La scelta economica in condizioni di incertezza: la teoria dell’utilità attesa
La scelta economica in condizioni di incertezza: la teoria dell’utilità attesa
La teoria dell’utilità attesa è la teoria formale della scelta in condizioni di incertezza. Essa rappresenta l’evoluzione naturale della teoria della scelta economica del consumatore, estesa però a situazioni di non perfetta informazione e cioè senza una conoscenza completa delle alternative rilevanti.
Siccome la maggior parte delle scelte che ci troviamo ad affrontare quotidianamente presuppongono questa circostanza[1], si comprende l’importanza di questo modello.
Ma si comprenderà ancor di più l’importanza di quegli studi empirici volti a dimostrare come in realtà gli individui tendono a violare le assunzioni derivanti dall’applicazione del modello.
Questi studi sono stati la base da cui si è partiti per tentare poi l’elaborazione di teorie alternative a quella dell’utilità attesa, che prendessero in considerazione e tenessero in debito contoquelle variabili, per lo più di natura psicologica, in grado di inficiare il modello classico.
Ma procediamo con ordine ed andiamo anzitutto ad analizzare brevemente quest’ultimo.
2. INCERTEZZA E RISCHIO
“Noi viviamo solo conoscendo qualche cosa del futuro: i problemi della vita … derivano dal fatto che noi ne conosciamo troppo poco”. (Knight, 1971)
Le conseguenze delle azioni che l’individuo intraprende spesso si prolungano nel futuro, ma nel momento in cui l’individuo agisce, tali conseguenze non sono note: non si può essere completamente sicuri che gli esiti ipotizzati si verificheranno realmente. Di qui, il ruolo centrale che il problema dell’incertezza assume nell’ambito dei processi decisionali.
L’uomo ha sempre teso, per natura, a ridurre lo stato di incertezza, al fine di esercitare un controllo sull’ambiente che lo circonda. L’incertezza appare infatti amplificata dall’instabilità dell’ambiente esterno, posto che, se l’ambiente esterno si modifica di volta in volta, diviene impossibile per un soggetto economico prendere delle decisioni che si basino su previsioni corrette.
L’incertezza è dunque figlia dei cambiamenti che avvengono nel mondo esterno.
Nei tempi più antichi l’individuo ha cercato di ridurre lo stato di incertezza con pratiche magiche o mediante la ritualizzazione delle azioni, via via più recentemente, varie altre sono state le modalità di controllo che egli ha escogitato; una di queste, molto utilizzata soprattutto nelle organizzazioni, consiste nella reiterazione di modelli comportamentali e strategie, che già in passato hanno avuto successo.
Ma che cos’è l’incertezza? E ancora: essa è in qualche modo misurabile, o è un concetto del tutto vago e indefinito?
Ebbene, anzitutto, il grado di incertezza di un evento è valutabile e la stima avviene assegnando una qualche probabilità all’esito atteso. Così se siamo certi che un evento si realizzerà, diciamo che questo esito è sicuro al 100%, altrettanto diciamo se siamo sicuri che un evento non si realizzerà. E’ del tutto intuitivo viceversa, che quanto più è elevato il grado di incertezza circa il verificarsi di un evento, tanto più la probabilità si discosterà dal 100%.
L’incertezza assoluta coincide con il 50% delle probabilità: 50% che si verifichi, 50% che non si verifichi.
L’evento in questione è totalmente incerto.
Quando valutiamo l’incertezza, quindi, possiamo utilizzare espressioni numeriche di probabilità, corrispondenti ad una misura abbastanza precisa del grado di incertezza.
Tuttavia, affinché il concetto di incertezza ora illustrato, sia realmente corretto, occorre una precisazione: il termine “incertezza” come da noi utilizzato, è inteso in senso lato e senza tener conto della distinzione proposta dall’economista F.H. Knight, per il quale esisterebbero situazioni di rischio e situazioni di incertezza. Le prime si riferiscono a contesti in cui sono noti gli esiti della decisione da prendere e anche le probabilità ad essi associate; le seconde a situazioni in cui l’individuo conosce gli esiti della scelta, ma è all’oscuro delle probabilità legate ai diversi esiti (Lopes, 1983).
Secondo questa distinzione quindi, l’incertezza non sarebbe misurabile secondo alcuna stima probabilistica; essa assumerebbe i connotati di un concetto vago e indefinibile, caratteristica che la distinguerebbe dal rischio.
Secondo altri studiosi, la parola “rischio” verrebbe utilizzata con un’accezione esclusivamente negativa e si configurerebbe come la probabilità della perdita (Vlek & Stallen, 1980).
Tuttavia, poiché la maggior parte dei testi di economia non tiene conto della distinzione terminologica proposta da Knight anche qui ci si è uniformati a questa impostazione, utilizzando il termine “incertezza” per definire entrambe le situazioni presentate.
[1] La scelta dell’università, di un lavoro, di un prodotto rispetto ad un altro e perfino la scelta della persona da sposare sono scelte effettuate in condizioni di incertezza
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