I segreti del maglioncino di Marchionne

E’ bellissimo affermare che le cose esteriori non contano, tuttavia alcuni studi antropologici prima e psicologici poi ci mostrano che esistono dei forti legami tra l’abito e il modo in cui il monaco viene percepito.
Ovvio che non voglio giustificare una vestitocrazia, tuttavia l’abbigliamento, come per qualunque tipo di comunicazione non verbale, influenza in qualche modo i nostri interlocutori.

Non c’è un vestito migliore, c’è un vestito che comunica. Può essere utile sapere cosa comunica e in che modo è possibile gestire questa comunicazione.

L’abito comunica innanzitutto un’ appartenenza di gruppo, vestirsi in un certo modo significa comunicare al mondo di appartenere a un certo gruppo, così come accade nelle squadre di calcio o nelle divise aziendali, anche nella vita reale ognuno testimonia unappartenenza di gruppo col proprio vestito. L’appartenenza di gruppo ha sempre due effetti comunicativi:
– Ci assimila a chi riteniamo essere parte del gruppo
– Ci differenzia da chi riteniamo essere fuori dal gruppo

La   somiglianza è uno dei criteri più forti di attrazione e coesione di gruppo. E’ utile usarla  consapevolmente come arma persuasiva.
Non è un caso se leader politici e aziendali usino a proprio favore, sempre più frequentemente un abbigliamento più simile a quello dei propri dipendenti o dei propri elettori.
Il maglioncino di Marchionne, o i sempre più comuni abiti informali da parte di politici e leader aziendali non sono solo scelte stilistiche, ma soprattutto elementi di un discorso persuasivo riassumibile in:“io e te siamo simili” (argomento di somiglianza), somiglianza che si connette immediatamente all’attrazione e alla coesione sociale.

Nel caso di Marchionne il maglione diventa anche un marchio della sua persona, infatti proprio perché diverso da quello che stereotipicamente ci aspetteremmo da un plurimiliardario diventa particolarmente più saliente in memoria (ricordiamo ciò che è insolito), e avere più spesso saliente un certo dato lo rende anche più piacevole per mera esposizione (Zajonc, 1967), effetto persuasivo per cui uno stimolo più viene ripetuto, più è considerato piacevole.  (clicca qui per un altro esempio di effetto persuasivo della mera esposizione)

L’abito comunica inoltre il proprio status sociale, storicamente si attribuisce all’abito questo significato, gli ordini religiosi ad esempio utilizzano abiti diversi per simboleggiare status diversi, disposti gerarchicamente.
Nella società, una seconda strategia utilizzata per accreditare il proprio status è quello di differenziare il proprio look, ovvero si accentua il secondo effetto comunicativo di cui parlavo prima (ci differenziamo da chi riteniamo essere fuori dal gruppo), proprio per creare una gerarchia.

E’ il tipico ragionamento sottostante la moda di lusso: a prescindere dalla piacevolezza o dalla buona fattura dei capi, indossare un capo molto costoso è una strategia che differenzia chi lo indossa (una minoranza che se li può permettere), da chi non può acquistarlo.
Non è un caso se alcuni di questi, nonostante il prezzo elevato non piacciano assolutamente, è saliente infatti un argomento persuasivo di differenza, il quale riduce l’attrazione e la coesione.

L’abito costoso, spesso diverso, attiva un altro processo di pensiero noto in psicologia economica, un’euristica del tutto automatica per cui le persone tendono ad associare il costo alla qualità, come a dire “se costa così tanto dovrà pur avere qualcosa di buono”, questo pensiero automatico porta le persone automaticamente a focalizzarsi su cosa possa esserci di buono in un capo costoso e non ai costi e difetti dello stesso bene.

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