11 Tipi Psicologici di Madri che Uccidono

madri che uccidono

Nessun crimine è più difficile da capire dell’uccisione di bambini da parte dei loro genitori. Ma questo tipo di omicidio è sempre esistito. Le donne raramente uccidono, e quando lo fanno di solito uccidono il proprio marito. Tuttavia, il secondo obiettivo più frequente delle donne assassine è rappresentato dagli altri membri della famiglia, inclusi i figli (Rougé-Maillart, Jousset, Gaudin, Bouju, & Penneau, 2005). Tra i bambini sotto i 5 anni negli Stati Uniti che sono stati uccisi tra il 1976 e il 2005, il 61% era stato assassinato dai propri genitori: il 30% dalle loro madri, e il 31% dai loro padri (Friedman, Horwitz, & Resnick, 2014).

I vari studi su questo argomento mostrano frequentemente che le vite delle donne che uccidono i propri figli sono caratterizzate da pattern di impotenza, povertà e alienazione. Tuttavia, i fattori comuni, come essere giovani, povere, non avere un titolo di studio e aver vissuto con un solo genitore, descrivono un’enorme parte della popolazione femminile (Friedman et al., 2014). Alcune ricerche rilevano che le donne che commettono infanticidio hanno un’alta probabilità di negare o nascondere la loro gravidanza e ciò può veramente essere un predittore di infanticidio, ma questo comportamento potrebbe essere identificato difficilmente in modo preventivo.

Dati sull’omicidio di un figlio dopo il primo giorno di vita sono addirittura più scarsi. Uno studio a tal proposito è stato condotto, in Italia, da Camperio Ciani e Fontanesi (2010) su un gruppo di donne che hanno ucciso i loro figli entro 24 ore dopo la nascita, un gruppo di madri che hanno ucciso i loro figli con età inferiore a un anno, e un altro gruppo madri che hanno ucciso figli più grandi. Hanno rilevato che il rischio di un bambino di essere ucciso dalla propria madre biologica è più alto nelle prime 24 ore e soprattutto se la madre è giovane, non ha altri figli e si trova in condizioni sociali ed economiche critiche (Camperio Ciani & Fontanesi, 2010). Queste madri sono significativamente più giovani rispetto a quelle degli altri due gruppi. Il rischio che un bambino venga ucciso decresce all’aumentare della sua età.

Sono qui confermati i risultati secondo cui l’uccisione di un figlio entro 24 ore dalla nascita non è mai seguita da un suicidio della madre (Liem & Koenraadt, 2008), e tale madre non risulta affetta da particolari disturbi mentali (Stone, Steinmeyer, Dreher, & Krischer, 2005), ma motivata dalla difficoltà delle proprie condizioni economiche e sociali. Invece, le madri degli altri due gruppi sono più grandi di età e presentano spesso disturbi mentali, e di solito, dopo l’azione criminosa, si suicidano o tentano il suicidio (Camperio Ciani & Fontanesi, 2010).

In Italia, il termine figlicidio viene utilizzato per indicare l’uccisione del figlio da parte di un genitore, ma va notato che, nel codice penale italiano, non esiste la categoria del ‘figlicidio’, in quanto la distinzione viene effettuata tra infanticidio e omicidio. Secondo l’art. 578 c. p., l’infanticidio è «la procurata morte del neonato immediatamente dopo il parto o del feto durante il parto da parte della propria madre, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connessi al parto, ed è punito con la reclusione da 4 a 12 anni».

Nel concetto di infanticidio, il codice prevede come parte attiva solo la madre, mentre i padri e le madri che uccidono il figlio al di fuori delle situazioni descritto dall’articolo citato, si rendono colpevoli di omicidio (Mastronardi & De Luca, 2014).

Nivoli (2002) identifica un elenco delle possibili motivazioni che spingono una madre a uccidere i propri figli.

