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La Comunicazione Non Verbale di Mussolini, Hitler e Stalin

Questo articolo di Iacopo Santovincenzo spiega la comunicazione non verbale di Hitler ed altri dittatori.

La comunicazione non verbale nei dittatori del Novecento (Mussolini, Hitler e Stalin)

Nel corso della storia il linguaggio del corpo è stato un vero e proprio strumento del quale si servirono i dittatori per raggiungere i loro subdoli  obiettivi: il vertice del potere e il consenso del popolo.  Erano dei veri e propri oratori, soliti ad assumere espressioni e atteggiamenti ben studiati per trasferire la propria idea di autorevolezza. Catturavano  la gente non solo con i loro grandi discorsi ma anche con le loro posture ferme ed influenti e l’utilizzo della propria immagine , del proprio corpo come modello da seguire .

 

La comunicazione non verbale di Benito Mussolini

Per comunicare con le masse  Mussolini usa il linguaggio dell’oratoria – giornalistica, poiché esso è preciso ed efficace per far presa sul pubblico, per persuaderlo, convincerlo ed incitarlo.

I discorsi del Duce si basano su schemi e moduli fissi: acclamazione-discorso- pausa -acclamazione- discorso- pausa­- acclamazione finale. Mussolini ha una capacità straordinaria nel saper cogliere il momento in cui coinvolgere il pubblico nel discorso. La sua grande abilità è quella di attrarre le masse creando tra con il pubblico  una circolarità comunicativa. I discorsi di Mussolini sono tanto efficaci e coinvolgenti grazie anche all’ambientazione comunicativa e al suo linguaggio non verbale.  I discorsi del Duce avvengono sempre nelle piazze e la sua l’immagine di capo è posta al centro di una accuratissima scenografia. Il Duce parla sempre alla folla dall’ alto, da un balcone per poter dare di sé un’immagine quasi divina.

E’ sem­pre circondato da autorità dello Stato che rafforzano il suo potere.

Durante i suoi discorsi sono presenti bat­taglioni di balilla, di avanguardisti, di giovani italiane che fanno da coro alle sue affermazioni più significative, lanciando slogan fascisti. Musica, bandiere, sfilate, trascinano i presenti in un entusiasmo reso quasi sponta­neo. Il Duce studia la sua immagine ed i gesti con cui accompagna il suo discorso. Infatti parla sempre alla folla cercando di personificare anche fisicamente l’uomo nuovo e forte.  Assume sempre una posizione eretta, la mascella protesa in avanti, il petto in fuori, le gambe divaricate, le braccia incrociate in segno di sfida o le mani appoggiate sui fianchi che trasmettono un forte senso di sicurezza e di potere.  Pronuncia le parole con voce forte e possente che sono amplificate dagli altoparlanti: tutti atteggiamenti che servono ad esaltare il culto della virilità e dell’esibizionismo atletico. Quando il discorso del Duce è lento e pacato, il gesto è statico, teso e solenne. Quando invece il tono diventa più concitato e violento anche il gesto diventa più impetuoso e veloce.

Il gesto, nel campo oratorio, ha un valore fondamentale, poiché riesce a dare una maggiore potere alla parola quando quest’ultima ha anche la funzione di attivare un rap­porto diretto, emozionale quasi, tra le masse e il capo. Tutto ciò costituiva un esempio perfetto di decisionismo, sicurezza, forza e vittoria.

Linguaggio del corpo di Mussolini

  • La mano appoggiata su un fianco indica fiducia e disponibilità
  • La testa alta denota un atteggiamento superiore, impavido e arrogante
  • il palmo della mano rivolto verso l’alto denota persona aperta, onesta e affidabile.

Molte immagini di Mussolini lo ritraggono sempre con gli stessi atteggiamenti e le stesse posture:

  • capo sempre rialzato
  • utilizzo della mano dominante con palmo rivolto verso l’alto
  • mano poggiata sui fianchi

Tutti atteggiamenti ben studiati che vogliono esprimere sicurezza, fermezza e lealtà. Mussolini spesso brandisce il pugno chiuso per incutere timore  e in gesto di minaccia verso i suoi oppositori, ma anche per affermare il suo indiscutibile potere.

Con il saluto romano egli, invece, vuole far inconsciamente rievocare al popolo i fasti dell’antica Roma ai quali il Fascismo si ispirava.

Comunicazione non verbale di Adolf Hitler

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Hitler riuscì a coinvolgere il 99% dei Tedeschi sfruttando abilmente le suggestioni emozionali, in particolare i toni della voce, ma anche lui andò  a scuola da maestri di recitazione e ipnotizzatori. Hitler era un abile oratore, ma questa non era una dote innata. Era piuttosto il frutto di un’accurata preparazione solitaria, per la quale il dittatore si sottoponeva ad ore ed ore di prove da solo in una stanza. Volendo verificare i risultati della propria gestualità, Hitler assunse un fotografo, Heinrich Hoffmann, per avere dei riscontri fotografici dei propri progressi.

Nel 2011 questo album è stato reso pubblico e ci dà una chiara idea di quanto per lui fosse importante la comunicazione non verbale. Le foto lo ritraggono mentre compie gesti espressivi e inusuali, nell’atto di provare i suoi discorsi pubblici.

