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Lo Stress in Psicologia: il Riassunto definitivo

Articolo di Francesco Clemente

Il nucleo tematico di questo capitolo è costituito dalla possibilità di tracciare un quadro il più possibile esaustivo delle dinamiche innescate dallo stress in vista di una modalità di risposta attiva e positiva, che non si limiti alla sola capacità resiliente di adattamento alle difficoltà.

Perciò, è importante un inquadramento della problematica nell’ambito dei processi stressogeni che il soggetto è chiamato a fronteggiare, nell’urgenza di focalizzare l’attenzione sui principali modelli del coping e dei sui specifici meccanismi di funzionamento.

A tale fine si devono prendere le mosse dal concetto stesso di “stress” al fine di mettere a fuoco le dinamiche che lo caratterizzano e, in seconda battuta, le strategie di coping, ovvero di fronteggiamento dello stesso, al fine di inquadrarle successivamente nell’ambito della resilienza e dell’antifragilità. Si deve, dunque, partire dal termine inglese “stress” che nasce nel contesto dell’ingegneria industriale, con uno specifico riferimento alle situazioni in cui si registrano egli sforzi a cui è sottoposto un determinato materiale sotto sollecitazione, subendo così inevitabili modifiche delle proprie caratteristiche. Dall’ambito tecnico il termine si è esteso anche a quello medico, il divenendo così un concetto inglobato ufficialmente nella letteratura scientifica da circa cinquant’ anni.

A riguardo, sotto il profilo dell’evoluzione storica, gli studi medici partono dalle ricerche condotte nel 1628 dal famoso medico inglese William Harvey, che per primo s’impegnò a descrivere in maniera completa il sistema cardiocircolatorio umano e le proprietà del sangue; continuano successivamente, nel 1872, con Charles Darwin che ha affrontato lo studio delle reazioni fisiologiche derivanti da stati emotivi umani. Sulla base di queste ricerche il primo studioso che legge da un punto di vista prettamente fisiologico il fenomeno dello stress è stato invece il fisiologo statunitense Walter Cannon (1871- 1945), che ha enfatizzato le reazioni che avvengono nell’organismo in risposta a situazioni avverse definite di allarme, prima del ritorno alle condizioni di equilibrio iniziali, introducendo concetti come “fight or flight” e “omeostasi”, tutt’oggi riconosciuti come validi.

Tuttavia, le ricerche sullo stress subirono una svolta grazie ad un altro fisiologo, Hans Selye (Vienna, 1907 -Montreal, 1982), che si è imbattuto in una serie di importanti scoperte in maniera casuale, relativamente alle ricerche improntate all’isolamento di un nuovo ormone sessuale. Il suo contributo si sostanzia della convinzione che lo stress si debba interpretare come la risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi alle diverse esigenze che si presentano, sia fisiologiche che psicologiche, cui esso sia sottoposto:

“Lo studio scientifico dello stress ha inizio nel 1925 con il fisiologo di origine austriaca Hans Selye, il quale sviluppò l’idea che in ogni malattia, sin dai suoi sintomi iniziali, siano presenti reazioni di natura biologica e fisiologica a carico del sistema neuro-vegetativo, neuroendocrino e immunitario.

Selye concettualizza lo stress come un insieme di reazioni di natura fisiologica, attuate per far fronte a una minaccia o ad una sfida. Selye fu il primo ad aver riconosciuto che lo stress non è una condizione necessariamente patologica e negativa, ma una reazione in primo luogo adattativa, poiché finalizzata a ristabilire o a mantenere l’equilibrio omeostatico.”

Si comprende, quindi, come questa impostazione teorica, lo stress, di per sé, non abbia una connotazione necessariamente negativa, come spesso oggi si ha modo di rilevare anche nelle relazioni individuali. Anzi, in sé lo stress si connota come una risposta fisiologica normale e, nella storia dell’evoluzione della specie, assolutamente necessaria per la sopravvivenza della stessa. Per cui lo stesso stimolo stressogeno può essere positivo o negativo, in quanto si distingue l’eustress (eu-: dal greco buono, bello), ovvero la situazione in cui i fattori stressogeni che agiscono sulla persona rientrano in un limite tollerabile dalla persona stessa, dando luogo ad una reazione armoniosa; e il distress (dis-: dal greco cattivo, morboso): situazione in cui i fattori stressogeni che agiscono sulla persona superano i limiti di tollerabilità della persona stessa, dando luogo ad una reazione distruttiva. In base al modello di Selye, il processo stressogeno si può suddividere in tre fasi distinte:

  1. fase di allarme: lo stressor suscita nell’organismo un senso di allerta, con conseguente attivazione di tutta una serie di processi psicofisiologici (aumento del battito cardiaco, iperventilazione, sudorazione, ecc.) mirati a fronteggiare la nuova situazione;
  2. fase di resistenza: il soggetto stabilizza le sue condizioni adattandosi al nuovo tenore di richieste, con la normalizzazione degli indici fisiologici. Nel caso in cui l’adattamento non sia sufficiente, subentra la terza fase, quella di esaurimento.
  3. fase di esaurimento: in questa fase si registra la caduta delle difese e la successiva comparsa di sintomi fisici, fisiologici ed emotivi. In altre parole, l’organismo non riesce più a difendersi e viene a mancare la sua naturale capacità di adattamento. L’esposizione prolungata alla situazione di stress può provocare l’insorgenza di patologie psico-fisiche.

Queste tre componenti sono quelle che identificano, quindi, il Disturbo di Adattamento, ovvero una reazione determinata a qualsiasi fattore proveniente dall’ambiente. Il modello di Selye, in seguito alla sua elaborazione, è stato oggetto di critiche proprio perché eccessivamente appiattito sulla fisiologia e, quindi, troppo esposto alla determinazione di risposte uniformi al fenomeno. Per cui, gli sviluppi successivi delle ricerche hanno allargato lo sguardo investigativo a processi e a dimensioni differenti, dove trovano spazio aspetti di comportamentali e cognitivi, oltre che relazionali:
“Questo modello fu criticato per la scarsa importanza data ai fattori psicologici e per la presunta uniformità delle risposte allo stress. In seguito, è stato attribuito un ruolo preminente alle implicazioni cognitive della determinazione della qualità della risposta fisiologica allo stress, concettualizzandolo come qualcosa di dinamico, a carattere relazionale, e compare per la prima volta il concetto di stress psicologico.”

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