  • L’atto impulsivo delle madri che sono solite maltrattare i figli. Si tratta di una tipologia di madre (battering mothers) violenta, che è solita seviziare i figli usando la violenza fisica, in modo sadico e crudele. Se il bambino si mette a piangere o a urlare, la madre può essere particolarmente irritata e decidere impulsivamente di aggredire il figlio picchiandolo, soffocandolo, pugnalandolo o annegandolo. Queste madri non hanno messo in atto un progetto omicida premeditato, ma già in passato avevano pensato ad usare la violenza. Esse presentano disturbi di personalità, aspetti depressivi, scarsa intelligenza, irritabilità e impulsività di base. Spesso vivono in situazioni familiari problematiche e hanno molti figli da accudire e problemi relazionali con il compagno. È probabile che loro stesse abbiano subito maltrattamenti e abusi da bambine.
  • L’agire omissivo delle madri passive e negligenti nel ruolo materno. La morte del figlio può essere dovuta ad una mancanza di cure e attenzioni da parte della madre, che lo trascura deliberatamente perché non è in grado di adempiere correttamente alla sua funzione materna (coping maternel). Esse non riescono più a percepire in modo naturale i bisogni del neonato, ma iniziano a vivere le esigenze del figlio come qualcosa di strano, di estraneo che complica e rovina la loro vita. Queste madri possono avere problemi di natura psicotica, complicati da paure di fusione e angosce di annientamento, e le modalità di uccisione riflettono la loro natura passiva: alimentazione scarsa e scadente, malattie non curate, incidenti mortali.
  • La vendetta della madre nei confronti del compagno. In alcuni casi la madre può uccidere il figlio per vendicarsi dei torti subiti dal marito, in modo da arrecare un dispiacere al proprio compagno, e questa dinamica è nota come Sindrome di Medea. La madre vendicativa, di solito, soffre di disturbi di personalità con aspetti aggressivi, comportamenti impulsivi, tendenze suicidarie e una storia pregressa di ricoveri in ospedali psichiatrici. Le relazioni con i compagni sono ostili e caotiche, in cui il figlio è usato come un ‘oggetto’ che funge da capro espiatorio per far soffrire il compagno.
  • Le madri che uccidono i figli non desiderati. Queste madri uccidono i figli deliberatamente, in modo attivo e cosciente, perché non desiderati; sono madri che non hanno desiderato la gravidanza e spesso il figlio “non voluto” ricorda loro momenti tristi e penosi della loro vita: abbandono dal parte del compagno, indigenza economica, episodi depressivi e violenze sessuali subite. Presentano di solito tratti di personalità impulsivi e antisociali e può esserci una storia personale di comportamenti devianti e uso di droghe.
  • Le madri che uccidono i figli trasformati in capri espiatori di tutte le loro frustrazioni. Alcune madri sono convinte che i figli abbiano rovinato del tutto la loro esistenza. Il figlio è ritenuto colpevole di aver deformato il corpo della madre nella gravidanza, di averla obbligata a vivere in un ambiente non gradito, e di averla costretta a vivere con un compagno che non ama. Tali madri somatizzano tutte le frustrazioni sul bambino, e spesso sono madri insicure, con tratti di personalità borderline; alcune possono soffrire di malattie mentali con elementi persecutori, deliranti e paranoici, in cui il figlio viene visto come un ‘persecutore’.
  • Le madri che negano la gravidanza e fecalizzano il neonato. Si tratta del caso in cui il neonato viene ucciso o lasciato morire nell’immediatezza del parto e, di solito, è coinvolta una madre di giovane età, priva di una situazione sociale chiara e definita con il compagno che in genere è più grande e, dopo averla messe incinta, la abbandona. Queste donne hanno una forte dipendenza dai legami familiari, sono immature, hanno tratti regressivi, infantili e narcisistici, spesso negano la loro gravidanza, comportandosi come se nulla fosse, si vestono in modo inadeguato, non richiedono consulenze specialistiche e ginecologiche. Tendono inoltre a partorire da sole e in condizioni clandestine, gettando il feto partorito nelle discariche, come se si trattasse di un prodotto fecale, cioè un oggetto privo di vita.
  • Le madri che ripetono sul proprio figlio le violenze che avevano subito dalla propria madre. Queste donne hanno avuto madri che le picchiavano e abusavano di loro. La ‘madre cattiva’ è stata introiettata ed è diventata parte della loro personalità, causando un’identificazione inconscia con l’aggressore che perpetua il circolo vizioso dell’abuso.
  • Le madri che spostano il desiderio di uccidere la loro madre cattiva e uccidono il figlio cattivo. È presente nella donna un forte conflitto con la propria madre percepita come ‘cattiva’, che la donna stessa vorrebbe distruggere. Questa situazione genera depressione, tendenze autodistruttive e porta allo spostamento dell’aggressività verso il figlio.
  • Le madri che desiderano uccidersi e uccidono il figlio. Ci sono madri depresse che non hanno più alcun interesse di vivere su questa terra e decidono di togliersi la vita. Esse vivono in una situazione depressiva senza speranza (hopelessness), senza possibilità di ricevere aiuto da alcuno (helplessness), afflitte dalla loro percepita pochezza e indegnità (whortlessness), e si convincono che loro figlio non potrà vivere in un mondo così ostile e cattivo senza di loro; per questo motivo uccidono il bambino e si suicidano. Sono madri che si muovono in un progetto di “suicidio allargato”.
  • Le madri che uccidono il figlio perché pensano di salvarlo. Queste madri, oltre a presentare aspetti depressivi e di tipo persecutorio, possono essere anche vittime di allucinazioni uditive di carattere imperativo, cioè possono essere convinte di udire voci che chiedono insistentemente di uccidere il figlio come unica possibilità di salvezza per ottenere una vita migliore. Può trattarsi di un figlicidio di tipo altruistico. Le madri che uccidono il figlio per non farlo soffrire. In teoria, la madre uccide il figlio per non farlo più soffrire di una malattia grave, ma bisogna saper distinguere i reali ‘omicidi compassionevoli’ (mercy killings) dagli ‘omicidi pseudo-compassionevoli’, in cui la madre uccide il figlio malato, ma non in pericolo di vita, solo per ottenere un guadagno personale, liberandosi di un fardello di preoccupazioni.
  • Le madri che prodigano cure affettuose al figlio, ma in realtà lo stanno subdolamente uccidendo. A questa categoria appartengono le madri che sono affette da Sindrome di Münchausen per procura, che apparentemente si prendono cura del figlio o si mostrano particolarmente premurose, mentre, in realtà, vogliono far male o uccidere il figlio al solo scopo di stare al centro dell’attenzione del personale sanitario e dei mass media.

di Martina Micheli

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