Analisi della comunicazione non verbale di Hitler

Scrive così J.Fest, storico e saggista tedesco: “Sono già le otto e mezza e compare Hitler vestito di un impermeabile bruno, il quale, accompagnato dai suoi fedeli, si dirige alla tribuna. La gente appare in preda a gioia e a eccitazione e, sbracciandosi e gridando Heil!, sale in piedi sulle panche, tra un fragoroso scalpiccio. Quindi, come a teatro, un segnale di tromba. Silenzio improvviso…. A passo rapido, Hitler si presenta al proscenio, e comincia a parlare improvvisando, dapprima lentamente, poi un po’ alla volta le parole si accavallano, e nei passi in cui il pathos raggiunge il culmine, la voce risulta strozzata, al punto che è difficile capire quello che dice. Gesticola ampiamente, balza eccitato di qua e di là, tentando di affascinare il pubblico che lo ascolta avidamente. Quando viene interrotto dagli applausi, impone il silenzio stendendo, con gesto teatrale, le mani. Il no che si ode risuonare a più riprese, è destinato a rafforzare l’effetto melodrammatico, e viene infatti pronunciato e ripetuto con particolare vigore.

Anche Hitler, come Mussolini, attraverso la sua gestualità doveva inviare indicazioni ben precise al popolo e  doveva trasmettere con  consapevolezza e precisione i nuovi canoni del perfetto ariano.

  • La testa dritta e la posizione degli occhi indicano neutralità
  • La posizione delle mani indica fiducia in se stessi.
  • Il palmo della mano rivolto verso il basso è un gesto che indica autorità. 

La comunicazione non verbale di Stalin

A differenza di altri suoi colleghi, Stalin si distingueva per la modestia dei suoi comportamenti e non  certo per l’ atteggiamento del suo corpo: gli  manca la gestualità teatrale di Mussolini o di Hitler.

I due basavano il loro potere sul consenso della folla, cosa di cui Stalin aveva una vera e propria fobia. Inoltre non amava parlare in pubblico poiché, oltre a non possedere una capacità oratoria adeguata, non si sentiva sicuro nemmeno della lingua russa che parlava (era di origine georgiana).

L’unico gesto che ha caratterizzato Stalin è quello di avere sempre tenuto nascosta la sua mano destra. Alcuni dicono che sia stato a causa di una malattia, i più sospettosi ritengono che questo gesto sia legato all’appartenenza di Stalin alla Massoneria di cui, comunque , non c’è nessuna prova.

 

La psicologia delle folle in Mussolini ed Hitler

Mussolini ed Hitler erano riusciti a conquistare i loro popoli che, come se fossero  ipnotizzati o inconsapevoli, seguivano e osannavano due dei più terribili uomini della storia. Come è potuto accadere?

Tra le due guerre si sviluppò il fenomeno definito massificazione della società in cui il singolo individuo annulla la sua personalità all’interno della moltitudine.

Questo fenomeno fu studiato da una nuova “scienza”: la “psicologia della folla”, che analizza i meccanismi che guidano i comportamenti collettivi.

Già nel 1895, il medico e saggista francese positivista Gustave Le Bon pubblicò uno scritto intitolato La psicologia delle folle.  Rilevava che in certe situazioni la personalità di ciascun individuo svanisce e si forma una “anima collettiva”.

Le folle vengono definite “poco inclini al ragionamento ma adattissime all’azione”, perché spinte essenzialmente dall’istinto e da fenomeni inconsci difficili da scoprire.

Le folle non ammettono ostacoli alla realizzazione dei loro obiettivi perché hanno la sensazione di avere una   potenza irresistibile.

Ogni folla, però, ricerca poi d’istinto l’autorità di un capo, di un trascinatore.

Mussolini ed Hitler che avevano studiato Le Bon, riuscirono a sfruttare a loro favore la massificazione della società condizionandola con le moderne tecniche della propaganda. La propaganda divenne fondamentale dei regimi fascista e nazista.

Coinvolse tutti i settori economici, sociali, politici e culturali per costruire e diffondere un’immagine “positiva” del regime e organizzare, sotto varie forme, il consenso di massa.

Oltre al controllo totale dei mezzi di comunicazione , i due usarono una tecnica oratoria adattissima alla situazione sociale. Le Bon aveva insegnato che l’oratore si deve rivolgere non alla ragione, ma all’irrazionale, all’inconscio attraverso immagini, deve provocare emozioni intense e durature.

L’oratore deve entrare in intima comunione con la folla. Egli disse: “Se l’affermazione è fatta in un modo autoritario, essa viene accettata a causa del tono della voce o del teatrale gesto che l’accompagna  anche  se non ci sono argomenti o prove logiche. Esse  sono ugualmente cacciate dentro quali verità lampanti”.

Anche Freud si occupò dell’argomento in un saggio intitolato Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) di cui a breve accenneremo.

Corso Comunicazione Non Verbale

Questo articolo tratta la comunicazione non verbale di Hitler ed altri dittatori ed è scritto da Iacopo Santovincenzo

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