Ricerche sulla percezione e sull’immagine dello psicologo
Ricerche sull’immagine dello psicologo e della psicologia nella letteratura (un articolo di Elisa Spisni)
I risultati delle ricerche condotte in mezzo secolo negli Stati Uniti sull’immagine dello psicologo (Perussia, 1994) appaiono uniformi nonostante presentino alcuni limiti di affidabilità, validità e rappresentatività. Emerge da un lato, una certa contraddittorietà di fondo vissuta dalla società verso la professione di psicologo e, dall’altro, una visione sostanzialmente positiva della psicologia, benché , talvolta, non sia priva di qualche perplessità rispetto all’effettiva utilità della disciplina. Tale immagine è diffusa nelle classi sociali medio-alte, tra le persone istruite o benestanti e chi ha avuto modo di avvicinarsi alla psicologia, magari frequentando un corso di psicologia. Emergono perplessità sull’effettiva applicazione della psicologia ai problemi di vita quotidiana, nonostante l’interesse culturale e intellettuale verso di essa: la psicologia è considerata molto interessante e gli psicologi sono ben visti, ma sono considerati meno affidabili di altri professionisti quali medici, economisti e ingegneri.
La fiducia nell’efficacia psicologica pare essere limitata. Nonostante un aumento della popolarità della disciplina, solo in parte nel pubblico c’è stato un aumento della consapevolezza su che cosa la psicologia effettivamente rappresenti e di quale sia la sua funzione sociale. Il pubblico non distingue con chiarezza e a volte per nulla, tra psicologi, psichiatri e altri professionisti della salute mentale.
Lo psicologo è valutato con indici di apprezzamento maggiori rispetto allo psichiatra e minori del medico. È noto nella maggioranza che lo psichiatra ha una formazione medica e che è l’unico professionista che può prescrivere psicofarmaci. La maggioranza ritiene che lo psicologo eserciti come attività principale la psicoterapia e viene considerato rispetto allo psichiatra come un ricercatore, uno scienziato del comportamento, uno studioso dell’opinione pubblica, un professionista che si occupa di educazione infantile e un somministratore di test.
Il pubblico mostra difficoltà a capire che cosa sia uno psicologo , se non in ambito clinico, si nota una identificazione riduttiva della psicologia come psicologia clinica e psicoterapia, che è ulteriormente complicata dal senso comune di confondere la psicoterapia con la psicoanalisi.
Tali visioni incerte e contraddittorie (Sarchielli e Fraccaroli 2002) emergono anche in Italia dall’analisi di rappresentazioni della psicologia e dello psicologo prodotti dagli stessi psicologi e dagli studenti.
In un’indagine condotta a un gruppo di psicologi professionisti residenti in Emilia Romagna (Sarchielli, Fraccaroli 2002) e iscritti all’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna, emerge una predominanza del genere femminile che conferma la tendenza alla femminilizzazione della professione di psicologo, la scelta degli studi è privilegiata sull’indirizzo di Psicologia clinica e di comunità, la formazione post laurea è indirizza verso l’ambito clinico-terapeutico. Anche se domina il lavoro psicologico in ambito clinico sia come libero professionista sia come pubblici dipendenti nel settore socio-sanitario, l’idea di una un’omogeneità e unitarietà della professione appare in parte scalfita. Si nota un’apertura verso ambiti di applicazione diversi quali sanità, scuola, economia e lavoro, un’attenzione rivolta ad allargare gli accessi al mondo del lavoro, in quanto il lavoro clinico-terapeutico è percepito come saturo. Dalle affermazioni sull’immagine pubblica della psicologia la maggior parte dei professionisti esprime giudizi critici e negativi, dovuti alla diffusione di pregiudizi e alla diffidenza nei confronti della figura dello psicologo, che mettono in dubbio il valore e l’utilità sociale di questa disciplina e che portano colui che si rivolge allo psicologo a sentirsi sminuito se non stigmatizzato socialmente.
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