E’ necessario scavare nel passato per risolvere un problema psicologico?

Quando una persona deve risolvere una questione psicologica, deve necessariamente scavare nel proprio passato?

I punti di vista sono diversi e non c’è una risposta sempre esatta a questa domanda.

Innanzitutto occorre specificare che esistono terapie che hanno nelle proprie fondamenta l’indagine del proprio passato così come esistono terapie che solitamente non “scavano” nel passato. Ad esempio, la psicoanalisi è fortemente interessata al passato e alla vita infantile, le terapie di stampo cognitivo comportamentale solitamente non indagano a fondo sulla vita infantile, o quanto meno non danno la stessa rilevanza che è data in psicoterapia psicoanalitica. Se intendi affrontare un trauma o una situazione problematica, confrontati con uno Psicologo per valutare se fare Consulenza Psicologica.

Entrambe sono efficaci per determinati disturbi, arrivano tramite vie diverse tra loro alla soluzione di un problema.

In altre parole si può ipotizzare un continuum nei vari approcci psicoterapeutici che si estende dal polo relativo agli approcci orientati al passato fino al polo relativo agli approcci orientati al presente.

Come dicevamo, la psicoanalisi di Sigmund Freud è solitamente orientata al passato. Freud, infatti, parla di legge di determinismo psichico ovvero: ogni fenomeno psichico ha una radice nel passato che può essere studiata intercettando l’inconscio con vari metodi: associazioni libere, interpretazioni dei sogni etc… Questa legge postula un principio di causalità lineare, ovvero i fenomeni psichici sono spiegabili solo nella misura in cui c’è un fenomeno precedente nel quale sono situate le loro radici. Potremmo dire con Freud quindi che la causa è sempre nel passato. Questo tipo di analisi retrospettiva (scavare nel passato) dunque porta a una serie di analisi delle cause, e di analisi delle cause delle cause in una sorta ricerca a ritroso mediante un principio di rigido determinismo interno, in quel processo che, i più critici rispetto a questo approccio, come Grunbaum chiamano “terapia senza fini e senza fine” (1985).

Non tutti sono d’accordo sulla correttezza della legge di determinismo psichico.

L’approccio psicoanalitico è criticato da alcuni per i seguenti motivi. La psicoanalisi come tutti gli approcci basati sull’analisi del passato, proprio perché tale necessita irrimediabilmente di far riferimento ai dati in memoria, è fallace perché, come mostrano diversi studi sulla memoria e sull’oblio, diversi di questi dati risultano fortemente distorti, dunque inutilizzabili a quella analisi delle cause

         Lo stesso Giovanni Jervis (2002), di orientamento psicodimanico che il principio di determinismo psichico è criticabile: la nostra vita è ricca di fenomeni casuali e non causali.

Ad esempio se il computer della stazione dei treni ci seleziona un determinato posto in carrozza, rendendo possibili determinate interazioni con altre persone, questo è un fenomeno del tutto casuale, eppure non si potrebbe affermare che questo non possa influenzare la psiche di una persona.

 La nascita e lo sviluppo di questo approccio nasce proprio dal positivismo che caratterizza il pensiero di Freud.

Come dicevamo, non tutti gli approcci psicoterapeutici sono d’accordo col principio di determinismo psichico.

Il principio di determinismo psichico è criticabile anche in virtù di un altro argomento che ci conduce alle argomentazioni relative agli approcci orientati al presente.

Il principio di determinismo psichico, in implicito, postula una netta separazione tra ciò che è interno e ciò che esterno.

A questo concetto si oppone la Scuola di Palo Alto, che si focalizza sull’interazione tra persona e ambiente piuttosto che su una rigida separazione di interno ed esterno in un’ interazione.

Si pensi all’aneddoto del cieco di Gregory Bateson, in “Per un’ ecologia della mente” (1972),  nel quale critica la possibilità di separare tra di loro interno ed esterno, nell’aneddoto del cieco Bateson ipotizza di essere un cieco, che cammina per strada, camminando per strada usa un bastone per sondare il territorio, a questo punto chiede al lettore: “dove incomincio io?”, ovvero cosa è interno e cosa è esterno? Sarebbe assurdo dire che la mente del cieco finisca all’epidermide dello stesso, in quanto le informazioni fluiscono con e grazie al bastone che utilizza, così come sarebbe assurdo affermare che la mente del cieco sia il bastone dello stesso: quando il cieco si ferma ad un bar il suo collegamento col bastone si interrompe. Questo esempio ci mostra come il sé non è del tutto separabile dal contesto e dagli artefatti che costituiscono il contesto.

Un altro autore, Shweder (1995), mostra ancora più fortemente la sua opposizione al concetto di sé come separabile dall’esterno: “nulla ha fatto più danno alla ricerca della dottrina secondo cui “mente” , “cultura”, devono stare dentro (la persona) o fuori (nella situazione), invece che in tutti e due i posti o in nessuno dei due”.

La rivoluzione sta nelle affermazioni di Watzlawick et al. (1967, pp. 14), quando afferma che “un fenomeno resta inspiegabile finché il campo di osservazione non è così ampio da contenere il contesto in cui il fenomeno si verifica”, traducibile in un’ impossibilità di analizzare qualunque fenomeno psichico escludendo il contesto in cui verifica un certo fenomeno, o in altre parole “contesto e significato si costituiscono correlativamente” (Nanetti, 2007)

Riassumendo sono dunque tre le motivazioni che portano dagli approcci orientati al passato agli approcci orientati al presente

1)      la memoria non è del tutto affidabile, specialmente se analizziamo dati che fanno riferimento ad eventi molto lontani nel tempo

2)      il determinismo psichico esclude la possibilità che ci siano fenomeni spiegati dal caso e sottovaluta gli aspetti di interazione con l’esterno, sovrastimando le cause dei fenomeni psichici verso l’esterno, mentre per gli approcci della Scuola di Palo Alto dove nascono alcuni degli approcci orientati al presente, la persona, l’”interno” non è separabile dal contesto.

3)      Gli approcci orientati al passato fanno in genere riferimento a un processo di causalità lineare il quale, secondo Watzlawick va sostituito a un processo di causalità circolare.

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