Che fare quando pur mangiando bene non si dimagrisce?

Nel mese di settembre viene spontaneo ripartire con grinta per una nuova stagione preparando una lista di buoni propositi. E dopo un’estate che non ha concesso di muoversi all’aperto e di fare tutto quel movimento che si desiderava dallo scorso inverno, la voglia di trovare soluzioni concrete per rimettersi in forma si fa sentire ancora più forte. E come tante altre volte si vorrebbe ripartire con obiettivi pieni di carica, inseguendo quel desiderio di sentirsi più agili, più asciutti e pieni di energia.

Ma pensando a chi desidera mangiare meglio, a chi ci prova e come risultato non ottiene il dimagrimento che si aspetta, mi viene da pensare che probabilmente serve ripartire cambiando prospettiva.

Il confronto con le persone che raccontano di mangiare in modo equilibrato e nelle porzioni che soddisfano il loro senso di fame, che affermano di fare movimento in modo costante, che dalle indagini mostrano gli esami nella norma, pure quelli ormonali, e che si impegnano con costanza senza riuscire a dimagrire, suggerisce che da qualche parte qualcosa sta remando contro.

E’ vero, a volte si sottovalutano le conseguenze del consumo di alcuni alimenti, o si scordano alcuni dettagli di come si mangia, o di quanto movimento effettivo si svolga. A volte ci si convince di star facendo di tutto per star bene e non ci si rende conto che qualche scelta a tavola o qualche atteggiamento nei confronti dell’attività fisica può rivelarsi responsabile della difficoltà di raggiungere i risultati desiderati.

Ma pur riconoscendo questi fatti, mi fido di quello che mi viene raccontato dai miei pazienti. E sono certa che ci sono casi in cui lo stile alimentare e il livello di attività fisica sono funzionali e potenzialmente efficaci. Dove il metabolismo lavora bene, e dove nonostante tutti i cambiamenti, il peso rimane costante. Il corpo sembra immobile.

Che la dieta non sia solo una questione di calorie è evidente.

Ma che di fronte a tanti cambiamenti nel piatto il corpo rimanga immobile, suscita qualche riflessione. Da protagonisti del proprio cambiamento e da terapeuti dovremo probabilmente cominciare a farci domande nuove, capaci di esplorare soluzioni più efficaci per migliorare i risultati. Non ce lo insegnano all’università, non ci sono dettagli concreti ai corsi di aggiornamento, e in letteratura sono scarsi gli studi che indagano queste dinamiche. Ma decenni di diete che si rivelano per lo più fallimentari e il confronto con la realtà ci chiedono di indagare oltre quello che succede cambiando solo le calorie, gli abbinamenti alimentari e gli equilibri nel dispendio energetico.

Quando l’impegno e le azioni per dimagrire non consentono di ottenere i risultati desiderati, vengono tradite le aspettative di chi desidera stare meglio e del terapeuta che suggerisce le strategie per generare il cambiamento. Facendo traballare la fiducia di entrambi, fino al punto in cui si rassegnano all’idea che bisogna accettare il fatto che il metabolismo è cambiato e così è cambiato anche il peso. Ma può essere l’unica spiegazione possibile? La scienza è ancora lontana dal comprendere pienamente tutti i processi che determinano o meno l’efficacia di una dieta e che potrebbero spiegare i casi in cui, nonostante l’impegno del paziente, il dimagrimento è complicato. Mi viene da chiedermi da dove possiamo ricominciare a lavorare per trovare soluzioni più efficaci.

In uno studio del 2007, Crum ed Allen dell’Università di Harvard hanno indagato se la relazione tra esercizio fisico e salute sia mediata anche da un effetto placebo, modulato dal proprio atteggiamento mentale. Nel loro studio hanno reclutato 84 cameriere di 7 hotel diversi. Le hanno divise in 2 gruppi. Al primo gruppo veniva detto che, grazie alla natura del loro lavoro, la quantità di esercizio fisico da loro svolta era coerente con le indicazioni date dall’agenzia per la salute governativa. Alle cameriere veniva fornita anche una descrizione precisa dell’entità del dispendio calorico per ciascuna attività svolta durante il lavoro. Alle cameriere del secondo gruppo, pur fornendo informazioni in merito al loro dispendio energetico durante il lavoro, non veniva riferito nulla riguardo al fatto che proprio l’esercizio svolto durante le ore di lavoro soddisfaceva i livelli di attività fisica raccomandati dall’agenzia governativa. Durante il periodo dello studio non ci furono cambiamenti nel livello di attività fisica, né alimentari. Dopo 4 settimane fra le cameriere del primo gruppo, che avevano ricevuto un ‘rinforzo‘ positivo, era più alta la percezione di fare un buon esercizio fisico. E nonostante non vi fossero stati cambiamenti di intensità né di durata di esercizio, il peso, la pressione e la massa grassa erano diminuite mentre fra le cameriere del secondo gruppo non si era notato nessun miglioramento significativo.

Serviranno più studi per indagare le effettive implicazioni di processi neuroendocrini e neurormonali sui risultati di peso corporeo e di stato metabolico prima di scoprire quali strategie possono rivelarsi le più efficaci per dimagrire. In ogni caso questi risultati suggeriscono l’esistenza di processi mentali, probabilmente inconsci, che sono implicati nella modulazione del metabolismo. E che stimolano una ricerca di soluzioni a partire da una prospettiva di analisi che considera la persona nel suo insieme.

In attesa di nuovi studi, per iniziare col piede giusto a migliorare il proprio stile di vita credo valga la pena rinforzare i pensieri che permettono di attuarlo con facilità. Credere di più in sé stessi e nella risposta del proprio metabolismo nella direzione del dimagrimento, ritrovando una coerenza corpo mente che concede al corpo di esprimere quel desiderio di stare bene, senza essere bloccato da una mente che non è disposta a crederci. Questo non vuole essere un modo facile e affrettato di affermare che non si sta meglio né si dimagrisce se non ci si crede, bensì un invito a chi si occupa di ricerca ad esplorare le dinamiche tra mente, metabolismo e stato di salute, e a chi intende stare meglio, a fare ordine nei propri pensieri, in modo da renderli coerenti con l’impegno a cambiare il proprio stile di vita. Perché accanto all’effetto placebo esiste anche l’effetto nocebo, che giustifica i risultati indesiderati come l’esito di aspettative negative. Se ci si aspetta che qualsiasi cosa si faccia non si riuscirà a dimagrire, perché si è convinti di avere un metabolismo lento, perché qualsiasi tentativo di dieta si è rivelato inefficace, perché non ci si fida delle indicazioni o perché si è convinti che per dimagrire serve fare la fame, di certo quei pensieri avranno delle implicazioni sui comportamenti, sulla fisiologia e in definitiva sui risultati che si ottengono.

Questo mese di settembre per iniziare col piede giusto, il primo passo, il più semplice, è quello di avere più fiducia in noi stessi e nell’abilità del nostro organismo di rispondere in modo coerente agli input che gli forniamo quando mangiamo, quando pratichiamo esercizio fisico e ogni volta che decidiamo di prenderci cura di noi stessi nella direzione del benessere.

di Cinzia Dalla Gassa

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