Psicoterapia per il Disturbo di Fobia Sociale

 

Il trattamento del disturbo avviene tramite la Terapia Cognitivo Comportamentale con un’ enfasi sull’esposizione che può ridurre i sintomi della fobia sociale. La terapia dell’esposizione coinvolge gradualmente la persona in situazioni che generano ansia ed associando lo stimolo fobico in una risposta di rilassamento o indifferenza

Questo meccanismo è anche definito come desensibilizzazione sistematica, ed è un trattamento molto efficace per il trattamento delle fobie, inclusa la fobia sociale.

L’impatto sul funzionamento può essere sostanziale. Il DSM-5 riporta che la qualità della vita può essere peggiorata dall’isolamento e dal ritiro sociale.

Sono tuttavia diversi i metodi utilizzati all’interno della Terapia Cognitivo Comportamentale per trattare il disturbo.

Come riferito da Turner (1986), una delle prime modalità di intervento ad essere utilizzate per trattare questo disturbo è stato il Training delle Abilità Sociali (TAS), in quanto si riteneva che, fondamentalmente, la fobia sociale fosse causata principalmente da scarse abilità sociali. L’obiettivo del Training delle Abilità Sociali è di facilitare i clienti a sviluppare le abilità fondamentali per comunicare con successo nelle relazioni interpersonali. Il clinico si occupa di identificare le aree di miglioramento della persona, su cui è necessario intervenire, molto spesso si tratta di abilità legate al discorso e alla conversazione.

Solitamente i compiti assegnati alle persone che fanno un training sono quelli di iniziare una conversazione, portare avanti una conversazione, stabilire un’amicizia, mantenere un’amicizia, stabilire interazioni con l’altro sesso.

I Programmi di Training delle Abilità Sociali comprendono un set di tecniche come il classico insegnamento, il modellamento le prove comportamentali di ripetizioni, il rinforzo positivo e il feedback. Il TAS può essere applicato individualmente oppure in gruppo.

Nel training di Abilità sociale il terapeuta spiega tutti gli indicatori verbali e non verbali tipici di una prestazione effettuata correttamente. Successivamente il modellamento da l’opportunità di vedere il comportamento messo in atto in modo efficacia. Successivamente il clinico ripete gli aspetti principali del comportamento oppure chiede al cliente di metterlo in atto.

La parte fondamentale del training consiste nella ripetizione del comportamento tramite role-playing, in quanto, nelle situazioni di gruppo è possibile sperimentare gli esercizi in un’area controllata. La situazione di gruppo ha anche il vantaggio di far sperimentare gli esercizi con persone diverse (uomini, donne, anziani, giovani).

Infine, il feedback di correzione è usato per indirizzare il comportamento del cliente nella direzione voluta e va sempre dato in modo costruttivo.

Successivamente ad un primo utilizzo del Training delle Abilità Sociali, autori come Wlazlo et al. (1990), Stravynski et al., (2000), hanno notato che la parte effettivamente determinante del training era l’esposizione. I partecipanti al Training infatti, dovevano comunque mettere in atto tutta una serie di esercizi tra loro che li esponeva al problema.

In particolare, la ricerca di Wlazlo et al. (1990) ha confrontato i due metodi a lungo termine, portando dati a sostegno del fatto che nel lungo periodo i risultati della sola esposizione in vivo fossero efficaci almeno quanto il training di abilità sociali. Il successo dimostrato dalle tecniche di esposizione al trattamento ha portato le persone ad usare tecniche di esposizione graduale allo stimolo ansiogeno. L’esposizione è suddivisa in esposizione immaginativa ed esposizione in vivo. La prima riguarda l’uso dell’immaginazione di stimoli fobici, mentre l’esposizione in vivo implica che il cliente sia messo in contatto con gli stimoli temuti nella vita reale. Questo tipo di esposizione può essere messa in atto in modo intensivo o gradualmente (tramite una sorta di graduatoria di stimoli). La parte più complessa dell’esposizione in vivo è quella di riuscire a determinare gli stimoli della vita reali che sono utili al trattamento. È solitamente più efficace, ma allo stesso tempo più impegnativa. Se lo psicoterapeuta non può accompagnare il paziente durante l’esposizione in vivo, una modalità alternativa di applicazione della tecnica  è quella di usare in prima battuta l’esposizione immaginativa per poi procedere con quella in vivo, una volta che la fobia è stata in parte eliminata.

Alcune varianti dell’esposizione sono applicate anche in ipnoterapia. Esistono diverse evidenze scientifiche riguardanti l’efficacia dell’ipnoterapia per il trattamento dell’ansia (Boutin, Tosi, 1983; Flammer, Bongartz, 2003; Nash, Barnier, 2009) e dell’ansia legata ad una performance pubblica (Stanton, 1992). Considerata la grande evidenza scientifica che ha la terapia Cognitivo Comportamentale per il trattamento dell’ansia, la sfida di chi propone l’ipnoterapia è quella di spiegare il contributo che l’ipnoterapia o la combinazione dell’ipnoterapia con la terapia cognitivo comportamentale può dare al semplice trattamento con esposizione. Per questo motivo Kirsch et al. (1995) hanno condotto uno studio di meta-analisi selezionando 18 ricerche che hanno comparato il trattamento di diversi disturbi psicologici (compresa l’ansia sociale) usando la Terapia Cognitivo Comportamentale, comparata con la Terapia Cognitivo comportamentale sommata all’ipnosi, per verificare se la somma dei due metodi potesse dare un contributo supplementare. Ci sono alcuni studi controllati sull’efficacia dell’ipnoterapia comparata con la terapia cognitivo comportamentale.

Uno studio di Schoenberger et al., (1997) ha comparato l’efficacia di diversi trattamenti (psicoterapia cognitivo comportamentale, ipnoterapia, condizione di controllo) per un tipo specifico di fobia sociale, la fobia di parlare in pubblico. Sia la psicoterapia cognitivo comportamentale, sia l’ipnoterapia differivano significativamente rispetto alla condizione di controllo, in questo studio in particolare, inoltre, l’ipnoterapia si era dimostrata più efficace della terapia cognitivo comportamentale nel trattamento della fobia.

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