Psicologia del Terrorismo: creare e veicolare il terrore
In un’epoca tecnologica dove sempre più persone sono circondate da canali di comunicazione è necessario servirsene per la propria propaganda e questo, il gruppo terroristico Daesh, lo ha capito bene. Servendosene può accrescere il potere delle proprie azioni, veicolandolo nelle nostre case e nelle nostre vite che subiranno cambiamenti dettati dalla paura.
Obiettivi come la Francia ed il Belgio sono prima di tutto obiettivi mediatici. Il Belgio da novembre 2015 ha deciso di intensificare il tentativo di contrasto nei confronti di Daesh. Per settimane le persone non si sono più mosse, le scuole sono state chiuse, le strade bloccate e le città si sono cristallizzate. Bruxelles, considerata la capitale europea, è sede di molte istituzioni fondamentali per l’UE. Vi risiedono molte culture differenti, quindi i giornali nazionali di tutto il mondo hanno parlato di questi attentati, come nel caso della Francia che ha visto vittime di diverse nazionalità.
Hanno colpito così, non solo nel cuore della Francia o del Belgio, ma anche di Italia, America, Spagna, Germania, Cile. Attentati in queste città simbolo hanno grande risalto mediatico e ciò accresce la loro propaganda di morte e distruzione. Si insinuano nelle nostre case attraverso radio, tv o smartphone, e li portiamo con noi in ogni momento in cui ci guardiamo intorno per paura, paura che non ci permette di essere liberi.
Il terrorismo è manipolazione, gli obiettivi non sono le persone su cui esercitano la violenza fisica, ma quelle che restano a guardare pietrificate. Meglio restare a guardare o decidere di passare dalla loro parte? Questo è il modo subdolo con cui uno Stato autoproclamato tenta di ottenere consenso e potere. Persone sfruttate che decidono di appoggiarli ma che diventano marionette, strumenti di un disegno più grande, dove la religione non c’entra. I video di propaganda che fanno girare, sono video creati da esperti in comunicazione. Sgozzamenti che poco hanno a che vedere con la realtà, ma mantengono quell’alone cinematografico, grazie ad inquadrature e colori, che controlla le repulsioni ed attira soprattutto i giovani. Sono sempre più i giovani che decidono di adottare questi loro pensieri di distruzione, che permettono loro di sentirsi importanti in Paesi che l’individualità e l’importanza del singolo lasciano sempre più marcire. Diventare martire ed essere ricordato invece di vivere un’anonima vita in una città con sempre più persone che ti passano avanti. Questo loro lo sanno bene e su questo basano il loro progetto. Per fare antiterrorismo è necessario prima di tutto pensare da terrorista. Cosa faremmo noi? Quale sarebbe la nostra prossima mossa?
di Marika Pepe
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