Le cause dell’anoressia e del comportamento alimentare patologico
Se prendiamo in considerazione un continuum tra comportamento alimentare patologico e normale, allora possiamo situare, ad un estremo, le persone normopeso che non hanno particolari preoccupazioni riguardo il proprio peso, mentre, all’estremo opposto, coloro che sono gravemente anoressiche o bulimiche. Tra queste due posizioni si possono localizzare poi una grande varietà di altre condizioni. Ci sono persone lievemente sovrappeso o sottopeso, persone normopeso che fanno sempre molta attenzione alla propria alimentazione e al proprio peso, quelle costantemente a dieta che limitano drasticamente la propria alimentazione ai soli cibi che reputano sani, persone che si sentono in colpa quando mangiano cibo che considerano non sano, coloro che praticano sistematicamente esercizi fisici per mantenere un peso ideale e cosi via.
Il punto è che non tutte le persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione sono per definizione anoressiche o bulimiche. Inoltre non è detto che tutti coloro che hanno tendenze o tratti in comune con le condotte anoressico-bulimiche, sebbene siano casi potenzialmente problematici, rientrino in tali dimensioni patologiche.
È lungi dalle nostre intenzioni sostenere che tutto il sapere derivato dagli studi sui disturbi del comportamento alimentare debba essere di conoscenza esclusiva dei soli addetti ai lavori. Oramai anche i profani conoscono, anche se approssimativamente, i sintomi dell’anoressia e della bulimia e talvolta c’è anche chi, con disinvoltura o con compassione, si sbilancia in ipotesi diagnostiche “fai da te” esclamando, alla vista di qualche ragazza eccessivamente magra, “lei è anoressica!”.
Le anoressiche:
Una categoria di persone che appaiono riconoscibili perché hanno un peso corporeo notevolmente inferiore rispetto a quello che dovrebbero avere in rapporto all’età e all’altezza, che si rifiutano di mangiare; una categorizzazione che riproduce e rimanda sempre alla stessa figura. La società ha catturato questi soggetti in una immagine definitiva, in una modalità assoluta: l’anoressica, le anoressiche, uno e tutti.
Lo stigma nei confronti dei pazienti che soffrono di anoressia e bulimia è stato alimentato col passare del tempo dai media. Da sempre le riviste femminili considerano questi disturbi un argomento ideale per le proprie rubriche, gli editori stimolano la scrittura di bestseller autobiografici, i produttori televisivi ne fiutano l’effetto sensazionale.
È vero, da una parte, ritenere la società e i media responsabili di imporre a questi soggetti una maschera definitiva e di contribuire a diffondere ideali di bellezza sempre più magri, ma, dall’altra, sono questi soggetti stessi a volersi identificare in una sub-cultura ben precisa. Le persone anoressiche e bulimiche si impegnano per volersi sentire completamente rispecchiate in tali categorie. “L’identificazione si cristallizza, in effetti, in una nuova identità, si pietrifica in un enunciato rigido: «sono un’anoressica», «sono una bulimica».”[1]
Negli ultimi anni prima negli Stati Uniti e poi rapidamente anche in Europa si è diffuso prepotentemente un nuovo fenomeno, quello dei siti e dei blog pro-Ana.[2] Il termine si riferisce ad un sub-cultura di individui, che agiscono principalmente online. Questi blog sono considerati dai seguaci come un luogo sicuro e non giudicante; l’idea di fondo è che la condizione anoressica sia una scelta di vita piuttosto che un disturbo. In questi siti, blog e forum online migliaia di soggetti che soffrono di anoressia e bulimia condividono consigli su come essere devote alla Dea Ana o alla Dea Mia, le personificazioni rispettivamente dell’anoressia e della bulimia.
In essi vengono dispensati consigli e strategie su come nascondere i sintomi e alterare il peso, suggerendo, per esempio, come vestirsi per nascondere la perdita di peso oppure trucchi per evitare di mangiare insieme ai familiari, per alterare il peso in vista degli appuntamenti medici e cosi via.
Sono innumerevoli i rischi in cui possono incorrere i soggetti con un disturbo alimentare nel momento in cui vengono coinvolti in tali siti web. Questi ultimi infatti inducono a minimizzare i sintomi e le conseguenze del disturbo; alimentano la preoccupazione per la malattia che induce ad una iper-identificazione con la malattia stessa; attraverso uno pseudo supporto online acuiscono l’isolamento di soggetti vulnerabili da fonti d’aiuto disponibili e infine stimolano alla perversa motivazione chiamata “thinspiration”, cioè ispirazione ad avere un corpo magro.
È come se i disturbi del comportamento alimentare si siano reinventati sulla base delle trasformazioni sociologiche della nostra epoca. Tutto ciò ha indotto spesso a pensare a queste patologie come a dei problemi comuni della nostra società. Ma questa concezione è veritiera fino ad un certo punto: la società con i suoi canoni, il suo proliferare di regole sociali e la marea di atteggiamenti alla moda di cui si fa portavoce, ha imposto a questi soggetti una maschera di convinzioni che appiattiscono l’individualità e soffocano la personalità facendo apparire loro molto diversi da come sono realmente.
di Federica Maria D’Autilia
[1] RECALCATI M., Il corpo ostaggio. Teoria e clinica dell’anoressia-bulimia, Roma, Borla, 1998, p. 20.
[2] Cfr. GIOVANNINI A., “Siti pro-ana o pro-anoressia. Un fenomeno emergente e misconosciuto che dilaga nel Web”, Personalità/Dipendenze, Volume 10, Fascicolo III, Dicembre 2004, p. 325-334.
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