Come Riconoscere la Menzogna con la Comunicazione Non Verbale

Abbiamo visto come le bugie passino, prima di tutto, attraverso le parole e la comunicazione paralinguistica. Tuttavia il linguaggio verbale si interseca con quello non verbale e la posizione del corpo diventa a tutti gli effetti ciò che conferisce potenza a ciò che viene detto.

Cerchiamo allora di capire quando le incongruenze tra i due tipi di linguaggio possono diventare indizi di menzogna.

“La definizione di comportamento non verbale è tutt’altro che certa e univoca. Per Argyle, ad esempio, comprende il contatto diretto, la postura, l’aspetto fisico, i movimenti mimici e gestuali, la direzione dello sguardo, le variabili paralinguistiche […].

Harrison ha invece riassunto le varie combinazioni di comportamento non verbale nelle seguenti categorie:

  • codici di performance basati sulle azioni del corpo;
  • codici degli artefatti come ad esempio l’uso di profumi e gioielli;
  • codici mediazionali comportanti la manipolazione di oggetti;
  • codici contestuali come l’impiego di segnali non verbali nel tempo e nello spazio

In generale, possiamo dire che la comunicazione non verbale riguarda le emozioni individuali e gli atteggiamenti sociali e che molti tra i segnali interpersonali sono innati.

Tuttavia, la comunicazione degli atteggiamenti interpersonali viene anche ad essere modificata dalle regole sociali che variano da cultura a cultura.

Utilizzando la definizione di Sebeok (1986) possiamo affermare che “la comunicazione non verbale è un campo
enormemente vasto, che riguarda oltre il 90% dell’azione umana. Comprende i gesti, i movimenti, gli sguardi, i toni della voce, l’aspetto esteriore e altro ancora. Essa, perlopiù, sfugge all’autocontrollo, sebbene possa essere controllata consapevolmente. Un ruolo fondamentale […] è svolto dalle modalità mediante le quali il corpo partecipa all’interazione fra persone.

Nella comunicazione non verbale il mittente A codifica il suo stato, le sue emozioni e le sue intenzioni interpersonali attraverso un segnale non verbale che B decodifica. Naturalmente, sia la codifica che la decodifica possono essere o non essere corrette. In generale, essa può essere rappresentata attraverso il seguente schema:

  • A codifica e B decodifica correttamente;
  • la decodifica errata di B avviene o perché A è stato inefficace, o perché B è un destinatario inefficace, o per entrambi i motivi;
  • A invia un messaggio ingannevole che B non comprende;
  • A non vuole comunicare, ma B comunque decodifica tale messaggio;
  • A non vuole comunicare e B decodifica scorrettamente”27.

La comunicazione non verbale comprende parte degli aspetti verbali e paralinguistici esaminati. Tuttavia “essa si esprime attraverso quattro comportamenti fondamentali:

  • comportamento spaziale o prossemica. Aspetto esplorato principalmente da Hall, indaga la distanza tra i corpi, dei comportamenti nello spazio e delle relazioni con l’ambiente, la cultura, egli elementi socio-economici. È influenzato principalmente dal contatto corporeo, dalla distanza interpersonale, dall’orientazione e dalla postura;
  • comportamento visivo, le cui principali funzioni sono comunicare le proprie emozioni e i propri atteggiamenti interpersonali, sincronizzare il dialogo e valutare le intenzioni del proprio interlocutore;
  • comportamento mimico del volto;
  • comportamento motorio-gestuale.

Quest’ultimo elemento è particolarmente importante nella comunicazione non verbale e va considerato nella sua globalità piuttosto che nelle sue singole parti. Fra le diverse classificazioni dei gesti elaborate da numerosi studiosi, riveste una notevole importanza quella proposta da Ekman e Friesen e, pertanto, è quella che sarà qui illustrata.

Innanzitutto i due psicologi individuano cinque funzioni specifiche del comportamento non verbale in rapporto al linguaggio verbale e le descrivono nel seguente modo:

  • di ripetizione, in cui il gesto ripete il significato della parola (ad esempio, spiego la strada da seguire e indico al contempo con la mano la direzione;
  • di contraddizione, in cui il comportamento non verbale contraddice il significato della parola (ad esempio una lode verbale detta con tono sarcastico);
  • di complementarietà, in cui il comportamento non verbale conferma e integra quanto detto a parole (ad esempio accompagnare la lode con un sorriso);
  • di accentuazione, in cui il comportamento non verbale serve a dare sostegno e peso alla comunicazione verbale (ad esempio, sottolineare con i movimenti della testa e delle mani quanto detto verbalmente);
  • di regolazione, in cui la mimica facciale, i gesti e gli sguardi servono a regolare lo scambio sociale e il flusso comunicativo (ad esempio, un cenno degli occhi o un cambiamento posturale indica agli interlocutori i turni della conversazione)”.

Come Riconoscere le Bugie con la Comunicazione Non Verbale

Questa premessa è importante perché se, come abbiamo detto prima, la parola è importante, è proprio la discrepanza tra questa e ciò che rivelano i gesti, la voce, l’espressione facciale e i movimenti del corpo a tradire la menzogna. “L’importanza del comportamento non verbale dipende principalmente da due fattori: la sua relativa “invisibilità” e la difficoltà di controllo”.

Alcuni studi condotti negli anni ’60 da Holzman e Rousey33 hanno dimostrato che ad un alto livello di motivazione nella condotta menzognera si accompagna un accresciuto controllo del canale verbale e ad una diminuzione del controllo del canale non verbale. Questo significa che un soggetto particolarmente motivato a mentire tenderà ad elevare il suo controllo sul proprio comportamento, ma che se tale controllo può rivelarsi efficace nei comportamenti volontari e, quindi, sui comportamenti verbali, si rivela altrettanto inefficace sui comportamenti non verbali, che finiranno così col tradire la menzogna.

De Paulo e al.34 riconducono questo effetto proprio agli sforzi messi in atto dal bugiardo, il quale più tenterà di controllare gli indizi non verbali, più questi sfuggiranno al controllo.

L’approccio adottato da Ekman e Friesen (1972) è stato quello di considerare l’espressione del volto, i movimenti del volto, delle mani e degli arti come elementi che fanno parte di una macrocategoria del comportamento motorio (comportamenti cinesici). Questo metodo di indagine considera il movimento nel suo aspetto complessivo, anche se,
all’interno di questa grande classe, possono essere distinti ulteriori movimenti parziali e gesti frazionati che impegnano solo alcune parti del corpo quali i gesti delle mani e i cenni del capo. Gli studi dei due psicologi partono proprio dalle mani, che rappresentano le parti del corpo che possono produrre i messaggi più complessi ed espressivi.

di Francesca Baratto

 

Enciclopedia della comunicazione non verbale

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