Qual è la giusta postura per la selezione del personale?

Cosa osservano i selezionatori nella comunicazione non verbale?

Gesti, posture, comunicazione non verbale e successo nella selezione del personale

Valeria Bafera

 

McGovern e Tinsley (1978), professori di psicologia, hanno fornito un valido supporto per l’affermazione della comunicazione non verbale dei candidati come determinante del successo nei colloqui di selezione. Nella loro ricerca, cinquantadue professionisti della selezione, provenienti da diverse imprese e industrie, vennero chiamati a valutare l’ipotesi di assunzione di alcuni candidati visualizzando delle interviste videoregistrate.

Gli intervistati furono così etichettati: “candidati con alte abilità non verbali” (high nonverbal interviwees) e “candidati con basse abilità non verbali” (low nonverbal intervieews). I primi mantenevano costante il contatto degli occhi, tendevano ad assumere spesso un’espressione sorridente, riuscivano a gestire in modo appropriato il movimento del corpo e delle mani, a modulare il tono di voce, a rispondere con fluidità e senza esitazione.

selezione del personale

Per contro, i secondi, registravano una scarsa abilità nel controllare questi aspetti. Risultò che l’89% degli intervistati che avevano mostrato comportamenti non verbali positivi fu invitato a sostenere un secondo colloquio, a differenza di coloro che avevano evitato il contatto con gli occhi e avevano mostrato una scarsa capacità di influenza sull’altro, i quali vennero respinti.

Ancora più interessante risulta lo studio condotto all’interno di reali colloqui di selezione da Ray J. Forbes, del dipartimento di economia aziendale all’università del Galles (UWIST) e Paul R. Jackson, ricercatore in psicologia applicata all’università di Sheffteld in Inghilterra (1980). Essi hanno analizzato l’impatto del comportamento non verbale dei candidati sui giudizi finali degli intervistatori, ipotizzando che decisioni favorevoli all’assunzione sarebbero state indirizzate a quei candidati capaci di manifestare atteggiamenti non verbali positivi (maggiori cenni del capo, sorrisi, contatto visivo diretto); viceversa, intervistati che non avessero mostrato un comportamento non verbale positivo, avrebbero ottenuto decisioni negative.

Lo studio è stato condotto osservando dei colloqui di selezione reali in un ufficio di collocamento per tirocini, situato nel Regno Unito: il Centro d’Apprendistato dell’Ente per la formazione professionale dell’ingegneria industriale (Apprenticeship Training Centre of the Engineering Industry Training Board, EITB). Lo schema del comportamento non verbale da analizzare è stato sviluppato in una fase precedente, tramite la visione di sei interviste videoregistrate durante un normale processo di selezione in un’azienda per l’apprendistato tecnico.

Sono state, così, estrapolate dieci classi di atteggiamenti non verbali composte da trenta categorie. Per esempio, la classe relativa alla posizione del corpo faceva riferimento ad una posizione verticale (eretta sullo schienale della sedia), distesa (quindi rilassata) o in avanti (inclinata verso l’intervistatore); la classe relativa al contatto degli occhi comprendeva categorie di sguardo diretto verso il volto dell’esaminatore, sguardo schivo (teso ad evitare il contatto visivo) o distratto, errante (uno sguardo vagabondo, senza riuscire a focalizzarsi su un punto preciso).

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Successivamente, si è proceduto con l’esame e la valutazione di centouno ingegneri; il colloquio è stato presieduto, oltre che da un rappresentante dell’EITB, da un educatore di un istituto tecnico locale, da un rappresentante dell’Associazione dei datori di lavoro d’ingegneria, da un rappresentante dell’Unione Amalgamated dei lavoratori ingegneri e, da uno degli autori dello studio (Forbes Ray J.), pur avendo parte poco attiva nell’intervista rispetto agli altri.

Ogni intervista aveva una durata di quindici/diciotto minuti e riguardava domande di ordine generale, inerenti ad argomenti d’ingegneria, motivazionali, riguardanti le conoscenze relative all’EITB e, infine, domande di delucidazione da parte dei candidati. Il comportamento non verbale dell’intervistato venne codificato da Forbes in relazione alle dieci classi di cui sopra. Al termine di ogni intervista, la commissione collocava i candidati all’interno di tre gruppi: quella degli assunti (all’interno della quale ne furono collocati quarantatre), quella delle riserve (trentasette su centouno furono collocati in questa classe) e quella degli scartati (i restanti ventuno).

Al fine di verificare l’ipotesi guida, l’interesse degli autori si è focalizzato principalmente su quattro classi dei comportamenti non verbali estrapolati nelle fasi precedenti con le rispettive categorie componenti: posizione del corpo, contatto degli occhi, espressioni facciali e movimenti del capo.

Da questi risultati, possiamo constatare differenze sostanziali fra i tre gruppi, relativamente alle quattro classi di comportamento non verbale.

Il maggior indicatore non verbale di successo o di fallimento del colloquio si è rivelato lo sguardo: un contatto visivo prolungato rende i soggetti più persuasivi, sicuri e ottimisti. I candidati dichiarati idonei all’assunzione avevano mantenuto un contatto visivo fisso e diretto verso i selezionatori rispetto a coloro che erano stati scartati, i quali tendevano ad evitare lo sguardo o ad avere occhi erranti.

Se la posizione del corpo non ha riportato considerevoli differenze fra i tre gruppi d’intervistati, non si potrebbe dire altrettanto per quel che riguarda il sorriso e le espressioni facciali. I soggetti selezionati, infatti, si erano mostrati più sorridenti, annuendo frequentemente e utilizzando appropriati movimenti di testa. Gli autori hanno, infine, elencato gli aspetti non verbali associati alle interviste di successo, quelli relativi alle interviste in generale (indipendentemente dall’esito) e quelli associati a decisioni di rifiuto. In generale, durante i colloqui di lavoro, i candidati dovrebbero mantenere una posizione del corpo eretta, stabile, con gambe non accavallate, braccia frontali e mani vicino al grembo; se questi elementi fossero incrementati da frequenti sorrisi o appositi movimenti di testa, indirizzerebbero maggiormente il candidato verso valutazioni favorevoli. Viceversa, sfuggire lo sguardo, mostrare un’espressione neutrale, poco sorridente, l’assenza di movimenti del capo, sono tutti aspetti che influenzerebbero negativamente gli esiti finali; questi comportamenti, infatti, verrebbero percepiti come mancanza di interesse ed entusiasmo da parte dell’esaminando.

I dati di questo studio sembrano, dunque, suggerire un primato del comportamento non verbale come strumento di valutazione delle risorse umane, perfino sui test pre-selettivi. Inoltre, anche secondo questi studiosi, le decisioni degli intervistatori sono condizionate da quanto viene da loro percepito a partire dalle fasi iniziali del colloquio. Ciò potrebbe contribuire a mandare dei rinforzi positivi o negativi ai candidati, i quali, di conseguenza, risponderanno adottando certi comportamenti non verbali piuttosto che altri.

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