che contraddistinguono il “linguaggio da bambino piccolo”, sostituite da costruzioni sempre più corrette sul piano della sintassi e della grammatica, analoghe a quelle dell’adulto: il processo normalmente si conclude entro i 4/5 anni.

L’acquisizione del linguaggio è soprattutto la capacità di utilizzare non solo la rappresentazione ma le idee; in altre parole, il soggetto acquisisce la capacità di pensiero, che esiste solo là dove esiste il simbolo che ne costituisce la base necessaria. Prima dell’acquisizione del linguaggio il bambino ha a disposizione forme di comunicazione che non gli permettono di fare a meno della presenza concreta dell’oggetto (pointing). Quando acquista l’uso del simbolo, invece, il bambino riesce ad indicare ciò che non è presente, evocando con la parola ciò che è assente.

Alterazioni del linguaggio acquisite: esse possono essere secondarie a:

  • Lesioni cerebrali: che interessano una zona circoscritta del cervello e sono secondarie a malattie infettive o a traumi, tumori, ecc. Nell’adulto le localizzazioni corticali delle funzioni sono ben precise e consolidate, mentre in età evolutiva la specializzazione emisferica è in relazione con il periodo di sviluppo. Nell’adulto è l’emisfero sinistro ad essere deputato alla regolazione del linguaggio, ma nei primi anni di sviluppo tale specializzazione è assai meno netta, e ciò permette un’organizzazione compensatoria di altre zone della corteccia cerebrale: la prognosi, in caso di lesione dell’emisfero sinistro, sarà tanto più incerta quanto più precoce è l’età del soggetto. Una lesione dell’emisfero sinistro ha comunque degli effetti negativi sul linguaggio. Il disturbo afasico si manifesta nel bambino, nei casi più gravi, come:
    • assenza del linguaggio;
    • perseverazioni (ripetizioni di parole o frasi);
    • neologismi;
    • parafasie (suoni articolati privi di significato ma che hanno assonanza con parole codificate);
    • disartria;
    • dislessia, discalculia.
  • Paralisi cerebrali: i disturbi del linguaggio sono secondari ad alterazione delle funzioni motorie. Nelle lesioni del sistema piramidale (paralisi spastiche) vi è difficoltà di emissione dei singoli suoni; nelle paralisi da lesione del sistema epertrapiramidale (distoniche) vi è tremore ed alterazione del tono dei suoni emessi; nelle paralisi con interessamento cerebellare (atassiche) si ha parola scandita ed un difetto di coordinazione con lentezza nella pronuncia delle parole. Queste alterazioni non sono accompagnate da ritardo mentale, e quindi non sono secondarie a quest’ultimo.

Disturbi specifici del linguaggio

Per poter parlare di “disturbo del linguaggio” occorre che il Q.I. sia nella norma in presenza di un’efficienza linguistica al di sotto della norma, o che i test che valutano lo sviluppo del linguaggio forniscano un punteggio significativamente più basso rispetto a quello che valuta l’efficienza intellettiva. Questi disturbi sono classificati nel DSM-IV in gruppi diversi in base alla funzione linguistica compromessa.

Disturbo dell’espressione

Lo sviluppo del linguaggio , misurato con test, è significativamente inferiore alla norma, anche per quanto riguarda la capacità di comprensione. Anche la comunicazione non verbale, seppur relativamente conservata, presenta delle difficoltà. Le caratteristiche del disturbo sono:

  • limitazione quantitativa del linguaggio e del vocabolario;
  • difficoltà ad imparare parole nuove;
  • frasi brevi con omissioni;
  • associazioni insolite tra parole;
  • frasi brevi con omissioni;
  • spesso anche alterazione nella velocità dell’emissione delle parole, farfugliamento;

Il decorso è variabile: nel 50% dei casi si raggiunge una normalità entro l’adolescenza.

Disturbo misto di espressione e ricezione del linguaggio

Difficoltà mista, cioè di espressione nel linguaggio verbale, e spesso anche gestuale, e di comprensione di parole o frasi: vi è difficoltà a comprendere frasi o parole, quindi, difficoltà ad associare la parola all’oggetto o al concetto. Per la diagnosi di tale disturbo è necessario escludere problemi di udito, infatti il bambino si comporta come l’ipoacusico, rispondendo inadeguatamente alle domande o non eseguendo i compiti che gli vengono richiesti. Le conseguenze si notano nel rendimento scolastico e nei rapporti sociali. E’ una forma più rara del disturbo dell’espressione e che presenta maggiori difficoltà nel raggiungere lo sviluppo completo.

Disturbo della fonazione

Incapacità di articolare correttamente le parole:

  • omissione o sostituzione di suoni (Z con S);
  • parole distorte, ad esempio, per posposizione di sillabe (petammeni invece di pettinami);
  • blesità, ossia cattiva articolazione delle sibilanti;
  • rotacismo, ossia cattiva articolazione della R.

Il recupero di questi disturbi avviene con il progredire dello sviluppo e gli interventi logopedici.

Balbuzie

E’ un difetto dell’emissione del linguaggio con alterazioni nel suo flusso e nella cadenza. Può essere:

  • clonica = ripetizione di sillabe spesso iniziali, es. pa….pa….parola;
  • tonica = incapacità di iniziare la parola poi pronunciata in maniera esplosiva;
  • prolungamento di suoni, es. paaaaarola;
  • interruzioni durante la pronuncia, es. pa….rola;
  • uso di circonlocuzioni per evitare la parola difficile da pronunciare.

La balbuzie solitamente si manifesta in situazioni di tensione emotiva: infatti può associarsi a tic, stereotipie, sudorazione, ecc. In occasione di rapporti sociali si può arrivare ad un blocco del linguaggio. Compare solitamente tra i 5 e i 10 anni e spesso scompare con lo sviluppo; può avere una causa ereditaria o essere l’imitazione di un familiare. Spesso la personalità del soggetto è caratterizzata da ansia, passività, aggressività, ecc. Scompare con lo sviluppo anche grazie a terapie precoci.

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