Apprendimento simbolico e subsimbolico
Un’avversità di rilevante importanza nello studio del funzionamento della mente è comprendere il rapporto che corre tra i processi simbolici e subsimbolici. Decodificare una parola è un processo simbolico o subsimbolico? Certamente è subsimbolico, in quanto è chiaramente un’operazione priva di significato. Un bambino di cinque anni, ad esempio, decodifica, fa un’operazione subsimbolica, e mette insieme dei segni che per lui non hanno significato, non riesce a fare una fusione fonemica e non raggiunge un significato, anzi quando gli viene proposto lo riconosce, ma in un altro formato rappresentazionale. In questo caso è l adulto a fare il legame tra il subsimbolico e la rappresentazione mentale.
Anche in ambito scolastico accade spesso così : i bambini apprendono molte cose attraverso procedure prive di significato, che vengono poi assimilate attraverso procedimenti che sfuggono totalmente alle pratiche dell’insegnamento. Gli studiosi affermano che questi sono processi esclusivamente endogeni e cioè che il legame tra subsimbolico e simbolico non può essere insegnato, ma viene sviluppato, cioè emerge quando le condizioni sono integre, come nella maggior parte dei casi.
Nel caso della dislessia, ad esempio, in cui si sostiene un’origine neurobiologica, è presente l impossibilità di costruirsi rappresentazioni simboliche oppure viene intaccata la possibilità di elaborare efficacemente i processi subsimbolici.
Tornando al concetto, possiamo dire che per apprendimento implicito si intende, in apparenza paradossalmente, apprendimento senza comprensione.
A tre anni i bambini sanno dire “ieri sono andato al parco”, ma questo è frutto di apprendimento implicito, perché il bambino ignora l’origine dell’ uso efficiente del linguaggio, n conosce che tipo di forme verbali sta utilizzando e quante parole ha pronunciato. Ricerche svolte negli anni ’70 dagli psicolinguisti ginevrini, hanno analizzato le idee che i bambini hanno delle parole che utilizzano. Se ad esempio viene presentata la frase “il bambino beve l’acqua”, il bambino sostiene che tale frase contiene due parole: “il bambino” e “beve l’acqua”.
Il rapporto tra l’apprendimento consapevole esplicito, cioè la metacognizione, e l’apprendimento subsimbolico o comunque implicito, che ha portato il bambino a produrre correttamente la frase, sfugge alle logiche dell’ambito scolastico, dove l’insegnante vorrebbe vedere i risultati della propria didattica.
Il rapporto tra subsimbolico e simbolico, tra apprendere e capire, ovvero imparare delle procedure e attraverso queste accedere a delle rappresentazioni mentali è sempre indissolubile Il caso dei disturbi specifici dell’apprendimento sosterrebbe di no, dal momento che vi sono bambini che comprendono ma non apprendono. A volte gli insegnanti e gli adulti hanno l’impressione che il bambino dislessico non abbia un disturbo dell’apprendimento settoriale, ma che resti come imbambolato e non comprenda la situazione. In generale i bambini dislessici si comportano come i bambini verso i quali c è l attesa di un successo scolastico.
Ciò significa che fino ad allora i comportamenti di sviluppo sono stati appropriati. Questo è il fulcro del problema: come si passa dall’apprendimento procedurale alla rappresentazione concettuale? L apprendimento procedurale è un processo discreto (per gli americani “statistical learning”), quantificabile e riproducibile attraverso le reti neurali. Diversamente, la rappresentazione concettuale è un processo continuo, che non si può definire facilmente perché si arricchisce continuamente. Questo arricchimento sfugge ad una concezione quantitativa, perché non è come il concetto di memoria episodica che è più simile alle sue rappresentazioni computazionali.
La memoria semantica, cioè quella concettuale non ha una rappresentazione quantitativa: le misurazioni discrete non si applicano ai concetti, ma si applicano al subsimbolico, ai processi dell’esperienza e dell’apprendimento procedurale.
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