Il Disturbo Borderline di Personalità secondo Otto Kernberg
Otto Friedmann Kernberg (Vienna, 1928) pone attenzione sui concetti “Psicologia dell’io-Relazioni oggettuali”, ed esegue un tentativo di integrare le posizioni di Jacobson e Mahler ed elementi della teoria Kleniana.
Kernberg ipotizza che le pulsioni originino da differenti matrici, mantiene il modello tripartito freudiano, e considera il Sé come struttura all’interno dell’Io. Tuttavia propone un’integrazione tra psicologia dell’Io e relazioni oggettuali attraverso un rafforzamento nelle rappresentazioni intrapsichiche bipolari e diadiche (Sé, immagini oggettuali), e queste rappresentazioni sono considerate nell’ambito della fondamentale relazione madre-figlio e del loro successivo sviluppo.
Kernberg considera ogni derivato pulsionale come costituito da una rappresentazione del Sé e dell’oggetto, tenute insieme dalla componente affettiva. Per Kernberg gli affetti giocano un ruolo assolutamente fondamentale nell’insieme delle strutture dell’apparato psichico, strutture che svolgono una funzione innata propriamente come espressione di bisogni primari; sono strutture biologiche, che si manifestano in modo automatico sin dalla nascita, e costituiscono strutture di memoria della relazione oggetto (Kernberg, 1996).
Il sistema motivazionale di base secondo Kernberg
Il sistema è costituito dagli affetti e da un insieme di essi, inizialmente indifferenziati, che spingono il bambino verso l’oggetto. All’inizio della vita non c’è distinzione tra sé e oggetto, tra bambino e madre, essi sono due stati affettivi di natura complementare diversa; stati piacevoli e soddisfacenti e stati spiacevoli di dolore.
Il bambino inizia a sperimentare le sue esperienze sulla base del suo valore affettivo, e proprio per questo oscilla, come si è detto, tra stati affettivi piacevoli e spiacevoli, collegando una caratterizzazione che è possibile qualificare come “buona” o “cattiva”.
Per Kernberg questa esperienza ha aspetti relazionali reali o fantasmatici, dove l’Io e il Sé non esistono al di fuori di una relazione con un oggetto. Quindi, le esperienze del bambino sono costituite da configurazioni composte da
rappresentazioni tra Sé e Oggetto non ancora necessariamente differenziate, in una interazione con l’oggetto connotato della qualità “buono” o “cattivo”. E’ nella relazione diadica madre-bambino che si strutturano le rappresentazioni del Sé e dell’Oggetto, e le rappresentazioni tra di loro; queste costituiranno la base per lo sviluppo delle “relazioni internalizzate”, anch’esse fondamentali per il successivo strutturarsi della vita psichica:
ciò che è importante è la natura diadica e bipolare dell’internalizzazione, all’interno della quale ogni unità di immagine di sé e dell’oggetto si stabilisce un particolare contesto affettivo”, (Kernberg 1976; trad. it. 1980, 57).
Inizialmente si rileva la separazione tra l’immagine di Sé e l’immagine dell’Altro.
Il bambino deve giungere a un Sé separato da quello dell’Oggetto, stabilendo un chiaro confine. Se il processo fallisce il soggetto rischia in età adulta significativi stati psicotici; quindi, il bambino mira a enfatizzare le esperienze buone e a tenere separate le esperienze cattive. In definitiva, il soggetto esegue in rapidissima successione due compiti distinti, il primo l’individuazione dell’Oggetto per poterlo identificare e separare, la cui mancata riuscita di tale compito provoca la psicosi, e il secondo compito è quello di catalogare e separare la qualità dell’affetto investito sull’Oggetto in modo tale da potersi rappresentare solo emozioni positive.
Questa forma di separazione è messa in atto da un sistema difensivo specifico, la scissione, un sistema che può essere utilizzato in modo patologico, in momenti successivi della propria esistenza. Le internalizzazioni delle relazioni del Sé e dell’Oggetto, si realizzano con modalità differenti lungo l’arco dello sviluppo dell’individuo.
Una prima forma viene definita come “introiezione”, e consiste nell’internalizzazione di immagini di Sé e dell’Oggetto scarsamente organizzate e differenziate in ambito affettivo; in un secondo momento vengono internalizzati anche aspetti buoni e cattivi che fanno riferimento esclusivamente alla relazione con l’Oggetto.
Altresì, gli affetti associati all’Oggetto rappresentano elementi costituenti le pulsioni, e Kernberg li definisce come derivanti pulsionali libidici e aggressivi, i quali vengono investiti nella delicata fase simbiotica. Dobbiamo ulteriormente sottolineare che la rabbia costituisce, in tal senso, un aspetto fondamentale nello strutturarsi dell’organizzazione psichica.
La rabbia è considerata da Kernberg un affetto innato, e quindi come una delle componenti fondamentali dello sviluppo del bambino, mentre l’invidia e l’odio vengono intesi come aspetti secondari.
La patologia può essere spiegata e compresa solo tenendo presenti le vicissitudini della costruzione concernenti le rappresentazioni del Sé e dell’oggetto (Kernberg 1996).
Articolo di Augusto Rossi
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