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Psicologia della Procrastinazione: perché rimandiamo così spesso

Il termine “procrastinare” deriva direttamente dal verbo latino procrastinare, composto da due parole, pro – “avanti” – e crastinare – da crastinus, “domani” -, e si riferisce all‟atto di sostituire attività prioritarie e importanti con attività piacevoli o compiti meno rilevanti o urgenti. La parola procrastinazione ha una lunga storia; infatti, per quanto riguarda l’etimologia del termine, è interessante notare il modo in cui viene considerata nelle diverse culture e nelle diverse epoche. Nell’Oxford English Dictionary (OED) è contenuto il primo utilizzo noto della parola procrastinazione che si verifica nel 1548 nella Cronaca di Edward Hall: L’unione di due famiglie nobili e illustri di Lancaster e Yorke. L’ OED rileva che il termine è usato parecchie volte e apparentemente senza una connotazione peggiorativa. Secondo l’Oxford English Dictionary, la parola procrastinazione era in uso relativamente comune fin dai primi anni del ‘600. Le connotazioni negative del termine non sembrano emergere fino alla metà del 18° secolo, a circa il momento della rivoluzione industriale.

Come evidenziano Ferrari, Johnson e McCown (1995), gli antichi Egizi avevano due verbi che sono stati tradotti nel senso di “procrastinare”, “uno denota l’abitudine utile ad evitare lavori inutili e lo sforzo impulsivo, mentre l’altro denota le abitudini nocive di pigrizia nel un compito necessario per la sussistenza, come coltivare i campi al momento opportuno dell’anno nel ciclo della piena del Nilo”(p. 4). L’argomento in questione è un fenomeno ben noto nella vita quotidiana che ha accompagnato l’umanità almeno sin dai tempi di Cicerone2; esistono, infatti, numerose fonti risalenti a migliaia di anni fa, che testimoniano la tendenza perenne del genere umano a “rimandare le cose”.
Anche la Bibbia cristiana tratta dell’atavica tendenza a rimandare, infatti, Gesù ha insegnato che la riconciliazione con i nostri avversari dovrebbe avvenire immediatamente (Matteo 5: 23-24): “Non lasciate che il sole tramonti mentre siete ancora arrabbiati” (Efesini 4,26).
Un altro documento di grande rilevanza è rappresentato dalla prefazione ad un sermone che risale al diciassettesimo secolo, scritto dal reverendo Walker il quale considerava la procrastinazione estremamente peccaminosa e per questo si impegnò, insieme ad altri ministri, a radunare tutte le congregazioni contro di essa ripetutamente.

Una ricerca di testi classici conduce a diversi riferimenti illuminanti circa la natura della procrastinazione. Nel 44 a.C., Cicerone fu console di Roma e un oratore infame che ha parlato contro diversi avversari politici; in uno di una serie di discorsi di denuncia ad Antonio, Cicerone ha dichiarato: “Nello svolgimento di quasi ogni affare, lentezza e procrastinazione sono odiose” (Filippiche, 6.7). Anche l’antico capo babilonese Hammurabi, riconoscendo gli inconvenienti causati da inutili ritardi, ha penalizzato la procrastinazione attraverso uno dei suoi 283 codici. La prima analisi storica sull’argomento è stata condotta da Milgram3, che ha sostenuto che la procrastinazione è, essenzialmente, una malattia moderna dal momento che le società tecnicamente avanzate richiedono numerosi impegni e scadenze, che danno luogo alla procrastinazione. Di conseguenza, le società agrarie non sviluppate non ne sono così afflitte.
Il modo in cui il concetto di procrastinazione sia venuto ad acquisire le sue connotazioni morali negative è speculativo. È ben noto che, nelle società agrarie, un sostanziale disprezzo è riservato alle persone che dimostrino la pigrizia – un termine che denota l’inattività fisica che, etimologicamente e filosoficamente, è stato inizialmente separato dal concetto di procrastinazione. Nelle società industriali di oggi, il termine è in gran parte scomparso dall’uso contemporaneo. Indipendentemente da ciò, Milgram ha indubbiamente ragione nell‟affermare che l’importanza attribuita alla puntualità maggiormente presente nei paesi industrializzati.

La distinzione tra ritardo sagace e pigrizia immorale sembra sfumare nel linguaggio occidentale contemporaneo e nel pensiero sociale nel quale l’enfasi economica è un’attività più immediata4.
Relativamente recente è, invece, la proclamazione della giornata internazionale della procrastinazione da parte del francese David Equainville, il 26 marzo 2011. Egli ha scritto un manifesto a favore della procrastinazione con l’obiettivo di promuovere la “procrastinazione positiva” in un mondo ad alto ritmo hi-tech in cui prendere il proprio tempo è un atto cruciale di resistenza. “Procrastinare è rifiutare di fare ciò che il contesto in cui viviamo ci chiede; dobbiamo prendere il tempo che serve per riflettere su ciò che facciamo, o perderemo il controllo della nostra vita.” “Rimandare è virtuoso”.

Articolo di Nicoletta Caruso

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