Memoria a Breve e Lungo Termine: Definizione in Psicologia

La memoria a breve termine ed è quel sistema grazie al quale rispetto ad uno stimolo o più stimoli riusciamo a ricordare, per una durata di tempo maggiore rispetto ai magazzini sensoriali. Esso è un sistema che agisce sul presente, che va dai pochi secondi a pochi minuti, perché permette di memorizzare informazioni che poi devono essere rievocate immediatamente.

Per natura la sua capacità è limitata sia a livello verbale, se la natura dello stimolo è ad esempio una parola o un numero, che spaziale se le informazioni da ricordare sono le relazioni spaziali dello stimolo target. Inoltre è facilmente accessibile alla coscienza ma al tempo stesso è molto debole e fragile se la fase d’immagazzinamento non è stata adeguata, portando alla perdita della traccia mnestica.

Test per la memoria a breve termine

Tecniche e test più usati per studiare e indagare la memoria a breve termine sono gli Span di Cifre (Orsini et al., 1987), qualora volessimo andare ad indagare la capacità limitata della memoria a breve termine verbale, mentre per la capacità limitata spaziale il test dei Cubi di Corsi (Spinnler e Tognoni, 1987). Mentre per la memoria a lungo termine intendiamo quel magazzino in cui sono depositate e conservate informazioni riguardanti il nostro passato, che non richiede una rievocazione immediata ma bensì a lungo termine e può essere più facilmente soggetto al decadimento. Essa contenendo numerose quantità d’informazione e tracce mnestiche è composta a sua volta da altri sistemi di memoria: memoria esplicita o dichiarativa e memoria implicita o procedurale, ma di ciò ne parleremo più avanti. Ora vorrei soffermarmi sui modelli interpretativi che nel tempo hanno cercato di spiegare questo processo cognitivo multicomponenziale. I primi contributi che sono stati dati con l’intento di spiegare questo processo cognitivo assai complesso hanno dato più una visione semplicistica e riduzionista se vogliamo.

Definizione di Memoria a Lungo Termine

La prima rappresentazione della memoria è stata data da William James (1890) il quale fece una chiara distinzione tra memoria primaria e memoria secondaria. Con la prima ci riferiamo alla memoria di breve termine mentre con la seconda alla memoria a lungo termine. Questa distinzione getta luce al primo modello interpretativo che in letteratura chiamiamo bi-componenziale, in altre parole una memoria limitata a due magazzini. Seguendo questa visione classica negli anni ’60 Atkinson e Shiffrin, propongono una nuova distinzione e interpretazione della memoria. Partendo pur sempre da una visione classica della memoria, che vede una distinzione interna tra memoria a breve e lungo termine, aggiungono il cosiddetto registro sensoriale (Atkinson e Shiffrin, 1968). Il modello si afferma come modello modale o riconosciuto come modello multi-processo, in quanto viene riconosciuta la bi-direzionalità tra i due sistemi. Secondo questi autori la memoria sarebbe costituita da più sistemi e l’informazione passerebbe su più stadi dunque una visione sequenziale e seriale della memoria. I processi stessi che sono alla base della memoria elaborano e immagazzinano informazioni che prima passerebbero sotto l’attenzione del registro sensoriale, input provenienti dal mondo esterno, e poi una volta codificati e recuperati nel magazzino a breve termine, attraverso la ripetizione e il ripasso passerebbero al magazzino a lungo termine.

Il ricordo dipenderebbe dunque dal passaggio dell’informazione tra questi sistemi, e ogni interferenza che può essere presente in questi, agisce sull’informazione dando luogo alla perdita dell’informazione stessa. Negli anni successivi vediamo autori come Craik e Lockart interessarsi nel formulare modelli interpretativi sui processi di memoria piuttosto che sui sistemi. Come abbiamo esposto in precedenza, questi autori, elaborando la teoria dei livelli di elaborazione (Craik e Lockart, 1972), sostengono che il grado con cui viene elaborata l’informazione influenzi poi il modo con cui essa può essere ricordata. I due ricercatori individuarono tre livelli di elaborazione: elaborazione superficiale o fisica, elaborazione intermedia ed elaborazione profonda o semantica. La miglior codifica che garantirebbe il passaggio dell’informazione dal magazzino a breve termine a quello a lungo termine sarebbe quella profonda. Per dimostrare ciò Craik e Lockart (Craik e Lockart, 1972), mostrarono, ad un gruppo di soggetti, una lista di parole da memorizzare. Queste potevano essere elaborate secondo il livello di codifica più consono tra quelli sopra citati.

In seguito in una fase di richiamo si registrò quanto da loro ipotizzato, le migliori prestazioni si registravano in quei soggetti che avevano memorizzato applicando un livello di elaborazione più profondo o legato al significato della parola rispetto a chi aveva compiuto ciò ricorrendo ad una codifica superficiale come il ricordare il carattere maiuscolo o minuscolo della parola. Infine il modello che segna la svolta, influenzando gran parte la visione della memoria, in particolar modo della memoria a breve termine, è il modello della memoria di lavoro chiamata working memory (Baddeley e Hitch, 1974), ma di questa ne parleremo nel sottoparagrafo seguente.

di Chiara Spinaci

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